Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7181 del 04/03/2022

Cassazione civile sez. III, 04/03/2022, (ud. 26/10/2021, dep. 04/03/2022), n.7181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34653/2019 proposto da:

G.G., G.K., elettivamente domiciliate presso lo

studio dell’avvocato Ferruccio Centonze, in Monza, via A. Gambacorti

Passerini n. 6, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

R.M.G., elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’avvocato Emanuele Rossi, in Ornavasso (VB), via del Bosco n.

66, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

G.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1245/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/7/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2021 dal Cons. Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23/7/2019 la Corte d’Appello di Torino ha respinto il gravame interposto dalle sigg. G.G. e K. in relazione alla pronunzia Trib. Verbania 15/11/2017, di accoglimento della domanda nei loro confronti proposta dalla sig. R.M.G., di inefficacia ex art. 2901 c.c., “di alcune movimentazioni bancarie poste in essere” dal sig. G.A. in favore delle figlie”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito le sigg. G.G. e K. propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso la R., che ha presentato anche memoria. L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va pregiudizialmente rigettata l’eccezione di improcedibilità per tardività ex art. 369 c.p.c., sollevata dalla controricorrente.

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità ex art. 369 c.p.c., comma 1, secondo cui il ricorso per cassazione deve a pena di improcedibilità essere depositato nella cancelleria della Corte nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, queste ultime si identificano con quelle che, dopo avere assunto la qualità di parte del giudizio nel grado in cui è stata resa la sentenza impugnata, hanno legittimazione ed interesse a contraddire al ricorso, dovendo a tal fine essere prese in considerazione solo le notificazioni eseguite tempestivamente entro i termini previsti a pena di decadenza per l’impugnazione (principale o incidentale), mentre le notificazioni eseguite successivamente, quand’anche possano essere idonee ai fini dell’integrazione del contraddittorio in situazioni di litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, non sono rilevanti ai fini della decorrenza del termine per il deposito del ricorso (v. Cass., 20/1/1995, n. 623; Cass., 9/4/1992, n. 4366; Cass., 25/11/1963, n. 3036).

Orbene, nella specie, perfezionatasi l’ultima notifica il 7/11/2019, il ricorso per cassazione risulta tempestivamente depositato in cancelleria in data 27/11/2019.

Stante il carattere funzionalmente strumentale dell’azione revocatoria, volta alla tutela o ricostituzione dell’integrità del patrimonio del debitore a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni su di lui gravanti (cfr., con riferimento a differenti ipotesi, Cass., 16/11/2020, n. 25857; Cass., 7/3/2017, n. 5618), non può essere d’altro canto revocata in dubbio la sussistenza in capo al G.A. (rimasto contumace nel giudizio di merito) dell’interesse sostanziale alla partecipazione anche al presente giudizio di legittimità, atteso il carattere pregiudizievole del proprio diritto al mantenimento nella specie dall’originaria attrice ed odierna controricorrente R. fatto valere (e dai giudici di merito ravvisato essere in effetti tale) degli atti di movimentazione contabile in argomento posti in essere dall’ex coniuge obbligato in favore delle proprie figlie, originarie convenute e odierne ricorrenti.

Con unico motivo le ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 2903,2935 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si dolgono che la corte di merito abbia ritenuto essere la R. “venuta a conoscenza delle disposizioni patrimoniali oggetto di revocatoria solamente in data 13.01.2016, a seguito dell’accesso al fascicolo delle indagini relative al procedimento penale a carico del sig. G.”, laddove la medesima “era consapevole dell’esistenza di tutte le operazioni quanto meno dall’anno 2008”, come emerge dalla “documentazione bancaria depositata in data 11.04.2007 e 17.05.2007 da Intesa San Paolo spa c/o la Cancelleria del Tribunale di Verbania in relazione al procedimento di separazione giudiziale tra il sig. G.A. e l’odierna appellata” nonché “documentalmente dalle stesse conclusioni rassegnate dalla resistente nei procedimenti di separazione e scioglimento degli effetti civili del matrimonio”.

Lamentano che “contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’appello, tale documentazione comprova… la consapevolezza dell’adozione di misure dispersive del proprio patrimonio determinando il dies a quo del termine prescrizionale per la tutela dei propri diritti di credito”, essendo dalla medesima “possibile evincere che le destinatarie degli atti dispositivi del G. fossero proprio le sig.re G.G. e G.K. (doc. 3 Fasc. 2, a pag. 6 – 139 – 141)”, giacché “dal rendiconto sulla “situazione deposito titoli e ultimi movimenti al 30 giugno 2005” del 1.07.2005 poi si notano i “giroconti” effettuati dal sig. G. in data 15.06.2005 e 30.06.2005 dal deposito amministrato n. (OMISSIS) (allo stesso intestato) al deposito amministrato n. (OMISSIS) oggetto del mandato fiduciario n. (OMISSIS) San paolo Fiduciaria spa”, sicché “da una corretta disamina della documentazione ut sopra la sig.ra R. avrebbe potuto agire a tutela del proprio credito sin da allora”.

Si dolgono che, con motivazione “errata in diritto e contraddittoria nello sviluppo”, la corte di merito abbia “ritenuto “irrilevante che la R. possa non essersi attivata per compiere ulteriori accertamenti, non comportando comunque tale omissione in decorso del termine prescrizionale nonostante la sua inscentia delle circostanze di fatto… che le avrebbero reso possibile attivarsi per tutelare il proprio credito””, in quanto “il fatto che controparte “possa non essersi attivata” non può che condurre a valutare tale omissione quale un comportamento inerte e non il contrario”, con la conseguenza che l'”affermazione… “non comportando comunque tale omissione il decorso del termine prescrizionale”” si appalesa invero “incoerente, contraddittoria e rappresenta un corto circuito logico giuridico posto che la conseguenza dell’inerzia coincide, per l’appunto, con l’inizio delle azioni omissive che portano alla perenzione (prescrizione) del diritto”.

Il motivo è sotto plurimi profili inammissibile.

E rimasto nella specie accertato che il sig. G.A. ha posto in essere “una serie di movimentazioni contabili in favore delle figlie K…. e G…., frutto del precedente matrimonio, per effetto delle quali… si era sostanzialmente spogliato del proprio ingente patrimonio”; e che a tutela dei propri crediti in ragione di assegno divorzile e altri titoli l’odierna controricorrente ha proposto domanda revocatoria (anche) ex art. 2901 c.c., relativamente ad una serie di atti dispositivi “consistenti in trasferimenti di titoli”, accolta nel doppio grado di merito.

Nel confermare l’infondatezza ravvisata dal giudice di prime cure dell’eccezione di prescrizione (secondo cui “la documentazione bancaria depositata l’11 aprile ed il 17 maggio 2007 da Intesa Sanpaolo a seguito di ordine di esibizione nell’ambito del procedimento di separazione, dalla quale emergerebbe che al 31 maggio 2005 il saldo del conto deposito del G. corrispondeva ad Euro 1.499.661,05 mentre al 30 giugno 2005 tale valore era azzerato” sicché la ” R. era o doveva essere a conoscenza degli atti di trasferimento dei titoli già nel 2007 ed avrebbe quindi dovuto esperire l’azione revocatoria entro i 5 anni successive, il che non era invece avvenuto”) sollevata dalle originarie convenute e allora appellanti (nonché odierne ricorrenti) sigg. G.G. e K., nell’impugnata sentenza la corte di merito osserva che “le appellanti si sono… limitate ad evidenziare l’avvenuto azzeramento del deposito titoli del G.” laddove “tale circostanza avrebbe… potuto rappresentare il frutto delle operazioni più disparate non necessariamente in favore di terzi e non necessariamente in favore delle figlie: il frutto, quindi, di operazioni del tutto estranee all’ambito delle azioni revocatorie”; e che “pur essendo in possesso della relativa documentazione bancaria… le appellanti non hanno neppure indicato da dove la R. potesse evincere non solo l’avvenuto azzeramento del patrimonio mobiliare del G., ma anche l’avvenuto compimento degli specifici atti dispositivi in favore delle figlie ora impugnati”.

Orbene, a fronte dell’accertamento operato dai giudici di merito nonché degli argomenti posti dalla corte di merito nell’impugnata sentenza a sostegno della raggiunta conclusione, le odierne ricorrenti si limitano invero ad inammissibilmente riproporre in termini di mera contrapposizione le doglianze già sottoposte ai giudici di merito e da questi non accolte.

A tale stregua, la suindicata ratio decidendi dell’impugnata sentenza risulta invero (quantomeno) non idoneamente censurata, a fortiori là dove viene a tal fine fatto richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (e in particolare alla documentazione bancaria) in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non ponendo questa Corte in condizione di valutarne la fondatezza.

Senza sottacersi come, nonostante la formale intestazione dei motivi)le ricorrenti deducano in realtà doglianze (anche) di vizi di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’erroneità e la contraddittorietà della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Emerge invero evidente come le deduzioni delle odierne ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera inammissibile prospettazione di una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente e da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente, con distrazione ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022

 

 

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