Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7199 del 21/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 21/03/2017, (ud. 10/11/2016, dep.21/03/2017),  n. 7199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4850-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.F.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato) MARCO MACHETTA, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4211/37/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA dell’8/04/2014, depositata il 25/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI;

udito l’Avvocato Machetta Marco difensore del controricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Rieti. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di D.F.B., medico di base convenzionato col SSN, avverso il silenzio rigetto sull’istanza di rimborso dell’IRAP, dal contribuente versata per gli anni 2005 – 2009.

Nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che gli elementi evidenziati nella vicenda (dipendente part-time, locale in affitto, autovettura) non sarebbero stati tali da integrare il presupposto di una rilevante attività organizzata da assoggettare all’IRAP: lo stesso compenso corrisposto al dipendente sarebbe stato proporzionato allo svolgimento del compito affidatogli e non avrebbe indotto a ritenere una prestazione più impegnativa (e quindi più produttiva) di quella riferita (accoglienza assistiti). Infine, il rapporto fra i compensi percepiti dal sanitario e le spese da lui sostenute per l’attività svolta non sarebbe stato elevato (oscillando nel quinquennio fra il 12 ed il 19%).

Il ricorso si basa su due motivi.

Mediante il primo mezzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Afferma di aver eccepito, per la prima volta in appello, la tardività dell’istanza in relazione al rimborso IRAP per l’anno 2005 ed all’acconto per l’anno 2006, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38. L’eccezione sarebbe stata illegittimamente disattesa dalla CRT, rientrando pacificamente nell’ambito applicativo dell’art. 38 cit. L’interesse ed il diritto di agire sorgerebbero a partire dal momento del pagamento, sicchè l’istanza del 20 luglio 2010 sarebbe stata tardiva rispetto ai versamenti effettuati prima del 20 luglio 2006.

Attraverso la seconda doglianza, si denuncia violazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1 e art. 3 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sostiene la ricorrente che, nella specie, l’impiego di un collaboratore nell’esercizio dell’attività professionale, seppure part time, (al quale sarebbero stati versati importi di entità non esigua) sarebbe sicuro indice della sussistenza di un’autonoma organizzazione, consentendo al medico di dedicarsi esclusivamente alla visita dei pazienti, riducendo i tempi di attesa ed aumentando la produttività e l’efficienza complessiva del servizio offerto.

L’intimato si è costituito, eccependo l’inammissibilità del primo motivo (perchè privo di autosufficienza) e l’inammissibilità o infondatezza, nel merito, del secondo motivo.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Effettivamente, nella parte narrativa della sentenza impugnata, la CIR da atto dell’eccezione sollevata dall’Agenzia appellante (“sostiene la tardività della richiesta prodotta il 20/07/2010 in relazione ai versamenti effettuati il 17/07/2006 – saldo 2005 ed acconto 2006″), senza poi offrire alcuna motivazione in proposito. Ed è la stessa odierna ricorrente ad affermare che tale eccezione non era stata proposta nè rilevata in primo grado.

Se dunque può dirsi superata qualunque questione riguardante l’autosufficienza del ricorso, deve ulteriormente affermarsi che l’eccezione in parola ben avrebbe potuto essere sollevata per la prima volta anche in appello.

Con giurisprudenza costante, questa Corte ha infatti affermato che, in materia tributaria, la decadenza dell’amministrazione finanziaria dall’esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da questo disponibili, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere dedotta dal contribuente in sede giudiziale, mentre la decadenza del contribuente dall’esercizio di un potere nei confronti dell’amministrazione finanziaria, in quanto stabilita in favore di quest’ultima ed attinente a situazioni da questa non disponibili perchè disciplinate da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti – è rilevabile anche d’ufficio. Ne consegue sul piano processuale, alla luce del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, e dell’art. 345 c.p.c., comma 2, l’inammissibilità della deduzione, effettuata per la prima volta in appello, della violazione di un termine di decadenza sostanziale stabilito in favore del contribuente, e, per converso, la deducibilità per la prima volta in appello della decadenza stabilita dalla legge fiscale in favore dell’amministrazione finanziaria, come nel caso di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per non aver presentato la relativa istanza nel termine previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, salvo che sul punto si sia già formato un giudicato interno (Sez. 5, n. 1605 del 25/01/2008; Sez. 5, n. 791 del 14/01/2011; Sez. 6 – 5, n. 1964 del 10/02/2012; Sez. 5, n. 28530 del 20/12/2013; Sez. 6 – 5, n. 317 del 13/01/2015).

Il secondo motivo è per converso infondato.

In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell’autonoma organizzazione” richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Sez. U, n. 9451 del 10/05/2016; cfr. anche Sez. 5, n. 22468 del 04/11/2015).

Con particolare riguardo al caso di specie, giova rilevare che, in materia di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l’avvalersi in modo non occasionale, da parte di un medico di base, della collaborazione di terzi (nella specie di un solo dipendente “part time”), non costituisce, di per sè, fattore decisivo per determinare il riconoscimento della “autonoma organizzazione”, dovendo il giudice del merito accertare in concreto se tale prestazione lavorativa rappresenti quel valore aggiunto idoneo ad accrescere la capacità produttiva del professionista (Sez. 6 – 5, n. 26982 del 19/12/2014; conf. Sez. 6 – 5, n. 3755 del 18/02/2014).

E, sul punto, la CFR ha esaustivamente concluso che l’apporto di lavoro di terzi è limitato all’accoglienza degli assistiti (e dunque è implicitamente inidoneo ad accrescere la capacità reddituale del sanitario), mentre le spese non superano il 20%.

Va in definitiva accolto il primo motivo e rigettato il secondo.

Spetterà alla CTR del Lazio, in diversa composizione, valutare l’eventuale decadenza, alla luce dei documenti già in atti.

PQM

Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa e rinvia alla CTR Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del grado di cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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