Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7212 del 12/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 21/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/03/2017),  n. 7212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22006-2015 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, (C.F. (OMISSIS)) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1819/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

che la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra L.F. e Poste Italiane s.p.a., avente decorrenza dal 1 febbraio 2002, l’instaurazione dalla medesima data di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ancora in essere tra le parti e condannato la società datrice al ripristino del rapporto ed al pagamento di un’indennità commisurata a tre mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

che, per quel che ancora rileva, la sentenza impugnata, esclusa la risoluzione per mutuo consenso del rapporto – risoluzione ritenuta, invece, dal primo giudice – ha affermato la illegittimità del contratto in controversia, stipulato ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis per non avere la società provato, come suo onere, l’effettuazione della valutazione dei rischi – come prescritto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 – prima di precedere all’assunzione in controversia;

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane s.p.a. sulla base di un unico motivo;

che la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso, successivamente illustrato con memoria;

Considerato:

che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3 censurandosi la decisione per avere fatto conseguire alla mancata predisposizione del documento di valutazione dei rischi prescritto dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 la nullità del contratto e la stabilizzazione del rapporto di lavoro, è manifestamente infondato;

che, infatti, questa Corte ha ripetutamente affermato che in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 3, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui “ratio” è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro e che a tanto consegue che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 1339 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2 (v. Cass. n. 5241 del 2012, ord. n. 22859 del 2015, n. 3636 del 2016).

che a tale insegnamento si ritiene di dare continuità non avendo parte ricorrente offerto elementi idonei a giustificarne il ripensamento;

che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

che le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro, 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%,oltre accessori di legge. Con distrazione in favore dell’Avv. Roberto Rizzo, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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