Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7206 del 25/03/2010

Cassazione civile sez. I, 25/03/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 25/03/2010), n.7206

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.V., con domicilio eletto in Roma, p.le delle Belle

Arti n. 1, presso l’Avv. De Paola Gabriele che li rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’Appello di Palermo

depositato il 16 gennaio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 17 dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.V. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’Appello che ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti e protrattosi dal 7 agosto 1998 al 22 aprile 2005.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge per aver omesso la Corte d’Appello di adeguarsi ai canoni indicati dalla Corte Europea per la liquidazione dell’indennizzo per l’ingiustificata durata del processo, e il secondo motivo, nella parte in cui si deduce difetto di motivazione ancora in ordine alla quantificazione del danno, sono per un aspetto inammissibili e per altro aspetto manifestamente infondati.

I motivi sono inammissibili laddove, censurando la liquidazione del danno in Euro 2.000, prendono le mosse dall’erroneo presupposto che il giudice del merito abbia individuato in circa quattro anni il periodo di durata del processo eccedente quella ragionevole di tre anni. In realtà risulta chiaramente dalla motivazione che la Corte d’Appello, dopo aver ricordato che normalmente è ritenuta ragionevole una durata di tre anni per il giudizio di primo grado, ha ritenuto che la causa presupposta presentasse particolarita che rendevano ragionevole una durata superiore (elevatissimo numero delle parti e novità delle questioni di diritto trattate) e ha quantificato, con statuizione non espressamente impugnata, in anni due il periodo eccedente così che la liquidazione è stata in realtà di Euro 1.000 per ogni anni di ritardo.

Prescindendo dal rilevato profilo di inammissibilità, i motivi sono manifestamente infondati in quanto la Corte Europea, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da R.P. e sul ricorso n. 64897/01 Z.), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000 ed Euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarita della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex muitis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630) e da tali standard non si è allontanato il giudice del merito che, rilevando il mancato ricorso a impulsi sollecitatori del giudizio da parte dell’originario ricorrente, ha implicitamente escluso la sussistenza di un particolare patema d’animo.

Per quanto attiene all’ulteriore censura dedotta col secondo motivo e a mente della quale la Corte d’Appello avrebbe ingiustificatamente arrotondato ad anni sei il periodo indennizzabile non può che rilevarsene l’inammissibilità, dal momento che, come è stato già osservato, diversa è la ratio della decisione che, con valutazione che non è stata fatta oggetto di specifica e puntuale censura, ha ritenuto irragionevole solo il periodo di due anni, valorizzando la particolare complessità del procedimento.

Gli ulteriori motivi con cui si censura l’intervenuta compensazione delle spese sono manifestamente fondati, dal momento che la Corte d’Appello ha individuato la sussistenza di giustificati motivi nella mancanza di opposizione da parte dell’Amministrazione e nel parziale accoglimento della domanda e tale motivazione è in parte errata e in parte incongrua. E’ errata quanto al rilievo dell’assenza di opposizione alla liquidazione, posto che comunque l’Amministrazione ha dato causa al procedimento, ed è incongrua laddove fa derivare l’integrale compensazione dal mera riduzione della pretesa, posto che la soccombenza deve comunque essere valorizzata.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti indicati. Non essendo necessario un ulteriore accertamento in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto operata la compensazione nel giudizio di merito nella misura di un terzo condannata l’Amministrazione alla rifusione del residuo. Le spese di questa fase possono essere compensate per un mezzo in considerazione dell’accoglimento del ricorso solo in punto spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, compensa per un terzo le spese del giudizio di merito e condanna l’Amministrazione alla rifusione dei due terzi delle spese che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 856, di cui Euro 445 per onorari e Euro 311 per diritti, oltre spese generali e accessori dì legge; condanna l’Amministrazione al pagamento del 50% delle spese di questa fase, che per l’intero liquida in complessivi Euro 600, di cui Euro 500 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e compensa il residuo.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010

 

 

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