Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7215 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. un., 13/03/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7787-2019 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO DEL

RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato VALERIA PELLEGRINO,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BRINDISI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 362, presso lo studio

dell’avvocato NATHALIE LUSI, rappresentato e difeso dagli avvocati

MONICA CANEPA ed EMANUELA GUARINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4934/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 13/08/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2020 dal Consigliere AMELIA TORRICE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale CELESTE ALBERTO, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Gianluigi Pellegrino per delega dell’avvocato

Valeria Pellegrino e Pasquale Trane per delega dell’avvocato

Emanuela Guarino.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.A., già vice segretario generale del Comune di Brindisi e titolare della Direzione Ripartizione Affari Generali del Comune di Brindisi, a seguito dell’annullamento del Tar Puglia – sezione staccata di Lecce – del provvedimento con il quale il Sindaco del Comune di Brindisi, alla scadenza dell’incarico, aveva attribuito le funzioni di vice segretario ad altra persona, aveva adito il TAR Puglia – sezione staccata di Lecce -, per chiedere l’accertamento del diritto al risarcimento del danno sofferto in conseguenza del provvedimento annullato.

2. Il TAR con la sentenza n. 1168 del 7 maggio 2014, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, aveva dichiarato l’improcedibilità del ricorso sul rilievo che la domanda era stata proposta dopo il termine di decadenza del 15 settembre 2000, previsto dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, oggi trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

3. Il Consiglio di Stato, adito dalla C., con la sentenza n. 4934 pubblicata il 13 agosto 2018 ha confermato la sentenza del TAR ed ha dichiarato la compensazione delle spese del giudizio.

4. Il Consiglio di Stato, richiamati i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 21260 del 2016, ha ritenuto inammissibile l’appello in ordine al dedotto difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Tanto sul rilievo che la C. non poteva mettere in discussione la giurisdizione del giudice amministrativo da essa stessa scelto per azionare la domanda risarcitoria.

5. Richiamati i principi affermati dalla Corte Costituzionale, da ultimo nella sentenza n. 6 del 2018, ha rigettato il motivo di appello con il quale era stata proposta la questione della proponibilità della domanda risarcitoria.

6. Ha rilevato che siffatta domanda era stata proposta oltre il termine decadenziale, al c,uale ha riconosciuto natura sostanziale, previsto dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45 trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7.

7. Il Consiglio di Stato ha, inoltre, affermato che il quadro normativo e giurisprudenziale vigente alla data del 15 settembre 2000 consentiva, ed anzi imponeva alla C. di proporre la domanda risarcitoria mediante motivi aggiunti nello stesso giudizio già instaurato, ovvero in forma autonoma, dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

8. Ha aggiunto che il dedotto carattere permanente dell’illecito, che al più poteva incidere sul profilo della giurisdizione, non valeva a modificare le conclusioni raggiunte in quanto il giudice amministrativo avrebbe comunque potuto decidere sulla domanda di risarcimento proposta in via autonoma entro il termine di decadenza del 15 settembre 2000.

9. Per la cassazione di questa sentenza Anna C. ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, dell’art. 362 c.p.c. e dell’art. 110c.p.a. affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria.

10. Il Comune di Brindisi ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

11. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa.

12. Precisato di avere formulato una domanda risarcitoria per danni che attengono ad un periodo temporale che travalica il discrimine temporale del 30 giugno 1998, addebita al Consiglio di Stato di avere “trattenuto la giurisdizione” anche in relazione alla domanda di risarcimento del danno relativa al periodo successivo al 30 giugno 1998.

13. Asserisce che il Consiglio di Stato avrebbe potuto confermare la statuizione di improponibilità della domanda limitatamente alla domanda risarcitoria correlata ai danni prodotti sino al 30 giugno 1998 ma non avrebbe potuto giudicare in ordine ai danni verificatisi successivamente a tale data e aggiunge che il carattere permanente dell’illecito radicava la giurisdizione del giudice ordinario sull’intera domanda risarcitoria.

