Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7209 del 25/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 25/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 25/03/2010), n.7209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso

di essa domiciliata in Roma, in via di Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.E., elettivamente domiciliata in Roma in viale

Mazzini n. 109 presso l’avv. De Felice Claudio che la rappresenta e

difende;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 604/39/06, depositata il 30 gennaio 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 gennaio 2010 dal Relatore Cons. Dott. GRECO Antonio.

la Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 604/39/06, depositata il 30 gennaio 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Latina, ha riconosciuto a P.E., architetto, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999 e 2000.

La contribuente resiste con controricorso.

Il ricorso contiene tre motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..

Con il primo motivo si denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione; con il secondo si lamenta omessa motivazione in ordine alla sussistenza, dedotta con l’appello, di lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi nel 1998, e di compensi corrisposti a terzi per prestazioni afferenti l’attivita’ professionale per gli anni 1999 e 2000; con il terzo si censura la sentenza per vizio di motivazione.

La ratio decidendi della sentenza impugnata – che si limita ad affermare, che i beni utilizzati devono essere valutati non come autonoma organizzazione bensi’ come mezzi ausiliari per l’esercizio dell’attivita’, tenuto conto che, senza detti beni, l’attivita’ non puo’ essere esercitata, e che nel caso di specie non e’ configurabile l’esistenza di una organizzazione di beni funzionante in maniera autonoma ed indipendente dall’intervento della contribuente, essendo prevalente l’attivita’ personale rispetto all’organizzazione di beni strumentali – non e’ conforme al consolidato principio affermato da questa Corte in materia, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata: il requisito della autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce poi onere del contribuente che richieda il rimborso fornire la prova dell’assenza delle condizioni anzidette (ex plurimis, Cass. n. 3676, n. 3673, n. 3678, n. 3680 del 2007).

L’accertamento dell’insussistenza dell’autonoma organizzazione, inoltre, a fronte dei puntuali rilievi svolti in appello dall’amministrazione e riprodotti nel ricorso – in ordine all’esistenza, rilevata dalle dichiarazioni dei redditi, di lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, nonche’ di compensi corrisposti a terzi per prestazioni afferenti l’attivita’ professionale -, si appalesa, da una parte, come affermazione apodittica oltre che generica, e, dall’altra, come non sorretta da congrua e adeguata motivazione.

In conclusione, si ritiene, che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e dell’art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbito l’esame del secondo e del terzo, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il primo motivo del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010

 

 

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