Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7166 del 12/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7166 Anno 2016
Presidente: RAGONESI VITTORIO
Relatore: BISOGNI GIACINTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a., elettivamente
domiciliata in Roma, via di Villa Massimo 33, presso lo
studio dell’avv. Santo Viotti, che la rappresenta e
difende per procura in atti;
– ricorrente nei confronti di
SOPIN s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma, piazza
Adriana 8, presso lo studio dell’avv. Giovanni
Francesco Biasiotti Mogliazza che indica per le
comunicazioni relative al processo il fax n.
1231
06/6874454,

e

l’indirizzo

di

p.e.c.

2016
giovannifrancescobiasiottimogliazza@ordineavvocatiroma.
1

Data pubblicazione: 12/04/2016

2E2 e che la rappresenta e difende, per delega in
calce al controricorso, unitamente all’avv. Daniela
Gabbardella, (che indica il fax n. 6874454, e la
p.e.c.: danielagambardella@ordineavvocatiroma.org );

controricorrente

di Catanzaro, emessa il 28 marzo 2014 e depositata il 1
aprile 2014, n. R.G. 1165/2005;

Rilevato che
1. Sopin s.p.a. ha convenuto in giudizio, davanti
al Tribunale di Catanzaro, con atti notificati
fra il 21 e il 27 febbraio 1996, Banca
d’Italia, sezione della Tesoreria di Catanzaro,
Poste Italiane, Banca Popolare di Crotone,
U.S.L. n. 7 di Catanzaro, in persona del
Commissario liquidatore, deducendo di aver
iniziato un procedimento di espropriazione
presso terzi e cioè nei confronti di Banca
d’Italia, sezione della Tesoreria provinciale
di Catanzaro, Poste Italiane e Banca Popolare
di Crotone davanti alla Pretura di Catanzaro. I
terzi pignorati avevano rilasciato
dichiarazioni non veritiere circa l’esistenza
di conti correnti bancari e postali e conti di
tesoreria di pertinenza della U.S.L. n. 7 di
Catanzaro. Di conseguenza la creditrice SOPIN
non aveva potuto soddisfare il proprio credito

/gb,7ci

2

avverso la sentenza n. 477/2014 della Corte di appello

noi etnftonti della U.S.L. Ha chieste pertanto
la SOPIN e.r.l. l’accertamento dell’obbligo per
i terzi pignorati di rendere, nella specie, una
dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c. e
conseguentemente ha chiesto dichiararsi i
convenuti terzi pignorati debitori della U.S.L.

condannarli al risarcimento dei danni provocati
con le loro dichiarazioni nonché ex art. 96
c.p.c.
2. Si sono costituite Banca d’Italia, sezione
della Tesoreria di Catanzaro, Poste Italiane e
Banca Popolare di Crotone e hanno contestato di
aver reso dichiarazioni inveritiere circa
l’esistenza di somme di denaro pignorabili. In
particolare la Banca Popolare ha dedotto che
esisteva una convenzione di tesoreria che
consentiva solo operazioni di prelievo a
seguito di ordinativi di pagamento emessi dalla
U.S.L. mentre la Banca d’Italia ha eccepito che
procedimenti esecutivi dovevano essere
azionati esclusivamente nei confronti degli
istituti creditizi tesorieri degli enti
debitori accentati e ha agito in
riconvenzionale per la condanna di SOPIN al
risarcimento dei danni, anche ex art. 96 c.p.c,
in favore di Banca d’Italia di Roma e Catanzaro
e sezione di tesoreria di Catanzaro.
3. Il Tribunale di Catanzaro con sentenza del 3/28

3

ciascuno per la somma di lire 420.000.000 e

giugno 2004 ha respinto le domande di SOPIN e
di Banca d’Italia e ha condannato SOPIN al
pagamento delle spese processuali nei confronti
dei tre convenuti costituiti.
4. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza
n. 477/14, ha accertato, alla data del 21

pertinenza della U.S.L. n. 7 di Catanzaro,
presso il servizio banco posta dell’Ente Poste
Italiane e presso la tesoreria provinciale
della Banca d’Italia, nell’ambito della
contabilità speciale, e ha accertato, altresì,
che alla stessa data le funzioni di tesoreria
della U.S.L. venivano svolte dalla Banca
Popolare di Crotone. Ha modificato il regime
delle spese del primo grado di giudizio
compensandole per un terzo quanto alla Banca di
Italia e per l’intero quanto a Poste Italiane
s.p.a., e condannando invece Banca Popolare
del Mezzogiorno già B.P,C. al pagamento dei due
terzi delle spese liquidate in favore di SOPIN.
Ha posto la CTU a carico della Banca Popolare
del Mezzogiorno per metà e per un quarto
ciascuna a carico di Poste Italiane s.p.a. e
SOPIN. Quanto al giudizio di appello ha
condannato la Banca Popolare al pagamento dei
due terzi delle spese nei confronti di SOPIN
mentre le ha compensate interamente fra SOPIN
e Banca d’Italia e Poste Italiane così come ha

4

luglio 1995, una serie di giacenze di cassa di

compensato le spese del giudizio di appello fra
le parti costituite e la parte rimasta
contumace.
5. Ricorre per cassazione la Banca Popolare del
Mezzogiorno che deduce, ex art. 360 n.3 c.p.c.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 547
della

circolare

Poste

e

Telecomunicazioni 16.5.1973 n. prot.
XVI/7587/1101, delle regole di tesoreria nonché
l’erronea valutazione dei fatti sostanziali e
delle risultanze processuali e l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione.
6. Si difende con controricorso SOPIN s.r.1., già
s.p.a., eccependo l’inammissibilità del ricorso
perché tardivo stante l’inapplicabilità della
sospensione dei termini processuali nel periodo
feriale ai procedimenti di opposizione
all’esecuzione, agli atti esecutivi e di
opposizione

terzo

di

all’esecuzione

disciplinati dagli artt. 615, 617, 619 c.p.c.,
nonché a quelli di accertamento dell’obbligo
del terzo.
Ritenuto che
7. L’eccezione

di inammissibilità del ricorso è

fondata atteso che il ricorso è stato
notificato tardivamente il 14 maggio 2015 e
cioè oltre un anno dalla data di deposito (1
aprile 2014) della sentenza impugnata. La
giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. civ.

5

c.p.c.,

sezione VI-3, ordinanza n. 24047 del 12
novembre 2014; sezione III ordinanza n. 15010
del 6 giugno 2008) ritiene infatti che la
sospensione dei termini processuali nel periodo
feriale non si applica alla sentenza che
accerta l’obbligo del terzo ex art. 549 c.p.c.

alla modifica di cui alla legge n.228 del 24
dicembre 2012 poiché, in relazione all’art. 92
del R.D. n. 12 del 30 gennaio 1941 sussiste
l’interesse alla sollecita definizione del
giudizio, atteso che nel frattempo l’esecuzione
è sospesa.
8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile
con condanna della ricorrente alle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione liquidate in 6.200
euro di cui 200 per spese. Ai sensi dell’art.
13 comma l quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà
atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma dell’art. 13, coma 1 bis,
dello stesso articolo 13.

6

nel testo vigente ratione tecworis e anteriore

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del

19 febbraio 2016.

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