Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7203 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. I, 04/03/2022, (ud. 21/10/2020, dep. 04/03/2022), n.7203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28965/2020 proposto da:

O.C., domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore

Cincotti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza non definitiva 776/2018 della CORTE D’APPELLO di

CAGLIARI depositata il 5/09/2018 ed avverso la sentenza definitiva

n. 271/2020 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI depositata

l’11/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2021 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.C., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso le sentenze in epigrafe con le quali la Corte d’Appello di Cagliari, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., pronunciando non definitivamente, con la sentenza 776/2018 ha respinto il gravame avverso il diniego in primo grado della protezione internazionale e, pronunciando definitivamente, con la sentenza 271/2020 ha respinto il gravame avverso il diniego in primo grado della protezione umanitaria.

Ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché della violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, lett. a), Direttiva 2011/95/UE, del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, art. 14, lett. c) e art. 17 e del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, per essere entrambe le impugnate decisioni del tutto carenti di motivazione, la sentenza 776/2018, in ordine alla situazione interna della regione di provenienza tutt’altro che indicativa di un contesto pacifico, stabile e sicuro, la sentenza 271/2020, in ordine alla condizione di vulnerabilità riferibile al ricorrente in relazione a tale situazione, tutte e due le sentenze in ordine agli episodi di violenza in danno degli appartenenti alla religione cristiana professata dal ricorrente; 2) della violazione o falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, lett. a), Direttiva 2011/95/UE, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, art. 14, lett. c) e art. 17 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché dell’omessa motivazione circa un fatto decisivo per avere la sentenza 776/2018 negato il riconoscimento della protezione sussidiaria sulla considerazione che la situazione interna all’area di provenienza (Delta State) non evidenziasse la sussistenza della condizione richiesta a tal fine dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), quantunque ne fosse rilevabile la pericolosità in relazione alla persistenza di scontri e manifestazioni violente, e per avere la sentenza 271/2020 negato il riconoscimento della protezione umanitaria, la cui istanza era motivata dalla necessità di salvaguardare il diritto del ricorrente a ricongiungersi con il proprio nucleo familiare, sull’assunto che il rimpatrio sarebbe stato sotto questo profilo improduttivo di conseguenze attesa la sporadicità dei contatti e dei contribuiti economici erogati dal richiedente in favore della propria famiglia, quantunque ciò fosse indipendente dalla sua volontà non potendo egli allontanarsi dal proprio centro di accoglienza e disponendo di mezzi assai limitati.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c., ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Memoria di parte ricorrente ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il ricorso avverso la sentenza 776/2018 deve reputarsi inammissibile poiché trattandosi di sentenza non definitiva la sua impugnazione, onde essere differita e proposta, come qui, in uno con l’impugnazione della sentenza definitiva, presuppone la riserva – da formalizzarsi in modo chiaro ed univoco, tale che vi si possa riconoscere la volontà di rinunciare all’impugnazione immediata (Cass., Sez. I, 8/07/1996, n. 6194) – di cui all’art. 361 c.p.c., comma 1, di modo che in difetto di essa è consentita solo l’impugnazione immediata nei termini di cui agli artt. 326 e 327 c.p.c..

Nella specie il ricorrente deduce di aver fatto riserva di impugnazione nel verbale di udienza del 16.11.2018 ma omette di riprodurne il contenuto, precludendo in tal modo alla Corte di verificare tempestività e ritualità della riserva, con l’ovvia conseguenza che egli è perciò decaduto dal potere di impugnazione differita.

Nondimeno, va pure preso atto della decadenza intervenuta quanto all’impugnazione immediata vero che la sentenza non definitiva risulta pubblicata il 5.9.2018 mentre il ricorso è stato notificato il 9.11.2020 e quindi oltre il termine semestrale dell’art. 327 c.p.c., comma 1.

3. Inammissibile deve pure dichiararsi il ricorso avverso la sentenza definitiva 271/2020 dacché, da un lato, in riferimento al primo motivo, il decidente ha motivatamente escluso, citando al riguardo i dati tratti delle fonti informative consultate, che l’area geografica da cui proviene il ricorrente (Delta State) sia interessata da fenomeni di violenza indiscriminata riconducibili alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, sicché il motivo concreta unicamente una doglianza di merito; e, dall’altro in riferimento al secondo motivo, la prospettazione difensiva non esaurisce la totalità delle rationes decidendi poste a fondamento della decisione, poiché oltre all’argomento oggetto di contestazione, la Corte d’Appello ha motivato il diniego considerano anche che, poiché nel suo paese il ricorrente era cassiere in un ristorante ed aveva già una famiglia, egli non versasse perciò in una condizione di vulnerabilità apprezzabile alla stregua dei criteri indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, sicché, tacendo il motivo sul punto, la ratio non censurata mette il provvedimento al riparo dalla reclamata cassazione.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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