Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7215 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7215

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16281-2020 proposto da:

A.L., rappresentato e difeso dall’avv. NICOLETTA MASUELLI, e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

nonché contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI TORINO, SEZIONE DI NOVARA;

– intimata –

avverso il decreto n. 1896/2020 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 19/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato, il Tribunale di Torino rigettava il ricorso proposto da A.L. avverso il provvedimento della Commissione territoriale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione, internazionale ed umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.L., affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8 e 35 bis, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, artt. 12, 14, 31 e 46 della Direttiva UE 2013/32 e art. 6 della Convenzione E.D.U., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale non avrebbe assicurato l’audizione personale del richiedente, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi la Commissione territoriale.

La censura è inammissibile. Secondo l’ormai consolidata interpretazione di questa Corte, in materia di protezione internazionale, ove venga impugnato il provvedimento di diniego della commissione territoriale e non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti ma, se non sono dedotti fatti nuovi o ulteriori temi d’indagine, non ha l’obbligo di procedere anche all’audizione del richiedente, salvo che quest’ultimo non ne faccia espressa richiesta deducendo la necessità di fornire specifici chiarimenti, e delucidazioni sulle dichiarazioni rese in sede amministrativa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, Rv. 659115; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 25439 del 11/11/2020, Rv. 659659; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26124 del 17/11/2020, Rv. 659737). Il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve, pertanto, contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25312 del 11/11/2020, Rv. 659577). Nella specie, risulta dal decreto impugnato che l’udienza è stata fissata e si è tenuta il 19 febbraio 2020, ed il ricorso è assolutamente generico, poiché il ricorrente non si fa carico di indicare gli specifici fatti, dedotti dinanzi al giudice, che avrebbero richiesto la sua audizione.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, artt. 1 e 33 della Convenzione di Ginevra, art. 10 Cost., artt. 6 e 13 della Convenzione E.D.U. e art. 47 del Regolamento C.E.D.U., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile il racconto del richiedente la protezione, senza considerare la pericolosità della setta dei (OMISSIS) alla quale egli aveva fatto riferimento nel proprio narrato personale, né la condizione di violenza ed insicurezza generalizzata esistenti in (OMISSIS), suo Paese di origine.

La censura è inammissibile sotto entrambi i profili.

Per quanto attiene alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero, essa costituisce un apprezzamento di fatto, censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21142 del 07/08/2019, Rv. 654674; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 11925 del 19/06/2020, Rv. 658017; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13578 del 02/07/2020, Rv. 658237). Nel caso in cui il racconto non sia ritenuto credibile, è esclusa la necessità per il giudice di merito di operare ulteriori accertamenti in relazione alla sussistenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16925 del 27/06/2018, Rv. 649697; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 28862 del 12/11/2018, Rv. 651501; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8367 del 29/04/2020, Rv. 657595; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16925 del 11/08/2020, Rv. 658940).

Nel caso di specie, il Tribunale ha ampiamente motivato circa la non credibilità della situazione che avrebbe dato luogo all’abbandono della patria ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, evidenziando anche le contraddizioni in cui è incorso il richiedente in occasione della narrazione della sua vicenda personale nei diversi momenti del procedimento amministrativo finalizzato al riconoscimento della protezione.

Per quanto invece concerne la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), il Tribunale ha accertato, con ricorso a fonti informative idonee ed aggiornate, richiamate nel provvedimento, che la zona di provenienza dell’istante è immune da situazione di violenza generalizzata (cfr. pag. 6 del decreto). Il ricorrente contrappone, a tale ricostruzione in fatto, un apprezzamento alternativo, senza peraltro richiamare alcuna fonte alternativa a quelle utilizzate, in concreto, dal giudice di merito.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, nonché l’omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria, senza considerare la condizione personale del richiedente.

La censura è inammissibile. Il giudice di merito dà atto che la domanda era stata motivata solo con il riferimento alla vicenda personale del richiedente, anche con riguardo al trattamento subito nel Paese di transito, senza alcuna allegazione di un percorso di integrazione in Italia, né deduzione di alcuna specifica causa di vulnerabilità. Il motivo contesta la statuizione di rigetto del Tribunale senza confrontarsi con tale motivazione, poiché il ricorrente non indica di aver dedotto, nel giudizio di merito, alcun elemento specifico a sostegno della istanza di riconoscimento della protezione umanitaria.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di notificazione di controricorso da parte del Ministero intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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