Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7169 del 21/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/03/2017, (ud. 15/12/2016, dep.21/03/2017),  n. 7169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19261-2011 proposto da:

SITA S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVOUR 325, presso

lo studio dell’avvocato MATILDE ABIGNENTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANGELO ABIGNENTE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.G. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 677/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/02/2011 R.G.N. 1513/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA;

udito l’Avvocato ANGELO ABIGNENTE ;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. S.G., dipendente della s.p.a. Sita, azienda concessionaria del servizio di trasporto regionale, con mansioni di conducente di autobus addetto sia alla guida che al rilascio dei biglietti con incasso (agente unico) ha agito per il riconoscimento del diritto alle differenze economiche per il mancato adeguamento della relativa indennità a far tempo dal 1990. La Corte di appello di Salerno, con sentenza depositata il 28.2.2011, in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda dichiarando che l’indennità di agente unico, da corrispondere mensilmente in misura pari a venti minuti della retribuzione normale dell’autista di 7^ livello con tre scatti di anzianità, va adeguata alle variazioni di tale retribuzioni ed ha assunto il conseguente provvedimento di condanna alle differenze retributive.

2. Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati altresì da memoria ex art. 378 c.p.c.. Il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del punto 18 dell’accordo nazionale 2 ottobre 1989 nonchè vizio di motivazione, assumendo che nel prevedere il diritto alla rivalutazione dell’emolumento, ed escludendo la prospettazione del congelamento dell’indennità, la Corte territoriale non ha tenuto conto della formulazione letterale della citata disposizione che – al di fuori di alcuni elementi della retribuzione normale specificamente e testualmente menzionati – ha cristallizzato la misura di tutti gli altri elementi, a qualsiasi titolo rientranti nella retribuzione normale.

2. Con il secondo motivo la società deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 2077 c.c., quanto alla successione dei contratti collettivi ed omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Censura la decisione per non avere applicato il principio, costantemente affermato dal giudice di legittimità, secondo il quale in caso di successione di contratti collettivi di livello diverso, occorre tener conto della effettiva volontà delle parti che legittimamente possono derogare al precedente assetto contrattuale. In questa prospettiva si duole che la sentenza impugnata abbia omesso di considerare la disciplina collettiva successiva all’accordo aziendale del 25.2.1982 dalla quale si evinceva che l’indennità in oggetto era stata attribuita in ragione del fatto che gli autisti svolgevano anche mansioni di bigliettaio, mansioni in seguito venute meno per cui era giustificata la cristallizzazione del relativo importo.

3. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’accordo aziendale 25.2.1982 e della L.R. n. 13 del 1984, art. 3, nonchè omessa ed insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo. Censura la decisione per non avere preso in debita considerazione la circostanza, decisiva, ritualmente dedotta nei precedenti gradi, e cioè che le indennità vantate dal lavoratore traevano titolo dall’accordo aziendale 25.2.1982 e che tale accordo era derogabile dal successivo accordo del 2.10.1989; evidenziava che la normativa regionale si era limitata a fissare un limite massimo di spesa, posto che all’epoca gli oneri finanziari di gestione del servizio erano a carico della Regione, senza fissare parametri per la variazione nel tempo della misura dell’indennità.

4. Con il quarto motivo la società, pur dando atto che il relativo profilo non è stato affrontato nella decisione impugnata, sul presupposto che nella sentenza impugnata traspare l’idea non espressa che il mancato incremento nel tempo dell’indennità non sarebbe conforme ai principi dell’ordinamento, deduce “erronea concretizzazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., nonchè omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” sostenendo che la conformità della retribuzione all’art. 36 Cost., deve essere verificata non già in base alle singole voci ma in una visione complessiva del trattamento economico riservato ai lavoratori.

5. I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione della stretta connessione, sono fondati.

Il punto 18 dell’accordo nazionale del 2 ottobre 1989 recita: “Per effetto degli aumenti degli elementi retributivi di cui alla presente ipotesi di accordo rientranti nella retribuzione normale, sono soggetti a rivalutazione esclusivamente i seguenti istituti: A.P.A. (per effetto degli aumenti delle retribuzioni conglobate dall’1-9-1989 e dall’1-1-1991), lavoro straordinario, lavoro festivo, lavoro notturno, indennità di trasferta, indennità di diaria ridotta, trattamento di fine rapporto. Ogni altro compenso nazionale e aziendale eventualmente espresso in misura percentuale, resta confermato in cifra con il conseguente riproporzionamento della percentuale medesima sulla relativa base di calcolo”.

