Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7174 del 21/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/03/2017, (ud. 10/01/2017, dep.21/03/2017),  n. 7174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20909-2015 proposto da:

R.A. C.F. (OMISSIS), RI.CL. C.F. (OMISSIS),

RO.PA. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE DI GENESIO

PAGLIUCA, rappresentati e difesi dall’avvocato ALESSANDRO CIACCIA,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

COMUNE PESCOROCCHIANO C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONCALLAZIONE

TRIONFALE, 1, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

nonchè contro

AZIENDA SERVIZI MUNICIPALIZZATI VALLE DEL SALTO S.R.L. C.F.

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1308/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/02/2015 r.g.n. 10008/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2017 dal Consigliere Dott. TORRICE AMELIA;

udito l’Avvocato ALESSANDRO CIACCIA;

udito l’Avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli odierni ricorrenti avevano convenuto in giudizio il Comune di Pescorocchiano e la Valle del Salto Multiservizi srl, per chiedere: la nullità o l’inefficacia del licenziamento intimato in forma orale il (OMISSIS), la condanna del Comune alla reintegrazione nel posto di lavoro in precedenza occupato ed al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegrazione, l’accertamento della illegittimità della condotta tenuta dal Comune e la condanna del medesimo al risarcimento dei danni morali e patrimoniali.

2. Il Tribunale respinse il ricorso e la Corte di Appello di Roma, adita dai lavoratori in via principale e dal Comune in via incidentale, ha rigettato entrambi gli appelli.

3. La Corte territoriale ha ritenuto che:

4. non poteva ritenersi validamente costituito un rapporto di lavoro subordinato tra i lavoratori e la società Valle del Salto Multiservizi srl in quanto detta società non aveva mai acquistato la personalità giuridica a causa della mancata tempestiva iscrizione nel registro delle imprese; sia la stipula dei contratti a tempo determinato che la successiva trasformazione dei medesimi in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato erano intervenuti quando era già scaduto il termine di novanta giorni dalla costituzione della società ed erano compiuti da un soggetto ( L.) che non aveva alcun potere di spendere il nome della società avendo immediatamente rinunciato, già il 16.1.2008, alla carica di vicepresidente della società;

5. l’artt. 2331 c.c., applicabile alle società a responsabilità limitata per effetto del richiamo operato dall’art. 2643 c.c., u.c., afferma in maniera inquivocabile che la società acquista personalità giuridica solo con l’iscrizione nel registro delle imprese e che, qualora detta iscrizione non avvenga entro novanta giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo, quest’ultimo perde efficacia;

6. avendo l’iscrizione nel registro delle imprese natura costitutiva, i rapporti obbligatori eventualmente sorti prima della conclusione dell’iter procedimentale delineato dagli artt. 2330 e 2331 c.c., non possono essere riferiti alla società;

7. la fattispecie dedotta in giudizio non era sussumibile entro la previsione contenuta nell’art. 2384 c.c., sia perchè la disposizione postula l’acquisto della personalità giuridica, sia perchè essa è applicabile in relazione ai limiti del potere di rappresentanza concesso all’amministratore mentre nella fattispecie il L. aveva agito in totale carenza di poteri;

8. non poteva ritenersi validamente costituito un rapporto di lavoro subordinato tra i lavoratori e il Comune in quanto nessuno degli organi rappresentativi dell’Ente era intervenuto nella costituzione dei rapporti, avvenuta quando l’atto costitutivo della società aveva ormai perso efficacia, con conseguente venir meno della responsabilità gravante sul socio unico ex art. 2331 c.c.;

9. in ogni caso la costituzione di rapporti di lavoro non poteva avvenire fuori dalle procedure previste dal D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 36.

10. l’appello incidentale proposto dal Comune era infondato perchè il giudice di primo grado aveva fatto corretta applicazione dell’art. 92 c.p.c., nel testo applicabile”ratione temporis”.

