Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7177 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 29/03/2011), n.7177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

SERVIZI TECNOLOGICI ALLE IMPRESE s. coop. a r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione 02, n. 187, depositata il 20 novembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione 02, n. 187, depositata il 20 novembre 2006, che, accogliendo l’appello della s. coop. a r.l. Servizi tecnologici alle imprese, ha annullato l’avviso di recupero, emesso nel 2004, del credito d’imposta ad essa riconosciuto per gli investimenti nelle aree svantaggiate, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8. Il giudice d’appello ha infatti ritenuto che l’omesso tempestivo invio della comunicazione dei dati come prescritto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), non comporta la decadenza dal beneficio, ostandovi la previsione del divieto di retroattività della norma tributaria, di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 3 e 1, disposizioni aventi il carattere di norma di valenza superiore.

La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene due motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Con i due motivi del ricorso l’amministrazione censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge, per aver ritenuto che la difformità del termine fissato dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a), rispetto al termine di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2002, art. 3, comma 2, comporti l’inefficacia della prima previsione, nonchè l’illegittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta fondato sul mancato rispetto del termine da essa fissato, e per aver ritenuto che la prescrizione di un’apposita comunicazione in via telematica nel termine di cui alla detta L. n. 289 del 2002, art. 62, non sia prevista a pena di decadenza dal beneficio, essendo sufficiente la mera indicazione dell’investimento e del credito d’imposta, come originariamente previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 5.

Questa Corte ha affermato che “l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit., a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica” (Cass. n. 3578 del 2009);

la Corte ha altresì affermato che, “in teina di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e) – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonchè quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 3 (c.d. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa” (Cass. n. 19627 del 2009).

La Corte ha, in particolare, chiarito che “le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria;

conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse: in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2″ (Cass. n. 8254 e n. 19627 del 2009).

Si ritiene pertanto che, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., comma 1, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente;

che le spese di lite possono essere compensate, essendosi formato l’orientamento giurisprudenziale di riferimento successivamente all’introduzione del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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