Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7193 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. III, 04/03/2022, (ud. 21/12/2021, dep. 04/03/2022), n.7193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 38010/2019 proposto da:

Europrotect France Sa, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Gracchi 187,

presso lo studio dell’avvocato Andrea Antonelli, che lo rappresenta

e’ difende;

– ricorrente –

contro

Unicredit Factoring Spa, elettivamente domiciliato in Roma Via

Pomezia, 11, presso lo studio dell’avvocato Raffaele Massimiliano

Grassia, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Antonio Formaro;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA,

depositata il 31/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/12/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Europrotect France SA ha venduto alla società CMD sas dei tessuti speciali che servivano a realizzare divise per i vigili del fuoco e che alla CDM erano state commissionate da un Ministero.

Dopo aver consegnato quei tessuti, la Europrotect ha accettato che il pagamento del prezzo avvenisse tramite Unicredit Factoring, cui CDM avrebbe dato mandato: in sostanza, poiché la società debitrice aveva un conto presso Unicredit, scartata da quest’ultima la possibilità di una cessione del credito (di CDM verso il Ministero) venne concordato che la somma che l’ente pubblico avrebbe corrisposto a CDM per l’acquisto delle divise, sarebbe stata versata sul conto Unicredit e dalla banca poi corrisposta a Europrotect.

Invece, è accaduto che, effettuato il pagamento da parte del Ministero, la somma che avrebbe dovuto andare alla ricorrente – per la fornitura del materiale – è stata compensata da Unicredit con debiti che verso la banca aveva CDM.

2.- Europrotect ha dunque agito in giudizio sia verso CDM, rimasta contumace, che verso Unicredit Factoring, ed ha ottenuto condanna della prima al pagamento delle sue spettanze, ma si è vista rigettare la domanda verso Unicredit, in quanto quest’ultima ha eccepito di non essersi mai realmente obbligata verso CDM a “girare” a Europrotect la parte di corrispettivo a quest’ultima spettante.

I giudici di primo e secondo grado hanno escluso che, in base alle prove assunte – quelle testimoniali non sono state ammesse – potesse dirsi concluso un contratto di mandato con obbligo di Unicredit di pagare ad Europrotect il compenso dovutole da CDM.

3.- Europrotect, di conseguenza, ha impugnato in Cassazione la decisione della Corte di Appello di Milano, ma il ricorso è stato dichiarato improcedibile, per non aver la ricorrente depositato copia autentica della relata di notifica della sentenza, ai sensi dell’art. 369 c.p.c..

3.1.- Contro questa decisione Europrotect ha proposto revocazione con l’argomento che invece la relata c’era, essendo stata depositata dalla controparte e che dunque la Corte di cassazione è incorsa in errore di fatto revocabile. Ha dunque chiesto che, revocata la sentenza, che ha dichiarato improcedibile il ricorso, quest’ultimo venga accolto sulla base dei motivi già fatti valere con il ricorso originario.

3.2.- Si è costituita Unicredit Factoring che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per revocazione, o comunque la sua improcedibilità, ed ha chiesto comunque il rigetto della impugnazione nel merito. La società ha illustrato i motivi con ulteriore memoria. Il Pubblico Ministero ha chiesto l’accoglimento della revocazione, ma il rigetto nel merito del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La fase rescindente.

4.- La società ricorrente innanzitutto agisce per revocazione della ordinanza n. 14889-2019 con cui la Corte di cassazione ha dichiarato improcedibile il ricorso.

Con quella ordinanza, come si è accennato, il ricorso è stato dichiarato improcedibile in quanto la società ricorrente, “pur dando atto.. che la sentenza impugnata le è stata notificata… ha prodotto una copia della stessa priva della relata di notificazione”: ciò alla luce di Cass. Sez. Un. 9005 del 2009.

Inoltre, secondo la decisione oggetto di revocazione, quella relata non risultava comunque nella disponibilità della Corte, ossia ne era stata prodotta da parte controricorrente, né era stata acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio” (pp. 3-4).