14. In confronto con i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 21260 del 2016, invoca i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 13940 del 2014 e addebita al Consiglio di Stato di non avere considerato che la statuizione del TAR non costituiva una pronuncia di rigetto nel merito ma una pronuncia in rito, essendosi compendiata nella declaratoria della improcedibilità del ricorso, e di non avere tenuto conto della peculiarità della vicenda che si era processualmente dispiegata quando i danni conseguiti alla pronuncia demolitoria del provvedimento amministrativo non erano quantificabili e nemmeno indennizzabili, quando il D.Lgs. n. 80 del 1998 non era stato emanato e la pregiudiziale amministrativa era rimasta, sino all’introduzione nell’ordinamento giuridico del codice del processo amministrativo, questione incerta e tormentata, al pari della questione relativa alla natura ed alla portata della disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 7.

15. Sostiene, in conclusione, che ad essa ricorrente non era imputabile “l’abuso del processo” e “l’irrazionale utilizzo di una risorsa della collettività”.

Esame del motivo.

16. Con la sentenza n. 6/2018 la Corte Cost., nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, sollevata in relazione all’art. 117 Cost., comma 1, ha negato in radice che con il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, possano censurarsi anche “errores in procedendo” o “in iudicando”.

17. Afferma il giudice delle leggi che dell’art. 111 Cost., il citato comma 8 deve leggersi come contrapposto al comma precedente, che invece prevede il generale ricorso per cassazione per violazione di legge contro le sentenze degli altri giudici, contrapposizione evidenziata dalla specificazione che il ricorso avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è ammesso per i “soli” motivi inerenti alla giurisdizione.

18. Nel dare conto dei limiti esterni alla giurisdizione dei giudici speciali, la citata sentenza n. 6/2018 della Corte Cost. ha escluso ogni interpretazione dell’art. 111 Cost., comma 8, che ridondi in una più o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso (quello di cui al comma 7 e quello di cui al comma 8, art. 111 Cost.), che si porrebbe in contrasto con la scelta operata dal Costituente in favore d’una unità solo funzionale, ma non anche organica, delle giurisdizioni.

19. Tanto era stato affermato dalla stessa Corte Cost. già con la sentenza n. 204/2004 e, ancor più, con la sentenza n. 77/2007, là dove la Corte Cost. aveva aggiunto che “perfino il supremo organo regolatore della giurisdizione, la Corte di cassazione, con la sua pronuncia può soltanto, a norma dell’art. 111 Cost., comma 8, vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma certamente non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione”.

20. Sostanzialmente nello stesso senso è anche quella giurisprudenza di queste Sezioni Unite (sentenze n. 21617/17, n. 13976/17 e n. 8117/17) secondo cui la distinzione fra la giurisdizione ordinaria e le giurisdizioni speciali implica che ognuna di esse venga esercitata attribuendo all’organo di vertice interno al plesso giurisdizionale la statuizione finale sulla correttezza di tutte le valutazioni in fatto e/o in diritto necessarie a decidere la controversia, fatte salve quelle di mero rifiuto o diniego della giurisdizione; pertanto, non può essere censurata innanzi alle Sezioni Unite di questa S.C. la statuizione finale d’una giurisdizione speciale che si limiti a negare – sia pure a cagione, in astratta ipotesi, di “un error in procedendo” o “in iudicando” tutela alla situazione giuridica azionata.

21. Ancora la citata sentenza n. 6/2018 della Corte Cost. ha rimarcato che il ricorso alle S.U. per motivi attinenti alla giurisdizione non è giustificato neppure allegando una violazione delle norme della CEDU (o dell’UE), poichè anche questa dà luogo pur sempre ad un vizio di legittimità (e non ad un motivo inerente alla giurisdizione) che deve trovare la propria soluzione all’interno di ciascuna giurisdizione.

22. Anche la figura dell’eccesso di potere giurisdizionale denunciabile mediante ricorso per cassazione va riferito, dunque, alle sole ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione.

23. Il primo sussiste soltanto ove il Consiglio di Stato o la Corte dei conti abbia affermato la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (c.d. invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, l’abbia negata sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (c.d. arretramento).

24. Il secondo è ravvisabile unicamente quando il giudice amministrativo o contabile abbia affermato la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, l’abbia negata sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.

