Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7210 del 21/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 21/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/03/2017), n. 7210
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20005-2015 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dell’avvocato LELIO
MARITATO, unitamente agli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE,
CARLA D’ALOISIO;
– ricorrente-
contro
F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA
SERAFINI 54, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10050/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 04/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. PAGETTA ANTONELLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;
Rilevato:
che la Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto la opposizione di F.R. alla cartella esattoriale avente ad oggetto contributi a percentuale eccedenti il minimale e dichiarato illegittima la iscrizione a ruolo dei crediti contributivi vantati dall’INPS.;
che la decisione di conferma è stata fondata sulla dichiarata adesione alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8379 del 2014), secondo la quale il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 3, che prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia il provvedimento esecutivo del giudice, qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle entrate, nè è necessario, ai fini della non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento innanzi al giudice tributario;
che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso, anche quale procuratore della SCCI s.p.a., l’INPS sulla base di un unico motivo; che la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
Considerato:
che l’unico motivo di ricorso, con il quale l’istituto previdenziale ha dedotto violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 comma 3, censurando la decisione, per non avere, una volta riconosciuta la illegittimità dell’iscrizione a ruolo, proceduto all’accertamento della sussistenza del diritto dell’INPS ai contributi per i quali si era proceduto alla (illegittima) iscrizione a ruolo, è inammissibile in quanto non corredato, come eccepito dalla parte controricorrente, dall’esposizione sommaria dei fatti di causa ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, insufficiente a tal fine rivelandosi la riproduzione dello svolgimento del fatto processuale, quale riportato nella sentenza di appello;
che, in particolare, poichè la questione dell’accertamento nel merito della pretesa contributiva dell’INPS in presenza di iscrizione a ruolo ritenuta illegittima, non è stata in alcun modo affrontata nella sentenza impugnata, era necessaria la dimostrazione che tale questione era stata ritualmente devoluta al giudice di secondo grado con i motivi di gravame formulati dall’INPS;
che, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte qualora una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. (Cass. n. 1435 del 2013, n. 20518 del 2008, n. 22540 del 2006 n. 6254 del 2004);
che a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
che le spese di lite sono liquidate secondo soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi in Euro 1.500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017