Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7165 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 29/03/2011), n.7165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10261/2009 proposto da:

F.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio degli avvocati ROSA LAURA e

DEL FEDERICO LORENZO, che lo rappresentano e difendono, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 206/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di L’AQUILA – Sezione Staccata di PESCARA del 13.12.07,

depositata il 13/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista, condivisa e fatta propria la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., nella quale si legge:

“Il sig. F.F., produttore di olio di oliva, ha impugnato un avviso di accertamento con il quale il competente ufficio finanziario recuperava Iva indebitamente detratta applicando le relative sanzioni.

Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso la CTR ha rigettato il ricorso del contribuente, ritenendo legittima, sulla base della documentazione acquisita, l’avviso di accertamento.

Con l’odierno ricorso, il contribuente denuncia vizi di motivazione criticando però nel merito la valutazione dei fatti processuali. Il ricorso e, quindi, inammissibile anche perchè le censure non sono autosufficienti e, prima ancora, sono prive dell’indispensabile quesito-sintesi. Come noto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il complesso normativo costituito dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, art. 366 bis cod. proc. civ. e art. 375 cod. proc. civ., n. 5 – nel testo risultante dalla novella recata dal D.Lgs. n. 40 del 2006 – deve interpretarsi nel senso che, anche per quanto concerne i vizi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione del motivo deve essere accompagnata da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. In base a siffatta interpretazione, la norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. si sottrae, in parte qua, a censure di incostituzionalità in riferimento agli artt. 76, 77, 24 e 111 Cost., art. 117 Cost., comma 1 (quest’ultimo parametro in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU), giacchè: 1) quanto alla supposta violazione degli artt. 76 e 77 Cost., l’onere imposto al ricorrente assolve ad una funzione servente rispetto ai compiti di nomofilachia della Corte di Cassazione, così inscrivendosi nell’oggetto e nelle finalità ispiratrici della legge delega n. 80 del 2005; 2) quanto al preteso contrasto con gli artt. 76, 77, 24 e 111 Cost., art. 117 Cost., comma 1, non sussiste una limitazione del diritto di accesso al giudice, tenuto conto che il requisito di contenuto-forma (consistente nel ridurre a sintesi il complesso degli argomenti critici sviluppati nella illustrazione del motivo) costituisce un mezzo di esercizio di detto diritto nell’ambito di un giudizio di impugnazione concepito primariamente come mezzo di verifica della legittimità della decisione, sicchè il requisito medesimo si accorda intrinsecamente con lo scopo e con la funzione del giudizio per il quale è stato imposto come onere a carico della parte (Cass. 2652/2008)”;

Considerato:

– che l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

– che la relazione è stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3 e non sono state presentate memorie;

– che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi elementi di valutazione;

– che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte soccombente alle spese, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro mille per onorario, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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