Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7172 del 21/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 21/03/2017, (ud. 22/12/2016, dep.21/03/2017),  n. 7172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2106-2015 proposto da:

S.E. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA TARANTO 44, presso lo studio dell’avvocato FELICE FAZIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AMA AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI, 13, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO PALLINI, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3752/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/01/2014 R.G.N. 3948/10;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. CINQUE GUGLIELMO;

udito l’Avvocato FILIPPO BOVE per delega orale Avvocato FELICE FAZIO;

udito l’Avvocato MASSIMO PALLINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza n. 3752/2013 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale capitolino n. 16792/2009 con la quale era stata respinta la domanda proposta da S.E. volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità, nullità e invalidità del licenziamento intimato con determinazione dell’amministratore delegato dell’AMA del 19.9.2006 e la condanna dell’Azienda Municipale Ambiente alla reintegrazione nel posto di lavoro nonchè al risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale, per quello che interessa in questa sede, ha ritenuto corrette e condivisibili le considerazioni e le conclusioni del Tribunale circa l’allontanamento non giustificato dal posto di lavoro, in data 29.7.2006, da parte dello S., evidenziando che: a) erano state fornite diverse versioni dei fatti in merito al suddetto allontanamento; b) le varie versioni erano state ritenute inattendibili e mendaci da ben tre giudici in sede cautelare; c) l’assoluzione di B.I., Sa.Lu. e S.E., dal reato di cui agli artt. 110 e 372 c.p.c., non vincolava la decisione nel caso de quo sia perchè non passata in giudicato sia perchè inopponibile all’AMA che non aveva partecipato al procedimento penale; d) inoltre il Tribunale penale si era espresso con formula dubitativa rispetto alla falsità delle dichiarazioni rese dagli imputati; e) in ogni caso, l’addebito posto a base del licenziamento risultava comunque sussistente in tutta la sua gravità; f) le argomentazioni sulla mancanza in concreto di danno erano irrilevanti ai fini di verificare il venir meno dell’elemento fiduciario nel futuro corretto adempimento della prestazione.

3. Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione S.E. affidato a un unico articolato motivo di gravame.

4. Resiste con controricorso l’Azienda Municipale Ambiente spa.

5. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con l’unico articolato motivo il ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la motivazione della pronuncia della Corte distrettuale era solo apparente e, in subordine, esclusa l’apparenza, era comunque incoerente e manifestamente illogica. Deduce, in sostanza, che i giudici di merito: a) erroneamente avevano ritenuto pacifici una serie di fatti non contestati;

b) erroneamente avevano ritenuto contraddittorie le diverse versioni fornite nelle varie fasi del giudizio da esso ricorrente; c) erroneamente avevano attribuito una rilevanza probatoria a lui sfavorevole circa la tardiva produzione del certificato medico del dr. Sa. del 29.7.2009 avvenuta solo in fase di reclamo; d) erroneamente avevano giudicato contraddittorie le deposizioni dei testi B. e Sa.; e) erroneamente avevano dato rilevanza alla mancata intimazione a testimoniare della dott.ssa G. escussa in sede penale; f) erroneamente avevano giudicato ininfluente e non vincolante la sentenza penale di assoluzione dei testi di parte ricorrente escussi in prime cure e ritenuti inattendibili nonostante il loro proscioglimento; g) erroneamente avevano ritenuto che, a prescindere dalla inattendibilità dei testimoni a favore dello S., comunque i fatti contestati avrebbero giustificato il licenziamento perchè, sebbene colto da improvviso malore, esso ricorrente avrebbe potuto tenere una condotta diversa timbrando il cartellino e avvisando i superiori; h) erroneamente avevano ritenuto che i fatti integrassero anche il reato di truffa sebbene non vi fosse stata alcuna querela nè alcun procedimento penale nei suoi confronti; i) erroneamente avevano considerato irrilevanti l’assenza di danno prodotto e la mancanza di precedenti disciplinari.

7. Il motivo è infondato.

8. Come è pacifico si ha carenza di motivazione nella sua duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente solo quando il giudice del merito ometta di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero indica tali elementi senza però una approfondita disamina logica e giuridica, ma non anche nel caso di valutazione della circostanza probatoria in senso difforme da quello preteso dalla parte (Cass. Sez. Un. n. 26825 del 21.12.2009).

9. Si ha motivazione insufficiente, invece, nelle ipotesi di obiettiva deficienza del criterio logico che ha indotto il giudice del merito alla formulazione del proprio convincimento ovvero di mancanza di criteri idonei a sorreggere e a individuare con chiarezza la ratio decidendi (cd. apparente), ma non anche quando vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte sul valore o sul significato attribuito dal giudice di merito agli elementi delibati (Cass. n. 24985 del 24.11.2006).

10. Nel caso in esame, contrariamente a quanto ritenuto nel ricorso, la Corte territoriale non è incorsa assolutamente nei vizi di motivazione omessa, insufficiente o apparente.

11. Tutte le circostanze che si assumono trascurate sono state invece adeguatamente tenute presenti dai giudici di seconde cure e hanno condotto gli stessi a ritenere la sussistenza degli addebiti disciplinari mossi mediante argomentazioni idonee a rivelare la ratio decidendi, senza che sia ravvisabile alcuna anomalia motivazionale che si possa tramutare in violazione di legga costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).

12. Quanto, infine, ai denunziati profili di incoerenza e di manifesta illogicità della pronuncia impugnata, va rimarcato che, in tema di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 54, (applicabile nel caso di specie), deve escludersi la sindacabilità in sede di legittimità della correttezza logica della motivazione di idoneità probatoria di una determinata risultanza processuale, non avendo più autonoma rilevanza il vizio della contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014; Sez. 6-5 ord. n. 16300 del 16.7.2014; sent. n. 1435/2014).

13. In realtà, nella fattispecie concreta, il ricorrente si è limitato a richiedere, a questa Corte, di inferire dalle risultanze probatorie già vagliate dal giudice di merito una conclusione diversa e favorevole in ordine alla condotta dallo stesso posta in essere.

14. Il ricorso si risolve, pertanto, in una richiesta di riesame di merito delle risultanze istruttorie, notoriamente precluso nel giudizio di cassazione.

15. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere respinto.

16. Al rigetto del ricorso segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 13, comma 1 quater, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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