Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7165 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 13/03/2020), n.7165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

ORDINANZA

sul ricorso n. 17221/2016 proposto da:

ALPO – Associazione Laziale Produttori Ortofrutticoli società

cooperativa agricola, in persona presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 24,

presso lo studio dell’Avvocato Alessandro Nicoletti, che la

rappresenta e difende, unitamente agli Avvocati Massimo Brunetti e

Guido Uberto Tedeschi, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona dei

commissari straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via di Villa Massimo n. 33, presso lo studio dell’Avvocato

Maurizio Benincasa, che la rappresenta e difende giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 8/1/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

4/2/2020 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 16 aprile 2010 il Tribunale di Roma accoglieva – limitatamente alla somma di Euro 126.248,64 versata a decorrere dal mese di novembre del 2002 – la domanda presentata da (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria perchè fossero revocati, D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 49 e L. Fall., art. 67, comma 2, una serie di pagamenti effettuati dall’impresa in bonis in favore di A.L.P.O. – Associazione Laziale Prodotti Ortofrutticoli società cooperativa agricola, valutando che per tale periodo risultasse adeguatamente dimostrata la scientia decoctionis dell’accipiens.

Nel contempo il primo giudice respingeva la domanda con riferimento al pagamento di Euro 345.554,82, effettuato in data 28 ottobre 2002, reputando che rispetto a tale epoca vi fosse il ragionevole dubbio della sussistenza della scientia decoctionis.

2. Questa decisione veniva confermata, con sentenza pubblicata in data 8 gennaio 2016, dalla Corte d’Appello di Roma, che riteneva di condividere l’individuazione dello spartiacque temporale costituito dal mese di novembre 2002, tenuto conto dei numerosissimi articoli di stampa all’epoca pubblicati che avevano dato conto della crisi irreversibile in cui versava (OMISSIS) s.p.a. e dei continuativi rapporti commerciali che A.L.P.O. intratteneva con la cliente.

La Corte di merito osservava inoltre che i controlli delle autorità competenti alla verifica dell’effettiva esistenza dei requisiti necessari perchè (OMISSIS) s.p.a. potesse usufruire del regime di aiuti comunitari erano di carattere formale e non lasciavano automaticamente presumere la solidità economica dell’impresa.

3. A.L.P.O. ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia al fine di far valere un unico motivo di impugnazione.

Ha resistito con controricorso (OMISSIS) s.p.a. in A.S..

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il motivo di ricorso presentato denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67 e D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 49 nonchè l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione fra le parti: la sentenza impugnata, trascurando di considerare che occorreva la prova della conoscenza effettiva dello stato di insolvenza da parte dell’accipiens, non solo avrebbe valorizzato notizie di stampa di nessun valore indiziario, ma avrebbe anche tralasciato di considerare la tempestività e la regolarità dei pagamenti, come pure l’impossibilità di trarre univoci argomenti dal bilancio 2001.

La Corte distrettuale avrebbe inoltre a torto apprezzato, quali elementi indiziari, le iniziative di natura cognitiva, cautelare ed esecutiva in danno delle società del gruppo, malgrado a un terzo non fosse consentito di avere notizia di simili iniziative e dei provvedimenti assunti a seguito delle stesse.

Allo stesso modo il collegio d’appello avrebbe erroneamente negato rilievo al fatto che (OMISSIS) s.p.a. risultava ricompresa nell’elenco dei soggetti ammessi alle campagne di trasformazione del pomodoro, all’esito della verifica dei requisiti previsti dal D.M. MIPAF 4 luglio 2002, art. 4 e quindi appariva, all’operatore di filiera, un soggetto di sicura affidabilità commerciale.

5. Il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile.

5.1 La procedura concorsuale, ove solleciti la declaratoria di inefficacia di un atto ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, deve fornire la prova del ricorrere del presupposto soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza in capo all’accipiens.

La conoscenza dello stato di insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo deve poi essere effettiva e non meramente potenziale.

Tuttavia, trattandosi di prova che può essere fornita in via diretta soltanto tramite la confessione del convenuto o tramite la prova che l’accipiens era stato informato, dal solvens o aliunde, dello stato di insolvenza, la procedura concorsuale, ove non ricorrano tali ipotesi, non può che ricorrere alla prova presuntiva offrendo elementi indiziari caratterizzati dagli ordinari requisiti della gravità, precisione e concordanza che, in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c., conducano il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza – rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonchè alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare – non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (Cass. 18196/2012, Cass. 2916/2016).

Questo onere probatorio, ove si faccia ricorso a presunzioni, va inteso nel senso che la certezza logica dell’esistenza dello stato soggettivo può legittimamente dirsi acquisita non quando la conoscenza dello stato di decozione possa ravvisarsi con riferimento a una figura di contraente astratto, dal momento che tale prova risulterebbe inutilizzabile perchè correlata a un parametro, del tutto teorico, di “creditore avveduto”, bensì quando la probabilità della scientia decoctionis trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovata ad operare, nella specie, la controparte del fallito (Cass. 6686/2012).

