Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 720 del 15/01/2018

Cassazione civile, sez. II, 15/01/2018, (ud. 07/11/2017, dep.15/01/2018),  n. 720

Fatto

FATTI DI CAUSA

In parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino, sezione distaccata di Moncalieri (depositata il 2 dicembre 2010), che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società Radio Classica a r.l., avverso l’ordinanza ingiunzione di Euro 60.000,00 emessa in data 11 settembre 2009 dal Comune di Pecetto Torinese (prot. n. 0008182, notificata 15 settembre 2009) per la contestata violazione del divieto di installazione o modifica di impianto di radiodiffusione senza avere ottenuto le prescritte autorizzazioni, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 1193 del 31 maggio 2013, depositata l’11 giugno 2013, ha rideterminato in Euro 45.000,00 la sanzione amministrativa, rigettando per il resto l’appello proposto dalla società, con condanna di questa alla refusione delle spese del grado di giudizio.

La vicenda trae origine dal crollo (determinato da eventi atmosferici il 21 e 22 novembre 2008) di un traliccio sito nel territorio del predetto Comune, su cui era, tra l’altro, posizionato un impianto per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione privata sonora di carattere commerciale in ambito locale svolta dalla società ricorrente. Notificato il 25 novembre 2008 al proprietario del traliccio e gestore dell’impianto ((OMISSIS)), un ordine di messa in sicurezza del traliccio con divieto di porre in atto qualsiasi attività finalizzata alla ricostruzione del medesimo, e messo in atto un monitoraggio dell’area interessata, il Comune aveva ricevuto comunicazioni dall’A.R.P.A. Piemonte (in data 2 e 3 febbraio 2009) da cui aveva appreso che, a seguito del menzionato crollo, alcune emittenti radiofoniche (tra cui la ricorrente) avevano spostato i propri impianti su altro traliccio, distante circa 100 metri, senza nulla riferire alle autorità competenti. In particolare, risultava che tali emittenti trasmettessero dalla nuova postazione senza l’autorizzazione comunale prevista dal D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 87, comma 1, ed della L.R. Piemonte 3 agosto 2004, n. 19, art. 5, comma 3 e art. 7, comma 1, lett. d), e senza il preventivo parere dell’A.R.P.A., la quale segnalava, altresì, come lo spostamento delle emittenti, tra cui appunto Radio Classica, avesse provocato un sensibile innalzamento dei livelli di campo elettrico.

In data 19 marzo 2009, il Comune aveva contestato, quindi, al legale rappresentante della società ricorrente l’illecito amministrativo di installazione o modifica di impianto senza avere ottenuto le prescritte autorizzazioni, determinando la sanzione, come detto, in Euro 60.000,00 e (a seguito della presentazione delle osservazioni difensive della parte, in data 7 aprile 2009, e della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in opposizione avanti al Tribunale di Torino, per mancata definitività dell’atto opposto), ritenuto fondato l’accertamento, aveva emesso l’impugnata ordinanza ingiunzione.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino, in data 22 gennaio 2014, ha proposto ricorso la società Radio Classica a r.l. sulla base di sette motivi.

Il Comune di Pecetto Torinese ha resistito con controricorso, spiegando a sua volta ricorso incidentale, sulla base di due motivi;

rispetto a questi la società Radio Classica ha proposto controricorso, contenente altresì note difensive.

