Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7204 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7204

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15005/2019 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Anna Lombardi Baiardini, del foro di Perugia

(avvlombardibaiardini.avvocatiperugiapec.it) che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 297/2019 del Tribunale di Perugina;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale del

21/10/2021 dal Consigliere relatore Dott. Giovanni Ariolli.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. M.M., cittadino del (OMISSIS), ricorre per cassazione avverso il Decreto n. 297 del 2019, del Tribunale di Perugia, con cui è stato rigettato il ricorso avverso la decisione con la quale la commissione territoriale di Firenze aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale (status di rifugiato e sussidiaria) ed umanitaria.

2. Svolgendo due motivi chiede l’annullamento del decreto impugnato.

2.1. Con il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5. Si lamenta che il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei criteri legali volti a stabilire, in sede di giudizio, la credibilità del ricorrente, con omissione del dovere di cooperazione istruttoria.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3 e 5, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 3,8 e 32, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 5, comma 6, art. 19, comma 1 e comma 1.1 e art. 28, nonché per avere omesso l’esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La censura attiene alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, con particolare riguardo alla vicenda attinente alla storia personale del ricorrente che lo ha costretto ad abbandonare il proprio Paese di origine, da apprezzarsi alla stregua del contesto di origine e al percorso di integrazione compiuto in Italia.

3. In data 10/10/2021, la difesa del ricorrente ha presentato memoria con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile.

4.1. Il primo motivo in tema di credibilità del ricorrente e relativo al riconoscimento dello status di rifugiato e/o di soggetto meritevole di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. b), è inammissibile.

Il Tribunale, infatti, è anzitutto pervenuto ad un giudizio di inattendibilità del narrato in quanto la versione resa dal richiedente è risultata densa di contraddizioni e di elementi vaghi e generici. Ciò in ossequio al principio dettato da questa Corte secondo cui la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass., 05/02/2019, n. 3340; Cass., 07/08/2019, n. 21142; Cass., 19/06/2020, n. 11925; Cass., 02/07/2020, n. 123578), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862).

Nella specie, il Tribunale ha ampiamente ed adeguatamente motivato sulle ragioni per le quali il richiedente non è credibile nella narrazione dei fatti, ed ha dato atto del fatto che il medesimo non esclude di poter trovare protezione da parte delle autorità locali. Non può essere valutato in questa sede il certificato di morte del padre, non rientrando tra i documenti di cui all’art. 372 c.p.c.. Inoltre, il timore di essere ucciso al rientro nel Paese di origine è formulato in modo del tutto ipotetico, privo della necessaria attualità, anche in ragione del lungo lasso di tempo trascorso dal suo allontanamento.

A fronte di tali specifiche argomentazioni le censure del ricorrente, sotto il profilo espresso della violazione di legge, risultano del tutto generiche, essendosi questi limitato a “contestarne” il contenuto, senza al contempo indicare su quali parti del racconto l’interessato avrebbe fornito indicazioni specifiche e di carattere decisivo che il giudice di merito avrebbe omesso doverosamente di apprezzare. Insomma, le doglianze finiscono per reiterare quanto prospettato in sede di prima impugnazione, sollecitando la Corte di legittimità ad una rilettura delle fonti di prova preclusa in questa sede.

Con riferimento, poi, alla protezione sussidiaria, il Tribunale, pur disattendendo la veridicità del racconto, ha ulteriormente verificato che, nel Paese di provenienza, e, in particolare, nella regione ove viveva il richiedente (Casamance), vi fosse una situazione tale da essere qualificata come una situazione d’indiscriminata e diffusa violenza generata da un conflitto armato ovvero di diffusa violazione dei diritti umani, escludendola sulla base del richiamo a fonti internazionali aggiornate e particolarmente qualificate che il ricorrente omette specificamente di contestare (in termini, vedi da ultimo, Cass., 23/10/2020, dep. 2021, n. 27333). Di guisa che, al riguardo, il motivo non fa che sollecitare una diversa valutazione del fatto già esaminato dal giudice di merito e che si sottrae al sindacato di questa Corte.

4.2. Il secondo motivo di ricorso – relativo alla protezione umanitaria – è inammissibile poiché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice del merito. Il tribunale, infatti, – valutata la non credibilità dell’istante e la mancanza di una situazione di stato di guerra nel Paese di origine – ha operato il bilanciamento tra il non significativo radicamento dello straniero in Italia e la situazione che troverebbe nel suo Paese. Peraltro, il motivo risulta anche generico, in quanto il ricorrente omette di incentrare la sua censura sulle ragioni preponderanti del diniego, avendo il Tribunale escluso la speciale forma di protezione richiesta proprio sull’assenza dell’esigenza di tutelare il ricorrente da una situazione di pericolo e deprivazione nel Paese di origine.

5. In conclusione, nulla aggiungendo quanto esposto nella memoria, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese stante la mancata costituzione del Ministero intimato.

6. Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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