25. In tal modo la citata sentenza n. 6/2018 ha negato ogni ipotetica polisemia o interpretazione dinamica del lemma “giurisdizione” di cui all’art. 111 Cost., comma 8, e, con essa, l’ammissibilità di soluzioni intermedie che riconducano all’ambito delle questioni inerenti alla giurisdizione anche quelle in base alle quali si impugnino le sentenze dei giudici speciali perchè abnormi, anomale o tali da stravolgere le norme di riferimento (nazionali o dell’Unione Europea) o ridondare in denegata giustizia.

26. In altre parole, secondo la citata sentenza n. 6/2018 la ricorribilità per cassazione innanzi a queste S.U. non può mai dipendere dall’attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio e ciò in virtù non solo delle considerazioni sopra esposte, ma anche delle intuitive incertezze derivanti da un criterio affidato a valutazioni contingenti e soggettive.

27. Nè in contrario – argomenta ancora la sentenza n. 6/2018 – possono invocarsi principi fondamentali quali l’unità funzionale della giurisdizione (che, come già detto, non ne implica anche una organica) oppure la primazia del diritto comunitario, l’effettività della tutela, il giusto processo, poichè anche questi ultimi vanno garantiti non in sede di controllo sulla giurisdizione, ma a cura degli organi giurisdizionali a ciò deputati dalla Costituzione.

28. E ove non fossero più esperibili rimedi interni a ciascuna giurisdizione e in ipotesi di sopravvenienza di una decisione, contraria al giudicato ivi formatosi, emessa da una Corte sovranazionale, eventualmente dovrebbe prevedersi un nuovo caso di revocazione ex art. 395 c.p.c., come auspicato dalla stessa Corte Cost. con riferimento alle sentenze della Corte EDU (cfr. Corte Cost. n. 123/2017).

29. Deve, pertanto, oggi ribadirsi che il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale è circoscritto ai limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo ovvero all’esistenza dei vizi che attengono all’essenza della funzione giurisdizionale, e non al modo del suo esercizio, cui ineriscono, invece, gli errori “in iudicando” o “in procedendo”. Pertanto, le violazioni in rito rientrano nell’ambito dei limiti interni della giurisdizione, sicchè è inammissibile il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio sotto il diverso profilo del difetto di giurisdizione, non trattandosi di una questione di superamento dei limiti esterni della giurisdizione, nè potendosi configurare nella specie un diniego di giustizia da parte del giudice amministrativo (Cass. Sez. U. n. 31754/2019, Cass. Sez. U. n. 18079/2015, Cass. Sez. U. n. 24468/2013, Cass. Sez. U. n. 3688/2009, Cass. Sez. U. n. 8882/2005).

30. Va pure ribadito in questa sede che la mancata od inesatta applicazione di una norma di legge da parte del giudice amministrativo integra, al più, un “error in iudicando”, ma non dà luogo alla creazione di una norma inesistente, comportante un’invasione della sfera di attribuzione del potere legislativo sindacabile dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1 (Cass., Sez. U., n. 16974/2018).

31. E’ stato osservato che la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto Europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, atteso che l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il “proprium” della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione – Cass., Sez. U. n. 31754/2019, Cass., Sez. U. n. 32773/2018).

32. Ebbene, le censure formulate nel ricorso, benchè prospettate con riguardo all’eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, mirano in realtà a porre sotto la lente di queste Sezioni Unite il sindacato svolto dal giudice amministrativo sulla qualificazione dell’azione di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente e attengono al merito dell’operato del giudice amministrativo.

33. La ricorrente, infatti, dolendosi del fatto che con riguardo alla giurisdizione la sua domanda risarcitoria non sia stata frazionata sul piano temporale (danni verificatisi prima e dopo il 30.6.1998), e ciò anche con riguardo alla affermata improponibilità del motivo di appello concernente la giurisdizione, contesta in sostanza la valutazione della domanda operata dal giudice amministrativo che l’ha ritenuta preclusa per intervenuta decadenza ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7 e denuncia la erronea applicazione di tale disposizione.

34. Essa, censurando la qualificazione della domanda ad opera del giudice amministrativo, pone in realtà una questione estranea al novero di quelle inerenti alla giurisdizione che – sole consentono l’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato o della Corte dei conti innanzi a queste S.U..

35. Le considerazioni svolte assorbono la questione relativa alla dedotta inapplicabilità del principio affermato da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 21260/2016, secondo cui l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione.

36. Sulla scorta delle conclusioni svolte deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

37. Le spese, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.

38. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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