Entrambe le parti hanno depositato memorie d’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la società ricorrente, in persona del legale rappresentante, deduce la violazione e la falsa applicazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 3 e 6 e degli artt. 2049 e 1227 c.c., nella parte in cui la Corte d’Appello di Torino l’ha ritenuta responsabile dell’illecito amministrativo oggetto dell’ordinanza ingiunzione, affermando erroneamente che la condotta sanzionata – ossia la mancata presentazione dell’istanza di autorizzazione allo spostamento dell’impianto della L.R. Piemonte n. 19 del 2004, ex art. 5, comma 3 e art. 7, comma 1, lett. d), dovesse essere imputata ad essa società, quale soggetto obbligato a chiedere tale autorizzazione, in quanto proprietario dell’impianto, e non già al manutentore dello stesso; e che, il fatto che l’autore materiale dello spostamento avesse agito di sua iniziativa, senza nulla riferire all’emittente, non potesse costituire valida esimente per il trasgressore non essendo ravvisabile, nella specie, uno stato di ignoranza incolpevole della ricorrente, atteso il dovere di vigilanza in capo ad essa sull’operato del soggetto incaricato della attività di manutenzione degli impianti di proprietà della medesima.

1.1. – Il motivo è infondato.

1.2. – L’applicazione che la Corte d’Appello di Torino ha fatto della regola generale enunciata dalla L. n. 689 del 1981, art. 3, appare immune da vizi e conforme ai principi dettati da questa Corte in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo in capo all’autore dell’illecito amministrativo. E’ consolidata infatti l’affermazione secondo cui (poichè per integrare l’elemento soggettivo delle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa è sufficiente la semplice colpa, che si presume a carico dell’autore del fatto vietato, riservando a questi l’onere di provare di aver agito senza: Cass. n. 2406 del 2016) a concretizzare quella buona fede che esclude la responsabilità dell’autore dell’illecito non è sufficiente che al momento dell’infrazione costui si trovi in uno stato di mera ignoranza circa la concreta sussistenza dei presupposti ai quali l’ordinamento positivo riconduce il suo dovere (punito in caso di inosservanza con la detta sanzione) di tenere una determinata condotta; occorre, invece, che tale stato di ignoranza sia incolpevole, ossia che non sia superabile dall’interessato con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. n. 13011 del 1997). Pertanto, se l’errore sul fatto esclude la responsabilità dell’agente solo quando non è determinato da sua colpa, ne consegue che la norma limita la rilevanza della causa di esclusione alle sole ipotesi in cui l’errore sul fatto sia dovuto a caso fortuito o forza maggiore (Cass. n. 24803 del 2006), e che l’onere della prova dell’erroneo convincimento grava su chi lo invoca (Cass. n. 5877 del 2004), non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio (Cass. n. 15195 del 2008).

Correttamente dunque la Corte territoriale ha ritenuto insufficiente l’affermazione della ignoranza da parte della società ricorrente degli avvenimenti che avevano portato allo spostamento dell’impianto di trasmissione da parte del terzo proprietario del traliccio crollato e manutentore dell’impianto in questione; ciò in quanto (a tutto ammettere) detta ignoranza risulta connotata dalla violazione colposa del dovere di vigilanza diligente sull’operato del delegato (il cui rapporto con la ricorrente non appare, peraltro, ascrivibile nell’ambito di operatività della responsabilità extracontrattuale dei padroni e dei committenti prevista e regolata dall’evocato art. 2049 c.c.).

Infine, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la sentenza gravata non omette affatto di esaminare l’assunto secondo cui lo stato di asserita ignoranza nella società ricorrente sarebbe stato determinato anche dal comportamento colposo del Comune di Pecetto Torinese (ex art. 1227 c.c.) a cagione della notifica della ordinanza sindacale n. 34 del 25 novembre 2008 al solo proprietario del traliccio e non anche ad essa Radio Classica. La Corte d’Appello ha, infatti, correttamente rilevato come fra l’ordinanza sindacale (diretta esclusivamente a regolare la condotta del soggetto proprietario del traliccio, mediante ordine di messa in sicurezza dell’area interessata dal crollo, e di rimozione del traliccio stesso) ed il verbale di contestazione dell’illecito spostamento dell’impianto, nonchè la successiva ingiunzione di pagamento della relativa sanzione, non vi fosse alcun rapporto di consequenzialità nè giuridica, nè logica, posto che detto illecito amministrativo risulta realizzato a prescindere dal contenuto precettivo della menzionata ordinanza sindacale, per il fatto dello spostamento dell’impianto e della omissione da parte del soggetto titolare della presentazione della richiesta di autorizzazione.

