Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7181 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 15/03/2021), n.7181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9427/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è elettivamente domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

S.A.M.R., rappresentata e difesa, giusta procura a

margine del controricorso, dall’avv. Francesco Cannizzaro e

dall’avv. Michele Pontecorvo, con domicilio eletto presso lo studio

del secondo, in Roma, via Asiago, n. 9;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Lombardia n. 136/22/13 depositata in data 29 novembre 2013

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2020 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Commissione tributaria provinciale di Milano rigettava il ricorso proposto da S.A.M.R. avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato maggior reddito imponibile derivante dalla partecipazione alla s.a.s. Rei di M.R. & C. (successivamente Rei di G.A.J.A. s.a.s.), per l’anno 2004, della quale era socia accomandante al 50 per cento, avendo ritenuto che fosse divenuto definitivo l’accertamento a carico della società per mancata impugnazione nei termini di legge.

2. All’esito dell’appello proposto dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’impugnazione, annullando l’accertamento.

Osservava, in particolare, che laddove non fosse stato impugnato l’accertamento nei confronti della società (o fosse stato impugnato tardivamente, come nel caso di specie), il socio poteva autonomamente impugnare l’atto impositivo emesso nei suoi confronti, non potendo il giudicato formatosi nei confronti della società menomare il suo diritto di difesa, e ciò in quanto i due avvisi di accertamento erano distinti e separati, per cui la mancata o tardiva impugnazione del primo, ove non effettuata anche dal socio, era ininfluente con riguardo all’impugnazione dell’altro atto impositivo concernente il reddito di partecipazione.

Nel merito, rilevava che la contribuente aveva prodotto copia della dichiarazione dei redditi della società, non presentata, dalla quale si desumeva la correttezza del reddito dalla stessa dichiarato, nonchè copia degli estratti dell’unico rapporto di conto corrente bancario di corrispondenza di cui era titolare la società, dal cui esame era possibile verificare come le movimentazioni fossero del tutto compatibili con i dati riportati nella dichiarazione dei redditi predisposta dalla società, anche se non depositata. Riteneva, dunque, congruo il reddito dichiarato dalla società nella propria dichiarazione dei redditi, seppure non presentata, e, quindi, inattendibile la presunzione di distribuzione di un maggiore reddito di partecipazione in favore del socio.

3. Ricorre l’Agenzia delle entrate per la cassazione della suddetta sentenza, affidandosi a due motivi.

La contribuente resiste mediante controricorso, ulteriormente illustrato con memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la difesa erariale denuncia la violazione o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 29, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ponendo in evidenza che alla data della pronuncia impugnata (23 maggio 2013) era pendente dinanzi alla Commissione tributaria regionale il procedimento avente per oggetto l’avviso di accertamento emesso a carico della società Rei di G.A.J.A. s.a.s. in liquidazione, proposto da M.R., nella qualità di socio accomandatario, con quota di partecipazione del 50 per cento, sicchè la decisione della C.T.R. contrasta con i principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze n. 13815 del 2008, n. 1213 del 2011 e n. 10145 del 2012, configurandosi, nel caso di specie, una ipotesi di litisconsorzio necessario originario tra la società ed i soci.

2. Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 5 t.u.i.r., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40, evidenziando che l’art. 5, prevede una imputazione automatica del reddito sociale ai soci, indipendentemente dalla percezione, e che, a norma del citato art. 40, l’Ufficio deve procedere alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalla società con un unico atto ai fini delle imposte sul reddito dovute dai singoli soci.

3. In controricorso la contribuente ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, deducendo che la ricorrente, nell’esposizione dei fatti di causa, ha completamente omesso di dare atto delle eccezioni difensive esposte dalla controparte.

3.1. L’eccezione va disattesa.

3.2. Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.

Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., sez. 2, 4/04/2006, n. 7825; Cass., sez. 6 – 3, 3/02/2015, n. 1926).

3.3. Nella specie, l’Agenzia delle entrate, seppure in modo sintetico, ha riportato la vicenda che ha originato la controversia, spiegando le vicende del processo e le rispettive difese delle parti, sicchè il ricorso consente di avere una chiara e sufficiente cognizione dei fatti di causa.

4. Merita accoglimento il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo, dovendosi rilevare il difetto di integrità del contraddittorio.

4.1. Costituisce principio ormai consolidato quello per cui, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi dell’art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., sez. U, 4/06/2008, n. 14815; in tema di Irap, Cass., sez. 5, 20/06/2012, n. 10145).

4.2. Secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata e dallo stesso controricorso, al giudizio di merito non hanno partecipato nè la società nè l’altro socio, M.R., e da ciò non può che conseguire la nullità del giudizio, svoltosi senza la partecipazione dei litisconsorti necessari.

Infatti, l’eventuale inammissibilità del ricorso proposto dalla società avverso l’avviso di accertamento emesso a suo carico, per tardività dello stesso, non esclude il litisconsorzio necessario, posto che solo il giudicato formatosi a carico di uno dei litisconsorti impedisce la concreta attuazione del litisconsorzio processuale (Cass., sez. 6-5, 6/06/2014, n. 12793).

Peraltro, come chiarito dalle Sezioni Unite (Cass., sez. U, 4/06/2008, n. 14815), “nel giudizio avente ad oggetto l’accertamento dei redditi di società ed associazioni, ove, in violazione dei principi del litisconsorzio necessario, si formino giudicati “parziali” relativi a singole posizioni, i rapporti fra il giudicato parziale e le posizioni dei soggetti nei cui confronti non si sia formato il giudicato debbono essere risolti in base ai principi del contraddittorio e del diritto di difesa, per cui il terzo può trarre beneficio dal giudicato inter alios, ma non esserne pregiudicato”.

Il che implica che l’avviso di accertamento del reddito di società di persone, pur se divenuto irretrattabile per mancanza di impugnazione da parte della stessa, non può considerarsi definitivo in pregiudizio dei soci ai quali l’atto non è stato notificato (Cass., sez. 6-5, 30/07/2014, n. 17360).

5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio con rinvio alla Commissione tributaria provinciale di Milano, in diversa composizione.

Le spese dell’intero giudizio, atteso l’esito complessivo del giudizio, vanno integralmente compensate tra le parti.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata e dichiara la nullità dell’intero giudizio, con rinvio alla Commissione tributaria provinciale di Milano, in diversa composizione.

Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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