Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7195 del 22/03/2018


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Cassazione civile, sez. II, 22/03/2018, (ud. 21/02/2018, dep.22/03/2018),  n. 7195

Fatto

Con decreto n. 358/2016, la Corte di appello di Perugia, decidendo su vari ricorsi riuniti per il riconoscimento dell’equo indennizzo in favore di diversi istanti per la durata irragionevole di un giudizio amministrativo, oltre all’accoglimento delle domande in favore di tutti gli altri ricorrenti, rigettava, invece, il ricorso formulato nell’interesse M.M.G., M.P., M.E., nell’assunta qualità di eredi di M.V., nonchè di F.G., nella spesa qualità di erede di Fe.Gi., sul presupposto della mancata prova della loro dedotta qualità di successori delle anzidette parti del giudizio presupposto.

Avverso questo decreto formulavano tempestivo ricorso per cassazione le predette M.M.G., P. ed E., nonchè il F.G., riferito a due motivi, in ordine al quale resisteva con controricorso l’intimato Ministero dell’economia e delle finanze.

Il difensore dei ricorrenti ha depositato anche memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Con il primo motivo – dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – i ricorrenti hanno censurato il decreto impugnato per violazione e, comunque, falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 117 Cost., e dell’art. 6 paragrafo 1 della CEDU, nonchè della L. n. 89 del 2001, art. 2, e dell’art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., in ordine alla ritenuta mancata allegazione della prova della loro qualità di eredi.

Con la seconda doglianza i ricorrenti hanno prospettato – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la violazione e, comunque, falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 117 Cost., e degli artt. 13 e 6 paragrafo 1 della CEDU, congiuntamente alla violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., oltre che della L. n. 89 del 2001, art. 2, avuto riguardo al negato riconoscimento dell’equo indennizzo in loro favore.

Rileva il collegio che il primo motivo è fondato e deve, perciò essere accolto. Invero la Corte perugina, malgrado fosse desumibile ex actis il riscontro probatorio della qualità di eredi (delle parti del giudizio presupposto) degli attuali ricorrenti, ha illegittimamente ritenuto che essi non avevano offerto idonea prova in proposito, escludendo addirittura che fosse certa anche la data del decesso dei loro rispettivi danti causa iure successionis.

Senonchè, tale qualità (comprovante la loro legittimazione ad agire in giudizio ai sensi della L. n. 89 del 2001), oltre ad essere già evincibile dalle intervenute sentenze nel giudizio amministrativo presupposto (in cui erano stati nominativamente indicati con questo titolo, per effetto della sopraggiunta morte delle parti originarie), era stata riscontrata con le dichiarazioni di atto notorio confortate dall’allegazione del certificato di morte del padre delle sorelle M. e della moglie del F.G. (cfr. Cass. Sez. U. n. 12065/2014), per come puntualmente riscontrato dalla difesa dei ricorrenti. La valorizzazione di tali circostanze decisive in funzione della prova della legittimazione ad agire dei ricorrenti (“iure successionis” e anche “iure proprio”, una volta intervenuta la loro diretta costituzione in pendenza del giudizio presupposto) è stata del tutto omessa dalla Corte umbra, pur essendo stati i relativi documenti ritualmente prodotti in giudizio a tale scopo, così incorrendo nella denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., oltre che nell’omessa rilevazione in positivo – con il conseguente mancato dovuto esame – del suddetto fatto decisivo di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (“ratione temporis” applicabile).

Deve, pertanto, pervenirsi all’accoglimento del primo motivo, cui consegue l’assorbimento del secondo (riguardante il riconoscimento in concreto della misura dell’invocato indennizzo), con derivante cassazione del decreto impugnato ed il rinvio della causa alla stessa Corte di appello, ma in diversa composizione, che nel regolare anche le spese della presente fase di legittimità, si conformerà al principio di diritto secondo cui “la prova della qualità di erede nel procedimento disciplinato dalla L. n. 89 del 2001, deve essere desunta da tutti gli elementi ritualmente prodotti dalle parti ricorrenti, avendosi riguardo anche agli atti notori corredati dai certificati di morte dei danti causa e alle inequivoche risultanze documentali desumibili dagli atti del giudizio presupposto ove gli stessi ricorrenti si siano in esso costituiti in proprio per effetto del sopravvenuto decesso delle parti originarie, così agendo nel suddetto procedimento per l’ottenimento dell’equo indennizzo sia iure successionis che iure proprio”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese della presente fase di legittimità, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2018

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