Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7213 del 21/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/03/2017),  n. 7213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1765-2016 proposto da:

D.R., A.G., D.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo STUDIO LEGALE

D’AMICO, rappresentati e difesi dagli avvocati MARIA ANTONIETTA

PAPADIA, FRANCESCO VINCENZO PAPADIA;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dell’avvocato SERGIO

PREDEN, unitamente agli avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2043/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 10/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

che la Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso con il quale gli odierni ricorrenti, unitamente ad altri lavoratori avevano chiesto il riconoscimento in loro favore del beneficio della rivalutazione contributiva di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 ha dichiarato improponibili le originarie domande per difetto di preventiva proposizione all’INPS della prescritta istanza amministrativa;

che per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso A.G., D.R. e D.G. sulla base di due motivi, successivamente illustrati con memoria;

che l’INPS ha resistito con tempestivo controricorso;

Considerato:

che i motivi di ricorso, illustrati congiuntamente, denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1199 del 1971, art. 2 (primo motivo) e violazione e falsa applicazione dell’art. 443 c.p.c. (secondo motivo);

che con tali motivi i ricorrenti, premesso di avere, per come pacifico, proposto all’INAIL domanda intesa alla certificazione all’esposizione ad amianto, hanno sostenuto che tale ente, in virtù del disposto del D.P.R. n. 1199 cit., art. 2 espressione di un principio generale nell’ambito della Pubblica Amministrazione, avrebbe dovuto, d’ufficio, dopo avere atteso al compito di certificare l’esposizione ad amianto dei richiedenti, trasmettere tale istanza all’INPS, quale organo competente a pronunziare sul beneficio della rivalutazione, posto che la procedura finalizzata all’ottenimento della rivalutazione contributiva era già stata attivata con la richiesta all’INAIL;

che, in questa prospettiva, sostengono, in particolare, che il giudice d’appello, in applicazione del disposto di cui all’art. 443 c.p.c., avrebbe dovuto valutare se fossero o meno decorsi i tempi per l’attivazione della fase processuale e, in difetto, sospendere il procedimento previa dichiarazione di improcedibilità e fissare un termini per i successivi adempimenti previsti dalla norma stessa, con facoltà per la parte di riassumere il procedimento nei termini previsti dal codice di rito;

che secondo il costante orientamento di questa Corte “In tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica che implichi accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.” (Cass. n. 1435 del 2013, n. 20518 del 2008, n. 22540 del 2006 n. 6254 del 2004);

che in applicazione di tale principio, non avendo la sentenza impugnata in alcun modo affrontato la specifica questione attinente all’obbligo dell’INAIL di trasmettere all’INPS l’istanza dei lavoratori., parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, mediante l’adeguata esposizione della vicenda processuale, che la deduzione dell’obbligo dell’INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1199 cit., art. 2 di trasmettere la istanza amministrativa all’INPS, in quanto ente competente, era stata tempestivamente e ritualmente formulata nel giudizio di merito;

che i ricorrenti si sono sottratti a tale onere in quanto non hanno allegato, prima ancora che dimostrato, mediante puntuale richiamo alle proprie deduzioni formulate nella fase di merito, di avere sollevato la questione oggetto del primo motivo di ricorso;

che la relativa verifica comportava, infatti, la necessità dell’accertamento di fatto in merito allo specifico contenuto delle istanze presentate all’Istituto assicuratore nazionale, dovendo escludersi, secondo quanto già ripetutamente chiarito da questa Corte, la sostanziale fungibilità della istanza amministrativa intesa al conseguimento del beneficio della rivalutazione contributiva con quella inoltrata all’INAIL in ragione della diversità funzionale dell’una rispetta all’altra (v. tra le altre, Cass. nn,. 8859/2001, 2677/2002, 8937/2002, 17000/2022, e, di recente, Cass. ord. n. 24322/2016, n.26598/2016, n. 26757/2016);

che questa Corte ha puntualizzato che mentre la domanda all’INPS è necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale, quella rivolta all’INAIL mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell’esposizione all’amianto e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo – diritto, non già a facilitare l’accesso alle (diverse) prestazioni oggetto del regime assicurativo che fa carico all’INPS;

che pertanto, la decisione impugnata che ha dichiarato improponibili le domande degli odierni ricorrenti è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le altre, Cass. n. 732/2007);

che a tanto consegue la inammissibilità del primo motivo di ricorso con effetto di assorbimento del secondo motivo;

che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione all’INPS delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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