11. Avverso detta sentenza i ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso il Comune di Pescorocchiano.

12. La Valle del Salto Multiservice s.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi di ricorso.

13. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione o falsa applicazione degli artt. 2331 e 2332 c.c., per non avere la Corte territoriale considerato, così incorrendo nel vizio di “omessa pronuncia su un punto decisivo ai fini della decisione”, che nella fase cautelare e nel giudizio di primo grado era rimasta accertata sia la legittimazione passiva del Comune sia l’esistenza giuridica della Società Multiservizi, e per avere la Corte territoriale qualificato come condizione risolutiva il decorso del termine di novanta giorni dalla stipula dell’atto costitutivo.

14. Asseriscono che, per effetto del D.Lgs. n. 6 del 2003, modificante l’art. 2332 c.c., sono state drasticamente ridotte le ipotesi di nullità della società, è stata prevista una ipotesi di sanatoria generale delle situazioni di nullità, attraverso l’eliminazione della causa e della sua pubblicazione nel registro delle imprese (art. 2332 c.c., comma 5), è stata prevista solo una sanzione amministrativa nel caso di inosservanza del termine di venti giorni previsto per il deposito dell’atto costitutivo presso il registro delle imprese da parte del Notaio o degli amministratori, è stato soppresso il giudizio di omologazione da parte del Tribunale e della attribuzione al Notaio dei poteri di controllo sulla regolare costituzione e sulla conformità alla legge delle società. Sostengono che non è prevista alcuna sanzione in relazione ai casi di ritardo dell’iscrizione nel registro delle imprese.

15. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 2331 c.c., comma 2 e il D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 36, in relazione all’art. 1399 c.c.. Assumono che la Corte territoriale avrebbe aggirato “il delicato problema dei rapporti tra procedimento amministrativo di collocamento e la conclusione dei contratti de quibus”; non avrebbe adeguatamente considerato che i rapporti di lavoro erano stati formalmente instaurati e le prestazioni rese, per tal via violando il loro diritto all’assunzione conseguente al legittimo avviamento al lavoro. I ricorrenti asseriscono che il limite principale della sentenza impugnata sarebbe costituito dall’avere considerato e trattato i rapporti di lavoro instaurati ed intercorsi tra essi ricorrenti e la società Multiservizi alla stregua di un qualsiasi contratto “iure privatorum” sottoposto alla condizione risolutiva del verificarsi dell’iscrizione della società che li aveva assunti nel registro delle imprese. Sostengono che non sarebbe decisivo il richiamo al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 35 e 36, sul rilievo che la regola del pubblico concorso può essere derogata in relazione alle assunzioni relative a qualifiche e profili per i quali, come nel caso dedotto in giudizio, è previsto il solo requisito del possesso del titolo della scuola dell’obbligo. Lamentano che la Corte territoriale avrebbe anche omesso di valutare la rilevanza giuridica dei provvedimenti amministrativi e dei comportamenti per fatti concludenti attestanti l’avvenuta ratifica dell’operato del “falsus procurator” e la fondatezza delle domande risarcitorie proposte in via subordinata. Si dolgono, in particolare, che non sarebbero stati esaminati la mancata impugnazione delle delibere consiliari di istituzione della Mutiservice, la delibera giuntale n. 177 del 2007 relativa alla nomina del dr. M.S. come Amministratore Unico e la delibera del 21.5.2008 con la quale questi era stato nominato liquidatore della Multiservizi. Sostengono che ai sensi dell’art. 2331 c.c., comma 2, il Comune avrebbe dovuto essere riconosciuto responsabile per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione nel registro delle imprese e a tal fine deducono l’irrilevanza della natura pubblica o privata del socio unico fondatore.

16. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c e art. 2697 c.c., e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 2, e alla L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 15, per avere la Corte territoriale ritenuto assorbente il mancato accoglimento delle domande volte alla costituzione dei rapporti di lavoro rispetto alle domande di riammissione in servizio e di risarcimento dei danni. Ribadite le prospettazioni difensive svolte nel secondo motivo in ordine alla erronea esclusione della possibilità di costituire rapporti di lavoro fuori dalle procedure concorsuali; i ricorrenti deducono di avere già lavorato per il Comune dal 20.12.2005 al 26.4.2007, sino, dunque, al giorno precedente l’assunzione presso la Multiservizi e affermano che il giudice ordinario può disapplicare gli atti amministrativi e adottare tutti provvedimenti previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1.

17. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, nullità della sentenza, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, per non avere la Corte territoriale esaminato, nemmeno “incidenter”, la domanda volta all’accertamento della nullità dei licenziamenti intimati oralmente e per averla ritenuta assorbita dal rigetto delle domande volte alla costituzione dei rapporti di lavoro in capo al Comune. Affermano che sarebbe acquisita ed inconfutabile la circostanza che essi ricorrenti avevano reso le prestazioni lavorative in favore del Comune e che sarebbe altrettanto inconfutabile la circostanza che l’Azienda Servizi Municipalizzati Valle del Salto srl rientrava nel modello organizzativo “in house providing” con la conseguenza che essa, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia, costituiva “longa manus” del Comune in capo al quale dovevano ritenersi tutti i rapporti giuridici sorti in capo alla società.

18. Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, e dei contratti e degli accordi collettivi nazionali di lavoro e degli artt. 4 e 36 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto assorbite e, comunque, infondate le domande risarcitorie in conseguenza della esclusione della validità della trasformazione dei rapporti disposta in nome e per conto di una società inesistente da parte di un soggetto privo del potere di vincolare la società ed il Comune.

19. Lamentano che la Corte territoriale, pur avendo concesso termine per la possibile conciliazione della controversia, aveva omesso di considerare che il Comune era ricorso a costose procedure di assunzione provvisoria di personale invece di mantenere in servizio essi ricorrenti in qualifiche non previste nella pianta organica del Comune. Asseriscono che il diritto al risarcimento del danno troverebbe fondamento e titolo nell’art. 36 Cost..

Esame dei motivi.

20. Il primo ed il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente sono infondati.

21. E’ inammissibile la censura (primo motivo) di “omessa pronuncia” su un punto decisivo ai fini della decisione, atteso che i ricorrenti non hanno specificato di avere sottoposto alla Corte territoriale la questione, non trattata nella sentenza impugnata, relativa agli accertamenti della fase cautelare concernenti la legittimazione passiva del Comune e dell’esistenza giuridica della Società Multiservizi (Cass. 206782016, 8266/2016, 7048/2016, 5070/2009).

22. Le affermazioni contenute nella sentenza impugnata in ordine alla inesistenza della società Valle del Salto Multiservizi costituiscono corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, ed ai quali va data continuità, secondo cui a norma dell’art. 2331 c.c., comma 1 e comma 4, venendo a giuridica esistenza le società a responsabilità limitata solo con l’iscrizione nel registro delle imprese, i rapporti giuridici eventualmente sorti prima della iscrizione nel registro delle imprese non possono essere riferiti alla società (Cass. 15096/2015, 5936/2015, 13827/2012).

23. Va al riguardo osservato che prima di tale momento non sussistono, infatti, la struttura organizzativa e l’impianto normativo di regolamentazione delle decisioni e che, diversamente da quanto opinano i ricorrenti (primo motivo), è del tutto privo di rilievo il fatto che le disposizioni in tema di inesistenza e di nullità delle società siano di stretta interpretazione, atteso che la regola vale solo una volta che ne sia avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese (Cass. 22560/2015). Il legislatore si è occupato degli effetti che la stipula dell’atto costitutivo è in grado di produrre nel periodo antecedente l’iscrizione con disposizioni riguardanti principalmente la sfera soggettiva di coloro che partecipano alla fase di costituzione della società.

24. E’ stato, infatti, previsto con l’art. 2331, comma 2, nel testo applicabile “ratione temporis”, che per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito e “…sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell’atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell’operazione”, e che (art. 2331, comma 3) qualora successivamente all’iscrizione la società abbia approvato un’operazione prevista dai precedente comma, è responsabile anche la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito.

25. Le prospettazioni difensive esposte nel secondo motivo mirano a contestare la rigorosa ricostruzione operata dalla Corte territoriale che ha correttamente, per quanto appena considerato, affermato l’inesistenza giuridica della società per la mancata iscrizione nel registro delle imprese ha accertato, con statuizione non oggetto di censura, che la stipulazione dei contratti a tempo determinato, al pari della trasformazione in contratti a tempo indeterminato, con gli odierni ricorrenti erano avvenute successivamente alla scadenza del termine di novanta giorni previsto dall’art. 2331 c.c., comma 4.