2. – Con il secondo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 113,115 e 116 c.p.c. e della L.R. Piemonte n. 19 del 2004, art. 7, comma 1, lett. d), nonchè della L. n. 689 del 1981, artt. 14 e 18, a cagione del fatto che il giudice del gravame – contraddicendo le norme che impongono di pronunciarsi secondo diritto ed in ragione delle prove proposte dalle parti – ha ritenuto insussistente l’eccepita contraddittorietà tra il verbale di contestazione dell’illecito amministrativo e la successiva ordinanza ingiunzione impugnata.

2. 1. – Il motivo è infondato.

2.2. – Questa Corte ha affermato che, in tema di sanzioni amministrative, la P.A. competente ad emettere l’ordinanza ingiunzione di pagamento non può irrogare sanzione per un fatto diverso da quello contestato, ma può darne un ricostruzione, una valutazione ed una definizione giuridica differenti da quelle poste a base della contestazione, sussistendo violazione del precetto della correlazione tra contestazione e condanna solo quando l’autorità amministrativa pronunci l’ordinanza per un fatto, individuato nei suoi elementi oggettivi, costitutivi della fattispecie astratta della infrazione amministrativa, e nelle circostanze che comunque influenzino la pronuncia, che non sia stato attribuito al trasgressore in sede di contestazione, ovvero applichi norme diverse da quelle richiamate nella stessa contestazione, quando ciò determini una lesione del diritto di difesa, la cui tutela costituisce la finalità del richiamato precetto della correlazione tra contestazione e condanna (Cass. n. 6408 del 1996, n. 1876 del 2010, n. 10145 del 2006, n. 9790 del 2011, 4725 del 2016 e n. 18883 del 2017). La relativa indagine rientra tra i compiti del giudice di merito, e le conclusioni della stessa sono insindacabili in sede di legittimità, nei limiti in cui oggi è deducibile il vizio di motivazione.

Orbene, nel valutare la sussistenza della corrispondenza tra la contestazione in sede di accertamento e la condanna nell’ordinanza ingiunzione, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto, da un lato, che il verbale di accertamento e contestazione individuava il fatto illecito ascritto a Radio Classica nel trasferimento del proprio impianto di radio diffusione da un sistema radiante ad un altro senza la preventiva autorizzazione di cui alla L.R. Piemonte n. 19 del 2004, art. 5, comma 3 o art. 7, comma 1, lett. d), sanzionando appunto tale condotta ai sensi dell’art. 16, comma 2, della stessa L.R. che punisce “chi installa o modifica un impianto senza avere ottenuto le autorizzazioni” di cui ai citati art. 5, comma 3 o art. 7, comma 1, lett. d). E, dall’altro lato, che nell’ordinanza ingiunzione il Comune aveva confermato sia il fatto (meglio specificato quale modifica dell’impianto senza avere ottenuto la debita autorizzazione), sia le disposizioni normative in base alle quali aveva emesso il verbale di contestazione.

La differenza, allora, sta nel significato attribuito all’identico fatto storico (quello della operata trasmissione radiofonica dalla nuova postazione senza idoneo titolo autorizzativo), considerato dalla Corte d’Appello come conseguenza dell’avvenuto spostamento clandestino dell’impianto. Trattasi, all’evidenza, di conclusione interpretativa (alla quale si accompagna la considerazione della chiarezza e comprensibilità della contestazione per la ricorrente, che faceva pervenire alla amministrazione comunale le proprie difese), condotta con indagine e valutazione adeguatamente motivate, e quindi immuni dal sindacato di legittimità (Cass. n. 9790 del 2011 e n. 18883 del 2017, sopra citate).

3. – Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli art. 113,115 e 116 c.p.c. e della Delib. Giunta Regionale 5 settembre 2005, n. 16-757, art. 5, comma 6, sull’assunto che la Corte d’Appello avrebbe travisato ed erroneamente interpretato le norme di diritto applicabili alla fattispecie o, in secondo luogo, posto a fondamento delle proprie determinazioni argomenti o valutazioni in contrasto con il contenuto e il tenore letterale dei documenti prodotti ed allegati dalle parti.

3.1. – Il motivo, sotto entrambi i profili, è infondato.

3.2. – La Delib. G.R. n. 16-757, art. 5, comma 6 (che regolamenta le procedure per la richiesta e il rilascio dell’autorizzazione alla installazione ed alla modifica degli impianti) prevede che “sono escluse dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione e dal pagamento delle relative spese per le attività istruttorie le modifiche degli impianti, già provvisti di titolo autorizzativo, aventi caratteristica di mera manutenzione o di semplice sostituzione di parti di impianto che implichino solo variazioni non sostanziali agli stessi e comunque non influenti sulla configurazione del campo elettromagnetico prodotto”. Sulla base di tale previsione la società ricorrente deduce che non vi fosse alcuna necessità, da parte sua, di presentare istanza di autorizzazione per lo spostamento dell’impianto, già provvisto di autorizzazione.

La Corte d’Appello, viceversa ha ritenuto che presupposto necessario per l’applicazione della norma richiamata sta nel fatto che la modifica non soggetta ad autorizzazione integri gli estremi di una mera manutenzione o di una semplice sostituzione di parti dell’impianto. Ed ha affermato che in tale definizione non può evidentemente rientrare il trasferimento avvenuto nel caso di specie, mediante lo spostamento di un diffusore da un sito ad un altro distante più di 100 metri.

Trattasi di interpretazione conforme all’inequivoco tenore letterale ed al profilo teleologico della norma, che individua i casi che condizionano l’operatività della esenzione dalla presentazione dell’istanza autorizzativa nelle “piccole” riparazioni o modifiche degli impianti, già autorizzati; con riferimento alle quali, peraltro, il giudice d’appello precisa che l’ulteriore elemento dell’influenza delle variazioni sulla configurazione del campo elettromagnetico è condizione non sufficiente ad influire in sè sulla esclusione dell’obbligo di autorizzazione, che è pregiudizialmente ricollegabile appunto all’espletamento di attività di mera manutenzione o sostituzione di parti dell’impianto (dovendosi quindi ritenere ultroneo e contraddittorio il successivo passaggio motivazionale, da correggere in quanto privo di autonomo rilievo, riguardante la concreta verificazione di aumento e riduzioni del campo elettrico, accertate dopo lo spostamento).

4. – Con il quarto motivo, la società ricorrente contesta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in rapporto alla mancata disamina dell’eccezione relativa alla violazione del D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, artt. 42 e 52. La ricorrente deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere tale eccezione sollevata nell’ambito di quella più generale concernente l’asserita illegittimità derivata dell’impugnata ordinanza ingiunzione a causa dei contestati vizi dell’ordinanza sindacale n. 34 del 2008.

4.1. – Il motivo è infondato.

4.2. – Il comma 1 del richiamato del D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 42, dispone quanto segue: “Lo spettro elettromagnetico costituisce risorsa essenziale ai fini dell’attività radiotelevisiva. I soggetti che svolgono attività di radiodiffusione sono tenuti ad assicurare un uso efficiente delle frequenze radio ad essi assegnate, ed in particolare a: a) garantire l’integrità e l’efficienza della propria rete; b) minimizzare l’impatto ambientale in conformità alla normativa urbanistica e ambientale nazionale, regionale, provinciale e locale; c) evitare rischi per la salute umana, nel rispetto della normativa nazionale e internazionale; d) garantire la qualità dei segnali irradiati, conformemente alle prescrizioni tecniche fissate dall’Autorità ed a quelle emanate in sede internazionale; e) assicurare adeguata copertura del bacino di utenza assegnato e risultante dal titolo abilitativo; f) assicurare che le proprie emissioni non provochino interferenze con altre emissioni lecite di radiofrequenze; g) rispettare le norme concernenti la protezione delle radiocomunicazioni relative all’assistenza e alla sicurezza del volo di cui alla L. 8 aprile 1983, n. 110, estese, in quanto applicabili, alle bande di frequenze assegnate ai servizi di polizia ed agli altri servizi pubblici essenziali”.