La ricorrente ritiene che questa decisione è frutto di un errore percettivo, ossia di un errore di fatto, in quanto la relata di notifica in realtà era in atti, e la Corte non se ne è accorta: più precisamente l’aveva depositata la controparte, e tanto bastava alla luce della successiva giurisprudenza.

p.- Il motivo è fondato.

6.- Infatti, in base alla successiva giurisprudenza, ma già nota al momento della decisione oggetto di revocazione, e da questa altresì citata, ove il ricorrente non abbia depositato la relata di notifica della sentenza impugnata, il ricorso non è comunque improcedibile se quella relata sia stata però depositata dal controricorrente (Sez. Un. 10648/ 2017), principio poi esteso anche al caso in cui la sentenza notificata – e relativa relata – sia un atto telematico portato a conoscenza della controparte via PEC (Sez. Un. 8312/2019).

Allo stesso modo il ricorso non è improcedibile, ove la controparte non abbia eccepito alcunché circa il mancato deposito della relata di notifica.

Il ricorrente allega, e la circostanza non è smentita, che la controparte aveva per l’appunto depositato lei la relata di notifica e comunque non aveva eccepito alcunché circa l’omesso deposito di tale relata da parte del ricorrente medesimo: l’affermazione, contenuta nella decisione qui oggetto di revocazione, che invece quella relata non fosse nella disponibilità della Corte – perché non depositata da controparte- è frutto di un errore di fatto (il documento c’era, e questo è un fatto, non l’esito di una valutazione).

Questo basta ad escludere l’inammissibilità del ricorso per revocazione ex art. 366 c.p.c., come eccepito dalla controricorrente, che assume difetto di specificità del motivo perché mancherebbe l’indicazione esatta del deposito della relata nel fascicolo di controparte: la stessa controricorrente non nega di aver prestato “acquiescenza” ossia di non avere eccepito che la ricorrente non aveva depositato la relata, e non nega di averla depositata lei.

Suonerebbe strano dar credito ad una tesi del genere: che, pur ammettendo – ossia non negando – di aver depositato lei la relata, la controparte si lamenti del fatto che però il ricorrente non dice dove e come è stata depositata.

La fase rescissoria.

7.- La ricorrente chiede, a seguito della revocazione per errore di fatto, che venga deciso quindi nel merito il ricorso.

Anche qui c’e’ una preliminare questione di improcedibilità o inammissibilità da parte di Unicredit, la quale eccepisce che in realtà la ricorrente non ha chiesto che si decida il ricorso nel merito, all’esito della revocazione, né ha depositato il fascicolo.

p.- Questa eccezione è infondata.

8.- Invero il ricorso per revocazione per errore di fatto deve contenere il motivo di revocazione e la sufficiente esposizione dei fatti (art. 366 c.p.c.), ma non deve necessariamente riproporre i motivi dell’originario ricorso per Cassazione (sin da Cass. Sez. un. 24170 del 2004), purché ovviamente contenga la domanda di giudizio rescissorio, ossia la richiesta che, revocata la precedente decisione, si decida nel merito. Con la conseguenza che, ove vi sia espressa domanda di giudizio rescissorio, vale a dire di decisione nel merito, non rileva non solo, come visto, che nel ricorso per revocazione non siano riproposti i motivi dell’originario ricorso, ma anche che venga nuovamente allegato il fascicolo: gli uni e l’altro essendo quelli dell’originario ricorso, destinati a valere anche in caso di “riapertura” del giudizio di merito.

9.- Ciò posto, la domanda di decisione nel merito è espressamente fatta, e si trova nelle conclusioni della revocazione.

E dunque va operato riferimento ai motivi del ricorso originario, che è in atti, e che sono due.

I motivi di ricorso del giudizio rescissorio.

p.- Il primo motivo.