Come già affermato da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 6^, 3.10.2014, n. 20966; successivamente, ex plurimis, Cass. Sez. 6^ n. 18048/2015, Cass. 19773/2016), la previsione, con la quale le parti stipulanti hanno inteso distinguere tra retribuzione normale, rivalutabile, e altri compensi, nazionali o aziendali, congelati, non palesa ambiguità: dalla possibilità di rivalutazione, o adeguamento, viene escluso ogni altro compenso, nazionale e aziendale, eventualmente espresso in misura percentuale, congelato in cifra fissa, quella ormai cristallizzata; il riproporzionamento in termini percentuali risulta necessitato dal fatto che restando fissa la somma erogata per il compenso, per legittimarla doveva operarsi la riduzione in misura corrispondente della percentuale che ne determinava l’ammontare.

Gli accordi nazionali – intervenendo sul complesso della retribuzione percepita dai dipendenti distinguono, quindi, le voci retributive in due gruppi. Il primo riguarda voci nominativamente indicate (APA, lavoro straordinario, festivo, notturno, indennità di trasferta e di diaria ridotta e TFR) e non include l’indennità di agente unico.

Questa indennità pertanto rientra nel secondo gruppo, sul quale la norma collettiva così si esprime: “ogni altro compenso, nazionale ed aziendale, eventualmente espresso in percentuale, resta confermato in cifra fissa…”.

Appare evidente che la cristallizzazione disposta dalla norma riguarda tutti i compensi che non siano stati elencati nella prima parte della previsione, “eventualmente”, e quindi non necessariamente, espressi in percentuale.

Sicuramente vi rientra, pertanto, l’indennità di agente unico, il cui importo veniva rivalutato in forma parametrica.

L’affermazione critica, in ordine alla non inquadrabilità dell’indennità in esame tra quelle che si incrementano in percentuale, non ha rilievo, perchè la previsione dell’autonomia collettiva fa riferimento ad un concetto più ampio, nel cui ambito la crescita in percentuale è solo una delle possibili eventualità e include forme affini di crescita, come quella parametrica.

6. Nè appare condivisibile l’argomentazione della sentenza impugnata incentrata sull’estraneità, alle predette previsioni collettive nazionali, dell’indennità della quale si discute, in virtù di un preteso carattere meramente locale (regionale) del sistema agente unico, e dunque nè nazionale nè aziendale.

Invero, come già ribadito da questa Corte (arg. ex. Cass. 4257/2004) la contrattazione collettiva nazionale ha avocato a sè la determinazione dei livelli retributivi, al fine di risanare i bilanci aziendali e ridurre, così, l’onere del loro ripianamento a carico della finanza pubblica; ha, al contempo, demandato alla contrattazione aziendale di realizzare interventi per ottenere incrementi di produttività, da destinare al risanamento del bilancio, agli investimenti, nonchè, per la restante quota, al trattamento dei dipendenti.

L’evidenza che la sostituzione della coppia autista – bigliettaio con agente unico si iscrive nelle misure devolute alla contrattazione aziendale, per ottenere incrementi di produttività (così Cass. 4257/2004), non toglie che il sistema agente unico, e il relativo compenso, rivesta una dimensione trascendente l’ambito locale, e regionale, nel quale si colloca la vicenda in esame, come del resto comprovano le disposizioni dei contratti collettivi di settore per le aziende che intendessero procedere all’istituzione del sistema ad agente unico (v. artt. 48A, 48B, 48C C.C.N.L. autoferrotranvieri 23 luglio 1976).

L’ambito locale dell’indennità in questione risulta, peraltro, smentito dal ridetto fondamento negoziale collettivo, e non normativo regionale, dell’emolumento per il quale la normativa regionale di riferimento esplica la sua efficacia nella regolamentazione del rapporto fra ente concedente (la Regione) e l’azienda di trasporto (concessionaria), limitandosi a fissare i criteri di quantificazione dei contributi annualmente riconosciuti dall’ente concedente alla società concessionaria senza in alcun modo incidere sulla disciplina del rapporto di lavoro, regolamentato dalla contrattazione, nazionale ed aziendale, di primo e secondo livello.

In definitiva, alla stregua degli accordi nazionali richiamati, non sussisteva fondato argomento per consentire, alla Corte territoriale, di accogliere la domanda volta ad ottenere adeguamenti ulteriori rispetto a quelli già adottati in ambito aziendale.

7. Nè, infine, possono ravvisarsi orientamenti contrapposti di questa Corte, in quanto le pronunce – di segno contrario – del 2004 citate dal controricorrente (nn. 3775 e 4257) non avevano preso in considerazione (in quanto non devoluto) l’accordo nazionale del 1989.

8. L’accoglimento dei primi due motivi esime dalla disamina dei successivi terzo e quarto motivo, che, in ogni caso, appaiono inammissibili (essendo stato denunciato, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, un contratto di livello aziendale) ed inconferenti.

9. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio.

10. Le spese di lite sono compensate in considerazione del recente consolidamento della giurisprudenza di questa Corte.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva del giudizio. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017

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