Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 721 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 721 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
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semplificata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– ricorrente –

contro
DE SENA Giovanna;
– intimata

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma depositato
il 20 luglio 2011.

Data pubblicazione: 15/01/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 30 ottobre 2007
presso la Corte d’appello di Roma, De Sena Giovanna
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di
due procedimenti penali, poi riuniti, iniziati nel 1992 e
definiti con sentenza divenuta irrevocabile il 5 giugno
2007, con cui è stata dichiarata l’estinzione del reato per
intervenuta prescrizione;
che l’adita Corte d’appello, accertata una durata
irragionevole indennizzabile di sette anni e un mese,
liquidava il danno non patrimoniale in euro 11.000,00
complessivi, oltre agli interessi legali dalla domanda e
alle spese legali;
che il Ministero della giustizia ha proposto ricorso
per la cassazione di questo decreto, affidato a due motivi;
che l’intimata non ha svolto difese.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;

Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso per

che con il primo motivo di ricorso, il Ministero
ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, dolendosi del fatto
che la Corte d’appello non abbia in alcun modo valutato la

prescrizione del reato, non avendo rinunciato alla stessa;
che con il secondo motivo il Ministero deduce vizio di
motivazione in ordine alla liquidazione dell’indennizzo,
avvenuto in misura ordinaria senza tenere conto del
beneficio tratto dalla parte attraverso la prescrizione del
reato maturata per effetto della durata del giudizio
presupposto;
che il ricorso, i cui due motivi possono essere
esaminati congiuntamente, è fondato per quanto di ragione;
che, premesso che nel presente giudizio non trova
applicazione l’art. 2, comma 2-quinquies, della legge n. 89
del 2001, introdotto dall’art. 55, comma l, lettera a), del
decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con
modificazioni, della legge n. 134 del 2012, a tenore del
quale «non è riconosciuto alcun indennizzo: (…) d) nel caso
di estinzione del reato per intervenuta prescrizione
connessa a condotte dilatorie della parte», deve rilevarsi
che, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo (vedi, segnatamente, la sentenza della II Sezione
6 marzo 2012 resa nel caso Gagliano Giorgi c. Italia,

circostanza che la parte si era giovata della intervenuta

divenuta definitiva il 24 settembre 2012), si è esclusa la
configurabilità di pregiudizi importanti derivanti dalla
durata eccessiva del procedimento in considerazione della
significativa riduzione della pena ottenuta in appello

dei termini di prescrizione per il reato, a cui l’imputato
non aveva rinunciato;
che alla luce di tale orientamento la valutazione del
pregiudizio subito dalla parte per la irragionevole durata
di un procedimento penale non può prescindere
dall’apprezzamento della circostanza consistente nell’esito
del giudizio, ove questo sia di estinzione del reato per
prescrizione e l’imputato non abbia rinunciato alla detta
causa di estinzione per chiedere un’assoluzione nel merito
della imputazione ascrittagli;
che, dunque, il decreto impugnato si presenta del tutto
carente da questo punto di vista, in quanto la Corte
d’appello, pur dando atto che il giudizio penale si era
risolto in primo grado con sentenza dichiarativa della
intervenuta prescrizione del reato, ha tuttavia omesso di
svolgere alcuna considerazione in ordine all’esito del
giudizio e alla sua incidenza sulla configurabilità stessa
di un pregiudizio ovvero sulla sua rilevanza, determinando
l’indennizzo nella misura di 1.000,00 euro per anno di
ritardo (incorrendo peraltro in una contraddittoria

dall’imputato, in conseguenza, appunto, della maturazione

individuazione di detto periodo, atteso che in precedenza
la durata irragionevole veniva stimata in sette anni e un
mese) e quindi adottando un criterio di liquidazione
addirittura superiore a quello ordinario di 750,00 euro per

degli anni successivi;
che dunque il ricorso va accolto e il decreto cassato,
con rinvio alla Corte d’appello di Roma perché, in diversa
composizione, proceda a nuovo esame della domanda di equa
riparazione alla luce delle indicazioni della
giurisprudenza della Corte europea, emendando altresì le
rilevate carenze motivazionali;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto
impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 12 novembre 2013.

i primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per ciascuno

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