Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 719 del 15/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 719 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 21571-2012 proposto da:
GITTO FELICE COSIMO (GTTFJ26P22D976G) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LARGOK:OMBARDI 4, presso lo studio
dell’avvocato SGRO’ ALESSANDRO, rappresentato e difeso
dall’avvocato GERVASI GIUSEPPE, giusta mandato in calce al
ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (8018440587) in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 15/01/2014

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricarrente avverso il decreto nel procedimento R.G. 298/2011 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che ha concluso per raccoglimento del ricorso.

Ric. 2012 n. 21571 sez. M2 – ud. 04-10-2013
-2-

D’APPELLO di SALERNO del 17.11.2011, depositato il 22/03/2012;

R.g. 21571/2012
Ritenuto in fatto
Felice Cosimo Gitto, con ricorso depositato il 4 marzo 2011, ha proposto innanzi alla
Corte d’appello di Salerno domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001,
del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata di un processo
civile avente ad oggetto il risarcimento del danno da sinistro stradale, iniziato con atto di
citazione del 15 marzo 1990 e definito con sentenza dell’1 ottobre 2009.
La Corte territoriale, con il decreto indicato in epigrafe, ha rigettato la domanda,
sottolineando che il Gitti era stato autorizzato alla integrazione del contraddittorio nei
confronti di un litisconsorte necessario della causa riconvenzionale da lui formulata con
ordinanza resa all’udienza del 4 giugno 1993, non essendo comparso aòlle uduienze
precedenti, e che, interrotto il processo all’udienza del 18 marzo 1994 per la messa in
1.c.a. della società assicuratrice del Gitto, quest’ultimo si era nuovamente costituito in
giudizio, nonostante la tempestiva riassunzione del processo, il 6 luglio 2000, ed in quella
sede il suo difensore aveva chiesto nuovo termine per l’integrazione del contraddittorio.
Concesso tale termine, con rinvio al 7 dicembre 2000, il 19 dicembre 2007 era stato
chiesto nuovo termine per l’integrazione del contraddittorio, e alla successiva udienza del
6 luglio 2008 era stato depositato l’atto di citazione notificato al litisconsorte necessario.
Secondo la Corte di merito, dunque, il Gitti aveva manifestato disinteresse per la
definizione del processo, ed anzi concorso al protrarsi dello stesso.
Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il Gitto sulla base di un unico,
articolato motivo. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Considerato in diritto
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.
Il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di legge nonché omessa e/o
insufficiente motivazione nella parte in cui la decisione impugnata, fondandosi sul mero
dato di alcuni rinvii di udienza chiesti dallo stesso ricorrente o ai quali egli aveva aderito,
aveva omesso di considerare che, tra un rinvio e l’altro, ovvero tra la data in cui era stati
chiesto il rinvio e la data della successiva udienza, erano decorsi tempi lunghissimi non
addebitabili al ricorrente. Si denuncia inoltre travisamento dei fatti e dei documenti

,

allegati, nella parte in cui il giudice di merito aveva attribuito alla responsabilità del
ricorrente i rinvii di ufficio a seguito della domanda riconvenzionale del Gitto o altri
rinvii da lui non richiesti.
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
E’ ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte (v., in particolare, Cass. n.
1715 del 2008, ord.; Cass. n. 16838 del 2010 e, da ultimo, Cass. n. 12161 del 2012 e n.

del processo, a fronte di una cospicua serie di differimenti chiesti dalla parte, o non
opposti, e disposti dal giudice istruttore, si deve distinguere, come impone la L. n. 89 del
2001, art. 2, comma 2, tra tempi addebitabili alle parti e tempi addebitabili allo Stato per
la loro evidente irragionevolezza e pertanto, salvo che sia motivatamente evidenziata una
vera e propria strategia dilatoria di parte, idonea ad impedire l’esercizio dei poteri di
direzione del processo, propri del giudice istruttore, è necessario individuare la durata
irragionevole comunque ascrivibile allo Stato, ferma restando la possibilità che la
frequenza ed ingiustificatezza delle istanze di differimento incida sulla valutazione del
paterna indotto dalla durata e, conseguentemente, sulla misura dell’indennizzo da
riconoscere. Peraltro, in linea generale, è risaputo che – in base al richiamato disposto
della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, – il lasso di tempo massimo superato il quale la
durata del processo diviene irragionevole deve essere desunto dalla complessità del caso
e dal comportamento del giudice e delle parti, nonché di ogni altra autorità chiamata a
concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione, – e cioè valutando, in
concreto, la natura delle questioni giuridiche proposte, il numero delle parti in causa, la

5075 del 2013) l’asserto secondo cui, ai fini dell’accertamento della durata ragionevole

quantità e complessità degli scritti difensivi depositati in giudizio e delle prove da
espletare, la necessità, a fini istruttori, dei rinvii ed il lasso di tempo intercorso fra un
rinvio e l’udienza successiva (alla luce del disposto dell’art. 81 disp. att. c.p.c.), le carenze
di organico causative del possibile congelamento dei ruoli, l’eventuale stasi determinata
dalle astensioni degli avvocati (da valutarsi, ancorché in una misura congrua, nella loro
oggettività ed in riferimento alla mancanza, nel vigente ordinamento, di mezzi
predisposti dallo Stato per ovviare alla paralisi degli uffici giudicanti a causa di tali, non
rari fenomeni) -, il tutto depurato dai ritardi attribuibili alla condotta dilatoria delle parti,

L

da identificarsi sia nell’uso (specie se capzioso) dei mezzi che l’ordinamento pone
legittimamente a disposizione delle stesse, sia nell’utilizzo di strumenti che si pongono al
di fuori dei normali schemi processuali, che abbiano, quindi, contribuito con incidenza
causale a tendere irragionevole la durata del processo.
Nella specie, il giudice di merito non si è attenuto a tali principi di diritto, omettendo di
dare conto di una serie di rinvii non richiesti dal Gitto e del lasso di tempo intercorso in

In definitiva, il ricorso deve essere accolto. Il decreto impugnato deve essere cassato e la
causa rinviata ad un diverso giudice — che si individua nella Corte d’appello in diversa
composizione, cui è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio che riesaminerà la questione dell’addebitabilità dei rinvii occorsi nel giudizio presupposto
alla stregua dei principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla
Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2013.

alcuni casi tra un rinvio e la udienza successiva.

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