Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7179 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6629/2019 proposto da:

M.A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco

Giorgetti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in

Corso Mazzini n. 100, Ancona, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 139/2019 del Tribunale di Ancona, depositato il

6/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Ancona ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da M.A.A., cittadino del (OMISSIS), il quale aveva dichiarato di esser fuggito per sottrarsi alle minacce ed aggressioni dei familiari di una ragazza di credo sciita, con cui aveva avuto una relazione, essendo egli musulmano sunnita.

Il Tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile, per la genericità e le incongruenze del racconto, ha escluso l’attualità della minaccia, trovandosi in Europa da circa dieci anni, nonchè i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ed umanitaria.

Ricorre il richiedente sulla base di tre motivi. L’Amministrazione è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6 e 7, anche in relazione all’apparenza motivazionale, nonchè al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2. Il ricorrente si duole che nel qualificare i fatti narrati come vicenda di natura privata e frutto di timori personali, il Tribunale non abbia valutato la situazione prospettata come minaccia di un danno grave in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), ed abbia posto in essere una motivazione apparente, non essendo stato effettuato alcun approfondimento istruttorio circa l’effettività della tutela apprestata dallo Stato.

2. Il motivo è inammissibile. Ed, infatti, non solo esso confonde e sovrappone l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionale con l’onere di cooperazione istruttoria dell’Ufficio, ma non incontra la decisione che ha ritenuto la narrazione generica, rispetto a nomi tempi e luoghi, ed incongrua (il ricorrente farebbe parte della maggioranza sunnita e dal suo racconto apparirebbe appartenere alla minoranza), e pertanto non credibile, e non tiene conto, poi, della giurisprudenza consolidata, di cui il ricorrente non si fa carico ex art. 360 bis c.p.c., secondo la quale il positivo vaglio relativo alla credibilità costituisce una valutazione di fatto ed, al contempo, una premessa indispensabile perchè il giudice debba dispiegare il suo intervento: le dichiarazioni che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono, infatti, alcun approfondimento istruttorio officioso (Cass. n. 5224 del 2013; n. 16925 del 2018), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente, ma non è questo il caso, dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 871 del 2017).

3. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1; D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 c-ter e vizio di motivazione, per non avere il Tribunale ritenuto sussistere i presupposti per la concessione del permesso umanitario.

4. Il motivo è inammissibile. Ed, infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte il permesso umanitario costituisce una misura residuale, per garantire le situazioni, da individuare caso per caso, nelle quali, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento della tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non possa disporsi tuttavia l’espulsione e debba provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in situazione di vulnerabilità (Cass. n. 4455 del 2018; in. 23604 del 2017; n. 15466 del 2014, n. 26566 del 2013). 5. Nella specie il giudice del merito ha escluso la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, ed il ricorrente omette di allegarla, limitandosi a richiamare la generale condizione del Paese di provenienza, ma ciò non basta in quanto il permesso umanitario presuppone la sussistenza di una condizione di vulnerabilità del singolo soggetto ed è volto a proteggere tale soggetto dal rischio di essere immesso nuovamente, in conseguenza del rimpatrio, in un contesto sociale, politico o ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili.

6. Col terzo motivo, si deduce la nullità del decreto impugnato per vizio di ultrapetizione o extrapetizione, per avere il Tribunale pronunciato sul motivo non dedotto relativo al coordinamento tra la domanda e quella presentata al giudice tedesco, ed aver così revocato il patrocinio a spese dello Stato. 7. Il motivo è inammissibile: se la qualificazione dell’istanza di protezione in termini di “domanda reiterata” rispetto a quella presentata innanzi al giudice tedesco non attiene all’oggetto del giudizio devoluto al Tribunale, le ricadute in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato esulano dal perimetro delle questioni deducibili in sede di ricorso per cassazione, dovendo esser censurate col regime dell’opposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170.

8. Non va provveduto sulle spese, dato il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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