10.- La ricorrente censura la decisione della Corte di Appello di Milano per violazione degli artt. 1326,1327,1723 e 1411 c.c., oltre che l’art. 116 c.p.c..

I giudici di secondo grado hanno rigettato la domanda verso Unicredit, con l’argomento che non v’era alcuna prova che quest’ultima avesse assunto obbligo, da mandato, di pagare Europrotect su incarico di CDM, pur ammettendo che non servisse la forma scritta per quel contratto, e che lo si potesse provare con mezzi diversi.

Secondo la ricorrente la Corte di Appello avrebbe del tutto obliterato quanto emerso dai documenti prodotti, che indicavano invece l’avvenuta conclusione del contratto per fatti concludenti: quei documenti dimostrerebbero che, tra maggio e dicembre 2012, Unicredit ha intrattenuto una fitta corrispondenza indicativa della sua volontà di accettare il mandato di pagamento a favore della ricorrente, ed avrebbe inoltre prima accettato e poi chiesto la revoca di quel mandato.

p.- Il motivo è infondato.

11.- Intanto non è detto in cosa consistano quei documenti, quale sia il loro contenuto, vale a dire quale comportamento di Unicredit contengono, che possa assumersi come tacita accettazione del mandato: se è vero che il contratto di mandato può perfezionarsi anche per comportamenti concludenti, occorre sapere in cosa consistano per verificare se abbiano il significato concludente che si attribuisce loro.

Inoltre, la Corte di Appello, nel ritenere l’assenza di prove di conclusione del mandato, ha ovviamente escluso anche le prove del comportamento concludente, proprio perché ha ammesso che quel contratto può in astratto concludersi in quel modo: e questo accertamento – che non vi siano prove di una qualche modalità di conclusione del contratto – è accertamento in fatto qui non censurabile nel merito.

Non costituisce poi ratio autonoma l’argomentazione della Corte di merito circa la fondatezza delle ragioni che avrebbero indotto Unicredit a non accettare l’incarico; ragioni che stavano nei divieti e negli obblighi che la legge pone in caso di cessione dei crediti verso enti pubblici: la Corte di secondo grado, infatti, non discute della fondatezza di tale argomento (“non accetto il mandato perché incompatibile con quella legge”) ma lo usa a dimostrazione ulteriore del fatto che il mandato non si è perfezionato: nel senso che una delle prove logiche a sostegno del mancato perfezionamento è che Unicredit abbia fatto ricorso ad una scusante, che non sarebbe stata invocata se avesse assunto l’obbligo.

p.- Sul secondo motivo.

12.- La ricorrente poi censura la decisione di appello per violazione degli artt. 183,189 e 356 c.p.c.: in primo grado il giudice non aveva ammesso la prova testimoniale e questa decisione era stata oggetto di appello, ma in secondo grado i giudici avevano ritenuto la censura inammissibile, osservando che, non ammessa la prova in primo grado, l’attore avrebbe dovuto reiterarne la richiesta di assunzione con la comparsa conclusionale, cosa che l’appellante non aveva fatto, dimostrando pertanto di volervi rinunciare.

Ritiene la società ricorrente che non è onere di chi chiede la prova, in caso di rigetto, di reiterare la domanda di ammissione con la comparsa conclusionale.

p.- Il motivo è infondato.

13.- E’ infatti principio di diritto che “nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, in modo specifico, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, devono ritenersi abbandonate e non più riproponibili in sede di impugnazione; tale presunzione può essere ritenuta, tuttavia, superata dal giudice di merito, qualora dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l’esame degli scritti difensivi” (Cass. 33103/2021, ma anche Cass. 5741/2019).

Ne’ risulta che, pur non reiterata la richiesta in comparsa conclusionale, in altri scritti o atti difensivi era emersa la volontà di ribadire la richiesta di assunzione.

A cagione della reciproca soccombenza, tra rescindente e rescissorio, le spese vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte revoca l’ordinanza n. 14889/2019 di questa Corte, e decidendo nel merito, rigetta il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

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