26. Va rilevato che la sentenza impugnata non è oggetto di alcuna censura nella parte in cui ha accertato che i ricorrenti erano stati assunti da un soggetto che non aveva alcun potere di agire per conto della società, avendo rinunciato alla carica dì vicepresidente contestualmente alla sua nomina, e nella parte in cui ha escluso l’applicabilità dell’art. 2384 c.c., alla fattispecie dedotta in giudizio sulla scorta dell’accertamento in fatto, anche questo non censurato, che il medesimo avesse agito in totale carenza del potere rappresentativo, oltrechè dal fatto che la società non era mai venuta a giuridica esistenza.

27. Ebbene alle puntuali e rigorose statuizioni contenute nella sentenza i ricorrenti (secondo motivo), si oppongono raffermando di essere stati avviati dall’UPLMO e, pretendendo che l’assunzione avvenne “per atti amministrativi” (delibera di costituzione della Multiservizi e di nomina dei suoi organi) e per fatti concludenti (utilizzazione delle prestazioni di lavoro da parte del Comune) affermano che avrebbe dovuto essere tutelato il loro legittimo affidamento e ribadiscono la tesi della responsabilità del Comune quale socio unico fondatore nei casi di mancata o ritardata costituzione della società.

28. Siffatta prospettazioni non sono idonee a mettere in discussione le statuizioni sopra richiamate, le quali, va ribadito, sono conformi ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, e non valgono a mettere in discussione la affermata impossibilità di costituire rapporti di lavoro di impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione fuori dalla regola del concorso pubblico.

29. La costituzione di rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è, infatti, esclusa dalla regola generale imposta dall’art. 97 Cost., che prevede che il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, anche delle Regioni, pure se a Statuto speciale (Corte Cost. 180/2015, 134/2014, 277/2013; Cass. SSUU 4685/2015; Cass. 25749/2016, 24808/2015, 25165/2015), e che ammette deroghe solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, individuate dal legislatore nell’esercizio di una discrezionalità non irragionevole, che trova il proprio limite specifico nella necessità di meglio garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione (C. Cost. 134/2014, 217/2012, 310/2011, 9/2010, 293/2009, 215/2009, 81/2006, 190/2005).

30. In conclusione deve affermarsi che l’eventuale prestazione di lavoro in favore del Comune mai avrebbe potuto determinare la costituzione di rapporti di lavoro non essendo sufficiente la sola circostanza che i ricorrenti fossero stati avviati dall’UPLMO, si badi, non in capo al Comune ma alla società.

31. Il terzo ed il quarto motivo, che attengono alle questioni relative alla validità del licenziamento, cioè a fatti che non riguardano il Comune, estraneo ai rapporti di lavoro sono assorbiti dalle considerazioni svolte nei punti che precedono. La responsabilità del Comune come socio unico o come procuratore mandante in colpa è stata negata in modo secco dalla sentenza sulla scorta di accertamenti in fatto, non contestati, nè contestabili in sede di legittimità, come innanzi evidenziato. La tesi dei ricorrenti che mira a ricondurre la vicenda alla responsabilità del Comune, socio unico di “società in house” non è formulata in questa sede in maniera autosufficiente e coerente con il vizio denunziato, che addebita alla sentenza omesso esame non di un fatto storico ma del rilievo pubblicistico che avrebbe la società in house, la quale, però non è mai venuta a giuridica esistenza, come già ribadito.

32. Il quinto motivo è infondato perchè alla accertata estraneità del Comune alle attività poste in essere da soggetto privo di legame con il Comune stesso, che mai aprì ad un legittimo affidamento verso i lavoratori (non risulta essere mai stata adombrata una condotta inducente in errore questi ultimi) e prima ancora con la società, non poteva che conseguire il rigetto delle domande risarcitorie formulate nei confronti del Comune.

33. Le spese seguono la soccombenza.

34. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte;

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del Comune, liquidate in Euro 3.000,00, per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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