5.2 La sussistenza del requisito della scientia decoctionis non può essere desunta dalla mera conoscibilità dello stato di insolvenza, nè può essere ravvisata per il fatto che l’ignoranza dell’insolvenza sia colpevole; ciò nonostante le presunzioni evincibili da circostanze esterne obiettive tali da indurre ragionevolmente una persona di ordinaria prudenza e avvedutezza a ritenere che la controparte del rapporto si sia trovata in stato di dissesto concorrono a fornire la prova della conoscenza effettiva dello stato di insolvenza (Cass. 20482/2009, Cass. 11289/2001).

Dunque tramite il ricorso alla prova presuntiva sono valorizzabili anche elementi di fatto che attengano alla conoscibilità dello stato di insolvenza, purchè gli stessi siano idonei a fornire la prova per presunzioni della conoscenza effettiva (Cass. 26935/2006).

In altri termini ai fini della dimostrazione del presupposto soggettivo dell’azione assume rilievo la concreta situazione psicologica della parte nel momento in cui è stato compiuto l’atto impugnato e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte; tuttavia, poichè la legge non pone limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l’assolvimento dell’onere della prova da parte della procedura concorsuale, gli elementi nei quali si traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziari da cui legittimamente desumere, in via presuntiva, la scientia decoctionis.

5.3 La Corte territoriale, nel valutare la fattispecie in esame, ha correttamente individuato i criteri a cui ispirare la propria indagine, ritenendo, in coerenza con i principi appena illustrati, di dover far riferimento alle concrete condizioni in cui l’accipiens si era trovato a operare al fine di appurare l’esistenza di elementi indiziari da cui legittimamente desumere la scientia decoctionis.

Ciò posto, il collegio di appello, pur dopo aver fatto (a pag. 9) un primo elenco di tali elementi in cui sono state incluse circostanze (quali le iniziative di natura cognitiva, cautelare ed esecutiva) che in tanto possono assumere rilievo ai fini della dimostrazione dell’insolvenza in quanto siano note anche a chi non partecipa alla lite ed abbiano, per la natura della controversia, una concreta valenza in tal senso, ha però ritenuto in seguito (a pag. 10) di condividere l’individuazione del mese di novembre 2002 già compiuta dal primo giudice quale spartiacque temporale di maturazione della conoscenza effettiva sulla base di due elementi, costituiti dai numerosissimi articoli di stampa e dal contesto continuativo di rapporti commerciali in cui l’accipiens si trovava, reputato osservatorio privilegiato per apprezzare lo stato di dissesto raggiunto.

Questi ultimi due elementi, che secondo la Corte di merito “costituiscono un quadro probatorio idoneo a dimostrare la sussistenza della scientia decoctionis”, più che quelli in precedenza elencati fondano la decisione impugnata, secondo una valutazione che non si presta a censure in questa sede.

Sotto il primo profilo il giudizio della Corte territoriale corrisponde alla giurisprudenza di questa Corte, che ha già avuto modo di riconoscere che ai fini dell’accertamento della scientia decoctionis il giudice può avvalersi di presunzioni semplici, come quella fondata sul fatto che, secondo l’id quod plerumque accidit, una notevole parte della popolazione (ivi inclusa quella che dirige o collabora all’attività d’impresa) sia solita consultare la stampa ed informarsi di quanto essa pubblica, comprese le notizie relative allo stato di dissesto della società poi fallita (Cass. 3299/2017, Cass. 11546/2019).

Il giudice di merito ben può quindi, tenendo in considerazione le risultanze del caso concreto e le fonti di conoscenza poste al suo vaglio, trarre dalle caratteristiche di una campagna di stampa che gli risulti dimostrata (valorizzando il numero e la frequenza delle notizie pubblicate, la diffusione su ampia scala del giornale, la descrizione della gravità della situazione rappresentata negli articoli divulgati e la dovizia dei particolari in essi contenuti) argomenti per valutare se la medesima possa costituire un indizio utile ai fini della dimostrazione della sussistenza della scientia decoctionis da parte dell’accipiens.

La scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione e il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono poi un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. 3854/2019).

5.4 Quanto all’omesso esame della regolarità dei pagamenti è sufficiente rilevare che la doglianza, governata dal più recente disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non indica il “come” e il “quando” i fatti storici addotti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti (nel senso indicato da Cass., Sez. U., 8053/2014).

Nessuna decisività riveste inoltre il mancato esame dei bilanci di (OMISSIS) s.p.a., posto che gli stessi non sono stati presi in alcuna considerazione dalla Corte di merito ai fini dell’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza.

5.5. Non si presta a critica infine l’interpretazione normativa che sta alla base dell’esclusione, dal novero degli elementi indiziari rilevanti, del controllo amministrativo esercitato nel settore degli aiuti di Stato.

Infatti il D.M. MIPAF 4 luglio 2002, art. 4, comma 5, laddove prescrive che le imprese interessate agli aiuti comunitari corredino la propria domanda, fra l’altro, con l'”attestazione di adeguate garanzie sul piano finanziario ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria e nazionale”, intende prevedere che l’impresa certifichi – e sia controllata – in merito non alla propria generale affidabilità economica, ma piuttosto alla disponibilità di garanzie funzionali al rispetto degli obblighi, di matrice Europea e nazionale, concernenti i soli contributi ricevuti.

Nessun argomento in termini di solidità economica può quindi essere tratto dall’inclusione nell’elenco dei soggetti ammessi alle campagne di trasformazione del pomodoro.

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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