Il comma 3 dell’art. 52, a sua volta, prevede che “In caso di mancato rispetto dei principi di cui all’art. 42, comma 1, o comunque in caso di mancato utilizzo delle radiofrequenze assegnate, il Ministero dispone la revoca ovvero la riduzione dell’assegnazione. Tali misure sono adottate qualora il soggetto interessato, avvisato dell’inizio del procedimento ed invitato a regolarizzare la propria attività di trasmissione non vi provvede nel termine di sei mesi dalla data di ricezione dell’ingiunzione”.

Come già rilevato nella disamina del primo motivo, la Corte d’Appello – nel disattendere la tesi dell’illegittimità derivata dell’ordinanza ingiunzione impugnata, in quanto del tutto autonoma rispetto all’ordinanza sindacale contingibile e urgente, non notificata alla società ricorrente – ha fatto applicazione della regola generale enunciata dalla L. n. 689 del 1981, art. 3, escludendo altresì la configurabilità del concorso colposo del creditore, ex art. 1227 c.c.. E questa Corte (in relazione al primo motivo) ha quindi ritenuto che il giudice d’appello abbia correttamente rilevato come fra l’ordinanza sindacale (diretta a regolare la condotta del soggetto proprietario del traliccio, mediante ordine di messa in sicurezza dell’area interessata dal crollo, e di rimozione del traliccio stesso) ed il verbale di contestazione dell’illecito spostamento dell’impianto, e la successiva ingiunzione di pagamento della relativa sanzione, non vi fosse alcun rapporto di consequenzialità nè giuridica, nè logica, posto che detto illecito amministrativo risulta realizzato a prescindere dal contenuto dell’ordinanza sindacale, per il fatto della omissione da parte della società ricorrente della presentazione della richiesta di autorizzazione.

Correttamente, dunque, la Corte d’Appello – senza venir meno alla osservanza del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – ha espressamente richiamato (e fatte proprie) le affermazioni del giudice di primo grado in ordine al fatto che l’ordinanza ingiunzione fosse del tutto autonoma e distinta rispetto a quella contingibile e urgente e che nessuna illegittimità per derivazione potesse dunque ritenersi sussistente. Tanto più che, proprio il contenuto degli artt. 42 e 52 dimostra che la varietà degli obblighi diretti ad assicurare l’uso efficiente delle frequenze radio assegnate, e le conseguenze del mancato rispetto di tali prescrizioni, sono poste in capo ai soggetti che svolgono attività di radiodiffusione e non già agli enti territoriali su cui insistono gli impianti di trasmissione.

5. – Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in rapporto alla mancata disamina dell’eccezione inerente la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, secondo cui “il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente”.

5.1. – Il motivo è infondato.

5.2. – Quanto sopra affermato in relazione alla sussistenza della responsabilità esclusiva ed autonoma della ricorrente, in persona del suo legale rappresentante, nella contestata commissione dell’illecito amministrativo in oggetto (in risposta al primo motivo di ricorso) rende logicamente e giuridicamente superflua ed assorbita qualunque altra considerazione, che sarebbe contraddittoria, in quanto presupporrebbe la valutazione di un corredo probatorio non fornito.

6. – Con il sesto motivo, Radio Classica denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in ragione della condanna alle spese pronunciata nei confronti di essa ricorrente, comunque parzialmente vittoriosa in appello, avendo il giudice del gravame accolto la richiesta di rideterminazione della sanzione amministrativa applicata, ridotta dal giudice dell’appello da Euro 60.000,00 ad Euro 45.000,00.

