Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7209 del 21/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.21/03/2017),  n. 7209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18719-2015 proposto da:

I.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIRSO 90,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ADOLFO BIOLE’;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore della

Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA PUGLISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 563/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 21/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

che la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda con la quale I.D., premesso che il coniuge, L., era titolare di rendita INAIL per silicosi polmonare ha chiesto il riconoscimento in proprio favore della rendita ai superstiti, sul rilievo del concorso causale della detta tecnopatia in relazione al decesso di questi;

che la Corte di merito ha ritenuto infondati i rilievi critici alla consulenza tecnica d’ufficio di primo grado la quale aveva escluso il nesso concausale tra la patologia professionale e il decesso del Lombardo per essere tale decesso ascrivibile unicamente alla patologia cardiaca acuta, caratterizzata da infarto del miocardio con conseguente scompenso cardiaco terminale;

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso, sulla base di due motivi I.D.;

che l’INAIL ha resistito con tempestivo controricorso;

Considerato:

che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 145, comma 1, lett. b) e comma 2 come modificato dalla L. n. 27 gennaio 1975, n. 780, censurandosi la decisione sul rilievo che la modifica legislativa, espressione a livello normativo del recepimento di studi scientifici, riconosce il diritto alle prestazioni per la morte dell’assicurato affetto da silicosi, anche se di minima gravità, associata a qualsiasi altra forma morbosa dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, intendendosi per malattia associata l’interdipendenza o interazione anatomo funzionale eziopatogenerica di essa e della tecnopatia, atta a far operare la presunzione di concausalità risultando quindi escluso la semplice coesistenza della tecnopatia o di altra malattia – scompenso cardiaco o cuore polmonare acuto -, per il quale il de cuius era deceduto, è manifestamente infondato;

che nella decisione impugnata non è ravvisabile il denunziato errore di diritto essendosi la Corte territoriale attenuta al principio, più volte affermato da questa Corte ed al quale occorre dare continuità, secondo il quale la L. 27 dicembre 1975, n. 780, art. 4 – che ha modificato il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 145 stabilendo il diritto alle prestazioni assicurative a favore del lavoratore o dei superstiti nel caso di invalidità o di morte causata da silicosi o asbestosi di gravità anche minima associate a qualsiasi altra forma morbosa dell’apparato respiratorio o cardiocircolatorio – non esclude l’esigenza che sia accertato se in concreto la morte o l’inabilità del lavoratore siano o meno derivate dalla silicosi o dall’asbestosi in concorso causale con la malattia associata, poichè in termini medico – legali, ai fini in esame, può propriamente parlarsi di “associazione” solo quando vi sia interferenza anatomo – clinica tra la tecnopatia e le altre forme morbose, che consenta la reciproca sfavorevole influenza in termini di decorso e di esaltazione del potenziale lesivo (così Cass. n. 6107 del, n.20947 del, n. 18820 del 2008, n. 11861 del 2016);

che, in coerenza con tale insegnamento, la conferma della statuizione di rigetto della domanda attorea è stata ancorata all’esclusione del ruolo concausale della tecnopatia nel prodursi dell’ evento-morte in danno dell’assicurato;

che il secondo motivo di ricorso, con il quale si denunzia “motivazione insufficiente e contraddittoria” circa un fatto controverso per il giudizio, è articolato con modalità non idonee alla valida censura della decisione;

che, invero, parte ricorrente affida le proprie doglianze alla considerazione che il consulente d’ufficio di primo grado, alle cui conclusioni aveva prestato adesione il giudice d’appello, aveva smentito se stesso in quanto da un lato aveva escluso che la tecnopatia avesse avuto un ruolo concausale nel prodursi dell’evento e dall’altro aveva, nel giudizio conclusivo, associato la patologia cardiocircolatoria alla ipertensione polmonare ed affermato che il quadro respiratorio non aveva seriamente interferito con la patologia neurologica e cardiaca, così implicitamente ammettendo un ruolo sia pure ridotto della tecnopatia nel cagionare l’evento morte;

che le censure articolate con tale motivo non sono coerenti con l’attuale configurazione del vizio di motivazione, in quanto, come chiarito dalle sezioni unite di questa Corte “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. (Cass. ss.uu. n. 8053 del 2014);

che, in particolare, è stato precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5) dell’art. 360 c.p.c. concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia);

che parte ricorrente, come reso palese già della rubrica del motivo con la quale si censura la decisione esclusivamente per “motivazione insufficiente e contraddittoria”; incentra le proprie doglianze sulla presunta contraddittorietà delle conclusioni del consulente di ufficio rispetto alla ricostruzione delle complessive condizioni che avevano portato al decesso del L., senza individuare alcuno specifico fatto storico, di rilievo decisivo il cui esame sarebbe stato omesso;

che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

che le spese di lite, in assenza di idonea dichiarazione ex art. 152 disp. att. c.p.c. sottoscritta dalla parte, sono liquidate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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