Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7186 del 25/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 25/03/2010, (ud. 10/02/2010, dep. 25/03/2010), n.7186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

53/5, presso lo studio dell’avvocato DE BENEDICTIS CATALDO MARIA, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PETROCELLI MICHELE,

SALVIA ANTONIO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.A., titolare dell’impresa agricola “Sivolella”,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio

dell’avvocato PLACIDI ALFREDO, rappresentata e difesa dall’avvocato

SALVIA GIOVANNI, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 113/2006 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 23/02/2006 R.G.N. 40/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato SALVIA GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 26.1/23.2.2006 la Corte di appello di Potenza confermava la sentenza resa dal Tribunale di Lagonegro il 27.11.2003, impugnata da A.A., che rigettava la domanda dalla stessa proposta nei confronti di L.A. per il pagamento di retribuzioni non corrisposte.

Osservava in sintesi la corte territoriale che gli esiti dell’istruttoria, ed in particolare delle prove orali assunte, portavano ad escludere che la ricorrente avesse mai lavorato, quale operaia agricola a tempo determinato, nei terreni della L..

Per la cassazione della sentenza propone ricorso A. con cinque motivi. Resiste con controricorso L.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, l’omessa pronuncia sull’appello incidentale proposto da controparte in punto di pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo prospetta vizio di motivazione e violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) con riferimento all’art. 1417 c.c., rilevando che, pur ove fosse stata raggiunta la prova dell’accordo simulatorio, ciò non poteva precludere l’operatività della disposizione dell’art. 2126 c.c., con la conseguente erroneità della ritenuta irrilevanza delle prove intese a dimostrare l’esecuzione dell’attività lavorativa.

Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di motivazione, prospettando che la corte territoriale, violando i principi che presiedono al ragionamento per presunzioni, ha tratto la prova dell’accordo simulatorio non già da fatti accertati, ma da considerazioni di inverosimiglianza e da elementi negativi,oltre che da prove testimoniali contraddittorie, tali da rendere del tutto vacua la dimostrazione dell’accordo stesso.

Con il quarto motivo, proposto pur esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente lamenta che la corte potentina ha attribuito particolare rilevanza alla deposizione del teste M. senza operare alcuna effettiva indagine circa l’attendibilità dello stesso e, comunque, circa l’idoneità della dichiarazione a confermare gli accordi simulatori nel loro complesso.

Con l’ultimo motivo, infine, si censura la decisione impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 437 c.p.c., per l’omesso ed immotivato esercizio dei poteri istruttori ex art. 437 c.p.c. “eventualmente sub specie di revoca dell’ordinanza di riduzione delle liste operata dal Tribunale di Lagonegro”.

Il primo motivo è inammissibile, per l’evidente carenza di interesse alla censura, riferibile all’appello incidentale proposto dalla controparte.

Il secondo motivo è infondato.

Ed, al riguardo, basta rilevare che la corte territoriale, in esito all’istruttoria, ha ritenuto raggiunta la prova della simulazione del rapporto di lavoro, per cui non si vede quale possa essere il residuo spazio di operatività dell’art. 2126 c.c. e la rilevanza delle richieste istruttorie a tal fine strumentali.

Il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e vanno pur essi rigettati.

Giova,al riguardo, premettere che, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice di merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione non sarebbe, in realtà, che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità, risultando del tutto estraneo all’ambito di operatività del vizio di motivazione la possibilità per la Suprema Corte di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (cfr. ad esempio da ultimo Cass. n. 11789/2005;

Cass. n. 4766/2006). Giusto in quanto l’art. 360 c.p.c., n. 5″ non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (così SU n. 5802/1998), non incontrando, al riguardo, il giudice di merito alcun limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le allegazioni che, sebbene non menzionati specificatamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. ad es. Cass. n. 11933/2003; Cass. n. 9234/2006).

Sulla base di tali principi, la sentenza impugnata risulta immune dalle censure denunciate, avendo la corte di merito correttamente evidenziato il proprio convincimento sulla base di plausibili considerazione logiche e della valutazione unitaria e sistematica delle prove acquisite al giudizio.

Sotto il primo aspetto, la corte ha plausibilmente considerato che non appariva verosimile e conforme all’id quod plerumque accidit che la ricorrente avesse accettato di lavorare senza retribuzione per circa tre mesi e che, pur non retribuita, avesse a breve distanza di tempo instaurato un ulteriore rapporto di lavoro, protrattosi per oltre sei mesi, e portato a termine, nonostante la mancanza, anche con riferimento a quest’ultimo, di alcuna retribuzione (secondo rapporto, non a caso, del tutto obliterato dalla ricorrente in seno alle sue difese).

Per il resto, la corte ha valutato l’attendibilità e gli esiti della prova orale e ha rilevato che tutti i testi (fatta eccezione per uno) erano stati concordi nel riferire che la ricorrente non aveva lavorato nei terreni dell’intimata e che le dichiarazioni degli stessi, anche a prescindere dalla deposizione di tale M. R., costituivano “prova autonoma della simulazione del rapporto di lavoro”.

La ricorrente, che, in sede di appello, aveva lamentato “la reticenza di alcuni testimoni ( B.), il contrasto tra le loro dichiarazioni …, l’inattendibilità di altre ( M.)” (così nella sentenza), in questa sede reitera, altresì, il rilievo che la corte aveva ritenuto provata la sussistenza dell’accordo simulatorio non sulla base di fatti positivi accertati, ma solo in forza del mancato espletamento dell’attività lavorativa. Così operando una valutazione degli esiti dell’istruttoria, e della loro concludenza rispetto alla domanda avanzata in giudizio, che, per prospettare una diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite al processo, non appare idonea a sminuire la coerenza di quella offerta dai giudici di merito e risulta, quindi, di per sè inammissibile in sede di legittimità.

Non senza, comunque, osservare che i rilievi prospettati avverso la prova testimoniale riguardano profili delle dichiarazioni di alcuni dei testi ( M. e B., le cui testimonianze si afferma “non possono escludere” che la ricorrente abbia lavorato alle dipendenze della resistente in altri contesti di tempo e di luogo) nemmeno presi in considerazione nel giudizio di merito, e, comunque, privi di decisività, e una reiterata valutazione di inattendibilità di altri (teste M.), nonostante la credibilità dei testi fosse stata vagliata dal giudice di merito, che – giova ribadire – ha fondato il suo convincimento su una valutazione unitaria e complessiva degli elementi di riscontro e di prova acquisiti al giudizio, pervenendo in tal modo a conclusioni che risultano coerenti e compatibili con le risultanze del processo.

L’ultimo motivo è inammissibile.

Ed, al riguardo, deve ribadirsi che, per censurare, in sede di ricorso per cassazione, la motivazione della sentenza che si affermi abbia immotivatamente omesso di esercitare i poteri istruttori d’ufficio ex art. 437 c.p.c., la parte deve dimostrare (ma ciò nel caso non è avvenuto) di aver inutilmente sollecitato l’esercizio di tali poteri, per come necessario al fine di evitare di introdurre per la prima volta in sede di legittimità un tema del contendere del tutto nuovo rispetto a quelli già dibattuti nelle precedenti fasi di merito (v. ad es. Cass. n. 14731/2006).

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 15,00 per esborsi ed in Euro 2000,00 per onorario di avvocato, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA