Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 718 del 18/01/2021

Cassazione civile sez. III, 18/01/2021, (ud. 23/09/2020, dep. 18/01/2021), n.718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29419/2019 proposto da:

N.D., rappresentata e difesa dall’avv.to Stefania Santilli,

del Foro di Milano, con studio in Milano, via Lamarmora 42,

(scls.milano.pecavvocati.it), ed elettivamente domiciliata presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO n. 6741/2019, depositata

il 21/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. N.D. proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano che aveva respinto la domanda di protezione internazionale, avanzata nelle forme gradate, in ragione del rigetto dell’istanza presentata dinanzi alla competente commissione territoriale.

1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva dedotto di aver subito un esproprio illegale dei terreni di sua proprietà che erano stati illegittimamente venduti a terzi: la lite giudiziaria che ne era seguita si era conclusa per lui sfavorevolmente, ragione per cui era rimasto privo di un luogo dove vivere e lavorare.

1.2. Ha dedotto che era diffuso, nel proprio paese, il fenomeno del land – grabbing (attraverso il quale alcune imprese, anche straniere si impossessavano dei terreni, cacciando via gli occupanti locali) rispetto al quale il sistema giudiziario non forniva alcuna tutela: ha aggiunto di aver subito anche minacce ed aggressioni da parte della polizia e, temendo per la propria incolumità, era stato costretto a fuggire.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed il secondo motivo, il ricorrente deduce:

a. la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e degli artt. 2 e 3 CEDU, nonchè dell’art. 3, comma 5, lett. c) in quanto non era stato compiuto alcun giudizio comparativo fra la situazione personale del ricorrente fondato sul dovere di cooperazione istruttoria;

b. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g e art. 14, comma 1, lett. c), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte territoriale aveva erroneamente escluso che nel Senegal vi fosse una situazione di instabilità tale da comportare una minaccia grave alla vita ed alla persona del richiedente, senza avvalersi di fonti ufficiali aggiornate alla data della decisione.

1.1. Entrambe le censure sono inammissibili in quanto prospettano una richiesta di rivalutazione di merito di fatti già vagliati dal Tribunale con motivazione, in punto di credibilità, al di sopra della sufficienza costituzionale e corroborata dal richiamo alle Country Origin Informations risalenti al 2018 (e pertanto valide, in relazione alla data della decisione), specificamente indicate (cfr. pag. 6 e T del decreto impugnato), e riferite anche alla regione del Casamance (pag. 6 u. cpv. del decreto impugnato).

1.2. Le critiche prospettate, pertanto, non possono trovare ingresso in sede di legittimità (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018; Cass. 31546/2019).

2. Con il terzo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, nonchè motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria ed all’assenza di specifica vulnerabilità; denuncia altresì la nullità della sentenza per apparenza della motivazione per violazione degli artt. 112,132, art. 156, comma 2 e art. 111 Cost., comma 6.

2.1. Anche questo motivo è inammissibile.

2.2. La censura con esso prospettata si appunta, infatti, su una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale che ha esaminato analiticamente sia i rischi connessi al rimpatrio del ricorrente rispetto alle condizioni generali del

paese, correttamente esaminate sulla base di fonti ufficiali aggiornate (pag. 9 del decreto impugnato), sia l’assenza di una condizione di vulnerabilità, ricondotta alla sua condizione concreta: la Corte, infatti, ha escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie procedendo al giudizio di comparazione previsto dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità e valorizzando la condizione affettiva stabile esistente nel paese di origine (dove è presente la sua famiglia allargata con ben cinque figli) dove, prima della fuga, svolgeva una dignitosa attività lavorativa (autotrasportatore).

2.3. Tali valutazioni hanno per oggetto le emergenze istruttorie, risultano congrue e logiche (con ciò dovendosi escludere la dedotta nullità della sentenza per apparenza di motivazione) e sono relative a questioni di fatto il cui riesame non è consentito in questa sede.

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

4. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero, ex art. 370 c.p.c., comma 1, risulta irrilevante.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che non ricorrono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, in quanto il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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