Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7211 del 25/03/2010
Cassazione civile sez. trib., 25/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 25/03/2010), n.7211
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso
di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
C.R., elettivamente domiciliato in Roma, in via Giorgio
Vasari n. 4, presso l’avv. Boria Pietro che lo rappresenta e difende;
— controricorrente —
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Romagna n. 86/21/06, depositata il 31 maggio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
12 gennaio 2010 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio;
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 86/21/06, depositata il 31 maggio 2006, che, accogliendo l’appello di C.L., agente di commercio, gli ha riconosciuto il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998 e 1999.
Il contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso contiene due motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..
Con il primo si denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP in relazione agli art. 1742 e 2195 c.c. sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, che sarebbe intrinseco all’attivita’ dell’agente di commercio; con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione.
La ratio decidendi della sentenza impugnata e’ sostanzialmente conforme al principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), dell’esercizio dell’attivita’ di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1 e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata. Il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).
D’altra parte, non e’ oggetto di adeguata censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte mentre il contribuente ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;
che l’essersi formata la giurisprudenza di riferimento in epoca successiva all’introduzione del giudizio consente di dichiarare compensate fra le parti le spese.
PQM
LA CORTE Rigetta il ricorso. Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.
Cosi’ deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010