Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7181 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9192/2019 proposto da:

G.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco

Giorgetti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in

Corso Mazzini n. 100, Ancona, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Ancona, depositato il 31/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato del 31 gennaio 2019, il Tribunale di Ancona ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da G.M. cittadino del (OMISSIS), il quale aveva dichiarato di esser espatriato nel maggio 2016 per il conflitto dilagante nel suo Paese, essendo egli politicamente impegnato all’opposizione di J.Y. e, per tale motivo, arbitrariamente arrestato.

Il Tribunale ha ritenuto che i fatti narrati, ove credibili, risultavano confinati in vicende di vita privata e giustizia comune, ha quindi escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Ricorre il richiedente sulla base di due motivi. L’Amministrazione ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6 e 7, anche in relazione all’apparenza motivazionale, nonchè al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2. Il ricorrente si duole che, nel qualificare i fatti narrati come vicenda di natura privata, il Tribunale non abbia considerato la situazione prospettata come minaccia di un danno grave in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ed abbia posto in essere una motivazione apparente, non essendo stato effettuato alcun approfondimento istruttorio circa l’effettività della tutela apprestata dallo Stato.

2. Il motivo è inammissibile. Esso non considera che il Tribunale, ad onta della qualificazione in termini di vicenda privata dei fatti narrati, non si è sottratto al dovere di cooperazione istruttoria, ed ha, poi, escluso il rischio del danno paventato dal richiedente all’esito delle acquisite informazioni, secondo le quali la situazione politica vigente in Gambia all’epoca del Presidente Y.J. (contro cui il richiedente ha affermato di operare) ha registrato un netto miglioramento con il nuovo Presidente. Il decreto ha, inoltre, accertato che è garantito l’esercizio del diritto di difesa e l’accesso ad un sistema giudiziario indipendente. A tale stregua, il motivo tende a sovvertire la ricostruzione dei fatti e si traduce in un’inammissibile richiesta di riesame del merito.

3. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 c-ter e vizio di motivazione, per non avere il Tribunale ritenuto sussistere i presupposti per la concessione del permesso umanitario.

4. Anche questo motivo è inammissibile. Ed, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte il permesso umanitario costituisce una misura residuale, per garantire le situazioni, da individuare caso per caso, nelle quali, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non possa disporsi tuttavia l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 4455 del 2018; n. 23604 del 2017; n. 15466 del 2014, n. 26566 del 2013). 5. Nella specie il giudice del merito ha escluso la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, ed il ricorrente omette di allegarla, limitandosi a richiamare la generale condizione del Paese di provenienza e la sua integrazione in Italia, ma ciò non basta in quanto il permesso umanitario presuppone la sussistenza di una condizione di vulnerabilità del singolo soggetto ed è volto a proteggere tale soggetto dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili.

6. Non va provveduto sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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