Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7173 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 409 /2019 proposto da:

S.J., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Giorgetti,

presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Corso Mazzini

n. 100, Ancona, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 12614/2018 del Tribunale di Ancona, depositato

l’11/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/02/2020 dal Cons. Dott. MARIA GIOVANNA SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto depositato l’11 novembre 2018 il Tribunale di Ancona ha rigettato delle istanze di protezione internazionale avanzate da S.J., cittadino (OMISSIS), il quale aveva narrato di esser fuggito per aver ricusato di aderire alla setta degli (OMISSIS), dopo aver assistito alle cruente pratiche tribali sulle spoglie del proprio padre, che ne faceva parte. Il ricorrente precisava di esser stato minacciato, di aver avuto quindi un incidente stradale e dolori addominali, che, secondo lo stregone consultato, erano dovuti a malefici degli appartenenti a quella setta.

Il Tribunale ha ritenuto il richiedente non credibile, ha escluso la sussistenza della situazione di violenza indiscriminata in conflitto armato nella (OMISSIS) di sua provenienza ed ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Ricorre il richiedente sulla base di tre motivi. L’Amministrazione ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce la nullità del decreto impugnato per vizio di ultrapetizione o extrapetizione: il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, lamenta il ricorrente, è avvenuto senza che egli avesse avanzato domanda in tal senso.

2. Il motivo è inammissibile. Questa Corte ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 13395 del 2018) che nel giudizio d’impugnazione “l’interesse ad agire postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione”. Tale pregiudizio va apprezzato in relazione all’utilità giuridica che può derivare alla parte che propone impugnazione dall’eventuale suo accoglimento. Nella specie, è ben evidente che, secondo la stessa impostazione della censura, non avendo il ricorrente proposto domanda di rifugio politico, lo stesso non è soccombente al riguardo, e dunque la cassazione in parte qua del decreto non può per lui comportare alcuna utilità alle ragioni sostanziali da lui fatte valere.

3. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 14, lett. c), l’omesso esame di un fatto decisivo ed il vizio di motivazione, deducendo che il decreto non ha accertato la dedotta sussistenza di una situazione di instabilità politica e di violenza indiscriminata nel Paese di origine.

4. Il motivo è inammissibile, perchè non incontra la decisione, che, proprio all’esito di plurime fonti consultate, in attuazione dei poteri istruttori d’ufficio, ha escluso (pag. sei penultimo capoverso e nove punto 5.5.) la ricorrenza del caso della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) coerentemente alle indicazioni dei più recenti reports sulla regione dell'(OMISSIS), puntualmente indicati, ed al lume di principi affermati dalla Corte di Giustizia UE (17 febbraio 2009, Elgafaji, C465/07, e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018). Tale accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, che non può esser qui sindacato, con la contrapposizione di valutazioni difformi. In particolare, la sub-censura con cui si denuncia il vizio motivazionale è inammissibile tenuto conto che, a seguito della modifica di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, tale vizio non risulta più deducibile con ricorso per cassazione.

5. Col terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, art. 6, comma 6 e art. 14, comma 1, lett. b) e vizio di motivazione, per non avere il Tribunale ritenuto sussistere l’esistenza di un danno grave dovuto alle minacce di subire un trattamento inumano e degradante.

6. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente non considera che il Tribunale non solo ha ritenuto la vicenda narrata non credibile, tenuto pure conto che le fonti consultate indicano che l’adesione alla setta degli (OMISSIS) è in linea di principio volontaria, ma ha, anche, aggiunto che il ricorrente non si è attivato per chiedere protezione alla polizia. Anche in questo caso il motivo è avulso dalla decisione.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 2 bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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