Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7170 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7170

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 882/2019 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato Daniela Vigliotti giusta procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO depositato il 22/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

4/2/2020 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto in data 22 novembre 2018 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso proposto da A.F., cittadina (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiata, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria.

In particolare il Tribunale, reputato non credibile il racconto della migrante (la quale aveva dichiarato di essersi allontanata dal paese di origine per sfuggire alle intenzioni del genitore del compagno di ucciderla, dato che lo aveva scoperto mentre eseguiva riti (OMISSIS)), escludeva il ricorrere dei presupposti per riconoscere il diritto al rifugio o la protezione sussidiaria, tenuto conto peraltro che la difficile situazione legata a (OMISSIS) era contrastata e comunque risultava diffusa soltanto in zone lontane da (OMISSIS) o dall'(OMISSIS).

Il collegio di merito escludeva inoltre che ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, perchè, a prescindere dalla situazione dei figli minorenni, alla quale era legato un altro tipo di tutela, la ricorrente non aveva raggiunto un livello di integrazione nel paese di accoglienza, di cui non parlava la lingua e dove non lavorava stabilmente.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso A.F. prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 T.U.I. e della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto il giudice di merito non avrebbe riconosciuto alla richiedente asilo la protezione umanitaria nonostante i legami familiari presenti in Italia, dato che la stessa era madre di tre figli minori con lei presenti sul territorio nazionale.

3.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in quanto il Tribunale non avrebbe riconosciuto la protezione sussidiaria in ragione della situazione sociopolitica esistente nel paese di provenienza, omettendo in proposito di assolvere l’obbligo di cooperazione istruttoria a cui era tenuto.

3.3 Con il terzo motivo il decreto impugnato è censurato, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I. e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 perchè il Tribunale non avrebbe concesso alla ricorrente la protezione umanitaria a motivo della situazione socio-politica del paese di provenienza, omettendo anche sotto questo profilo di assolvere il dovere di cooperazione istruttoria.

3.4 Il quarto motivo di ricorso assume, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 Convenzione di Ginevra del 1951 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, nonchè della Convenzione Europea sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica dell'(OMISSIS), perchè il collegio di merito avrebbe negato alla migrante lo status di rifugiata sebbene fosse stata vittima di tratta.

4. Il quarto motivo di ricorso, da cui occorre prendere le mosse per priorità logica, è inammissibile.

La ricorrente si duole della mancata valorizzazione, ai fini del riconoscimento del diritto al rifugio, della sua condizione di vittima di tratta.

La stessa ricorrente tuttavia ha prospettato – come indicato dal Tribunale nel ricordare le dichiarazioni rese al giudice istruttore – di aver “in parte esercitato la prostituzione” in (OMISSIS), quando era stata rimpatriata.

Nessun accenno è stato fatto al protrarsi, in epoca successiva, di questa condizione, sicchè va escluso che la stessa assuma rilievo decisivo, essendo priva di attualità.

5. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve perciò essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. 13449/2019).

A fronte del dovere del richiedente asilo di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche della regione di provenienza del medesimo doveva quindi avvenire, anche mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si disponeva pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il collegio di merito non poteva invece limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui venivano tratte le conclusioni assunte (Cass. 13897/2019).

Il Tribunale non si è ispirato a simili criteri quando si è limitato a rappresentare che “in (OMISSIS) la difficile situazione legata a (OMISSIS) è contrastata e comunque diffusa solo in zone lontane da (OMISSIS) o (OMISSIS)”, in quanto una simile valutazione, di tenore del tutto generico, è stata compiuta in maniera apodittica, senza la citazione di alcuna fonte internazionale di riferimento, onde consentire alle parti di controllare il loro specifico contenuto e la loro effettiva attualità.

6. Il primo motivo di ricorso è parimenti fondato.

Risulta dal tenore del provvedimento impugnato che la ricorrente, presentatasi in stato interessante in sede di audizione giudiziale, fosse all’epoca già madre di due figli, avuti da un compagno oramai deceduto e quindi affidati alle sue sole cure.

Una simile condizione giustificava il riconoscimento della situazione di vulnerabilità riconnessa alla protezione minore richiesta.

In vero tra i soggetti vulnerabili di cui al del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 25, comma 1, lett. b, n. 1, rientrano espressamente anche i “genitori singoli con figli minori”, sicchè, accertata la relativa situazione di fatto, essi hanno diritto di accedere alla detta protezione (Cass. 18540/2019).

Rimane di conseguenza assorbito il terzo motivo di ricorso.

7. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Milano, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il quarto motivo e assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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