Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7177 del 12/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7177 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 20723-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del

F

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente fRcJ
Pgcu fE12- 9

contro
IOIME UGO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE
MILIZIE N. 22, presso lo studio dell’Avvocato ALESSANDRO
FUSILLO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale; •

– contro ricorrente e ricorrente incidentale ricorrenti incidentali

M()

Data pubblicazione: 12/04/2016

ki

avverso

la sentenza n. 414/04/2014 della COMMISSIONE

TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 16/07/2013, depositata

il 28/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/02/2016 J21 Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate ricorre contro Ioime Ugo, per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava
l’appello proposto dall’Ufficio nei confronti della sentenza di primo grado che
aveva accolto la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal contribuente con
riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro sulle somme
corrisposte quale incentivo alle dimissioni; domanda basata sul contrasto accertato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 21.7.05, in causa
C-207/04 – tra la Direttiva comunitaria 76/207 CE e la disposizione dettata
dall’articolo 19, comma 4 bis, TUIR.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale andava confermata la decisione
resa dal giudice di primo grado che aveva ritenuto la decorrenza del termine di
decadenza a far data dalla sentenza della Corte di Giustizia del luglio 2005 e
dunque la tempestività della domanda di rimborso.
Con la proposta censura la parte ricorrente censura la sentenza gravata
denunciando la violazione dell’art.38 dPR n.602/73 e dell’art.21
digs.n.546192, applicabile alla fattispecie ad onta di quanto sostenuto dalla
CTR, in quanto dotato di portata generale, nemmeno potendosi ipotizzare che la
decorrenza del termine decadenziale dipendesse dalla non conformità della
normativa interna a quella UE.
La parte contribuente, costituitasi con controricorso e ricorso incidentale
affidato ad un unico motivo, ha dedotto l’infondatezza del ricorso e in via
incidentale ha insistito per l’inammissibilità dell’atto di appello proposto
dall’Agenzia in quanto privo di specificità, evidenziando che la CTR non aveva
esaminato tale eccezione. La parte contribuente ha pure depositato memoria.
Il ricorso incidentale proposto dalla parte contribuente, che va esaminato con
priorità è manifestamente infondato.
Questa Corte è ferma nel ritenere che nel processo tributario, la riproposizione
in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa
dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento
della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di
impugnazione imposto dall’art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ben
potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata
nella sua interezza.-cfr.Cass.14908/2014-. Nel caso di specie l’impugnazione
proposta dall’Agenzia, riprodotta dalla ricorrente incidentale, rispondeva ai
minimali requisiti richiesta per l’ammissibilità del gravame sopra indicati.
Ciò posto, è fondato il ricorso principale.
Giova premettere che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte la
Ric. 2014 n. 20723 sez. MT – ud. 03-02-2016
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CONTI;

Ric, 2014 n. 20723 sez. MT – ud. 03-02-2016
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richiesta di rimborso delle ritenute di IRPEF effettuate, come sostituto
d’imposta del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 23, da datore di lavoro
diverso da un’Amministrazione statale, sulle somme a vario titolo corrisposte al
dipendente trova la sua disciplina nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38,
e va quindi presentata dal dipendente percipiente nel termine in esso fissato
rispetto alla data in cui la ritenuta è stata operata.Infatti,l’art. 37 del medesimo
decreto regola la diversa ipotesi della “ritenuta diretta”, che si verifica per le
sole Amministrazioni dello Stato, cui è concesso di avvalersene nei confronti
dei dipendenti, per attuare una compensazione fra il credito
dell’Amministrazione stessa e il credito del contribuente (Cass.n.582/2010 che
richiama Cass. nn. 12810 del 2002, 7957, 10344 e 18701 del 2004, 5664 e
11987 del 2006).
Ciò posto, la questione di diritto proposta dalla presente causa dall’Agenzia
ricorrente è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.
13676/14. Si è in tale occasione affermato il principio che, nel caso in cui
un’imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una
sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il termine di decadenza
previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi, articolo 38 d.P.R
n. 602 del 1973) per l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la
presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento
dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che
ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento UE.
Si è pure aggiunto che allorché un’imposta sia stata pagata sulla base di una
norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione
europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
“overruling” non sono ínvocabili per giustificare la decorrenza del termine
decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di
giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne
operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dall’art. 38 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dovendosi ritenere prevalente una esigenza di
certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate
tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo
indeterminato dei relativi rapporti.
Nessun impedimento esisteva per il contribuente di esercitare il diritto al
rimborso a far data dall’epoca dell’erogazione delle somme in suo favore. Sul
punto, infatti, le ricordate S.U. hanno ribadito la correttezza dell’orientamento
espresso in passato da questa Corte circa la «decorrenza del termine comunque
dal giorno successivo al versamento poi rivelatosi indebito» ed hanno
richiamato i principi affermati con le proprie pronunce sul tema della
decorrenza del termine decadenziale nel caso di ritardata trasposizione di una
direttiva comunitaria self executing, principi successivamente confermati- Cass.
4670 e n. 13087 del 2012- con riguardo anche all’ipotesi in cui l’incompatibilità
del diritto interno con il diritto dell’Unione sia stata dichiarata con sentenza
della Corte di giustizia. Ora, proprio la giurisprudenza richiamata dalle Sezioni
Unite aveva avuto modo di precisare che la disposizione dell’art. 2935 cod. civ.,
a cui tenore «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
può essere fatto valere» deve intendersi «con riferimento alla [solai possibilità
legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le eccezioni stabilite
dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del

diritto» . D’altra parte, tra gli impedimenti “di fatto”, va annoverato anche la
presenza di una norma di diritto nazionale incompatibile con il diritto
comunitario, posto che il contrasto tra la norma di diritto interno e quella
comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base di tale
premessa, è tenuto a non darle applicazione, anche quando sia stata emanata in
epoca successiva a quella comunitaria».
Alla stregua dei principi espressi dalle Sezioni Unite e sopra sunteggiati -che il
Collegio condivide agli stessi rimettendosi integralmente ad onta delle pur
puntuali diverse argomentazioni esposte dalla parte controricorrente che non
possono condividersi- il ricorso deve essere accolto, non essendosi ad essi la
C’TR conformata e la sentenza gravata va cassata.
La causa può essere decisa nel merito, risultando che a fronte del versamento
delle somme al contribuente effettuato nei primi mesi dell’anno 2004- cfr.pag.2
controricorso- l’istanza di rimborso venne presentata il 3.2.2009—v.pag.3
controricorso- -e dunque ben oltre il termine quadriennale di decadenza previsto
dal ricordato art.38.
Sulla base di tali considerazioni il ricorso principale va accolto e quello
incidentale deve essere rigettato. La sentenza impugnata va quindi cassata con
decisione nel merito, ex art.384 c.p.c., di rigetto del ricorso introduttivo della
parte contribuente.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza
impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della parte
contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del
dPR n.115/2002 per il versamento da parte della ricorrente incidentale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso il 3.2.2016 nella camera di consiglio della sesta sezion civile in

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