6.1. – Con il settimo motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, in relazione alla omessa pronuncia concernente la refusione delle spese dei due gradi di giudizio. Secondo la ricorrente, stante l’esito del gravame e l’accoglimento della domanda di riduzione ignorata in primo grado, il giudice dell’appello avrebbe dovuto riformare anche la liquidazione delle spese legali di tale grado, quantomeno in termini di compensazione delle stesse.

7. – Rispetto all’esame dei motivi sesto e settimo di ricorso principale, va logicamente premesso quello del primo motivo di ricorso incidentale, con il quale il Comune di Pecetto Torinese denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., con riferimento alla mancata dichiarazione di inammissibilità, anche d’ufficio, della domanda di riduzione e di rideterminazione della sanzione amministrativa proposta per la prima volta con l’atto di citazione in appello.

7.1. – Il motivo è fondato.

7.2. – La Corte d’Appello premette che l’esercizio del suo potere di rideterminare l’ammontare della sanzione (da Euro 60.000,00 ad Euro 45.000,00) è determinato dal fatto che “l’appellante lamenta la mancata pronuncia del Tribunale in ordine alla richiesta di riduzione della sanzione, che ripropone”.

Tale affermazione risulta, tuttavia, smentita dalla comparazione del diverso tenore delle conclusioni (trascritte da entrambe le parti nel ricorso principale ed in quello incidentale) rassegnate in primo grado dall’opponente, che chiedeva nel merito di “annullare e revocare la predetta ordinanza ingiunzione nonchè ogni atto amministrativo antecedente e/o consequenziale in quanto illegittima ed infondata”, rispetto a quelle contenute nell’atto di citazione in appello, in cui la società Radio Classica (confermata, in via principale, la medesima richiesta di annullamento e revoca dell’ingiunzione per gli stessi motivi di illegittimità e infondatezza) chiedeva al giudice d’appello, in subordine e “nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della domanda”, di “rideterminare e ridurre la sanzione amministrativa irrogata dal Comune di Pecetto Torinese”.

La differente formulazione delle menzionate conclusioni, con l’aggiunta alla richiesta di annullamento e revoca dell’ordinanza ingiunzione per vizi ed infondatezza (rispetto alla quale risulta estranea l’indagine circa la quantificazione della sanzione) di quella subordinata di rideterminazione e riduzione della sanzione (connotata da petitum e causa petendi diversi, che presuppongono comunque un giudizio di legittimità della sanzione), manifesta il fatto che tale domanda si configura come nuova, dedotta per la prima volta nel secondo grado di giudizio; con la conseguenza che il giudice d’appello avrebbe dovuto dichiararne, anche d’ufficio, l’inammissibilità, stante il divieto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 1, posto a difesa del principio, d’ordine pubblico, del doppio grado di giurisdizione.

7.3. – Affermata la nullità della sentenza in parte qua, per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del divieto di proposizione di domanda nuova in appello, se ne impone, la cassazione senza rinvio (Cass. 19229 del 2015; Cass. n. 7258 del 2003) limitatamente alla operata riduzione dell’ammontare della sanzione, che pertanto viene rideterminata in Euro 60.000,00.

8. – L’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale assorbe il secondo motivo, con il quale il Comune di Pecetto Torinese denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 23 e 11, con riferimento all’accoglimento della domanda di rideterminazione e riduzione della sanzione amministrativa, avendo la Corte d’Appello erroneamente ritenuto che la violazione non fosse dotata di particolare gravità. Ed assorbe altresì i motivi sesto e settimo di ricorso principale come sopra riportati.

9. – Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta i primi cinque motivi del ricorso principale; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale; assorbiti il secondo motivo del ricorso incidentale e il sesto e settimo motivo del ricorso principale. Cassa la sentenza della Corte d’Appello di Torino in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ridetermina la sanzione in Euro 60.000,00. Condanna il ricorrente principale alle spese del presente grado, che liquida in Euro 4.200,00, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, condanna il ricorrente principale al versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2018

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