Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7161 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13021/2014 R.G. proposto da:

C.C.M.L., rappresentato e difeso dagli avv. Luca

Degani e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo, sito in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 151/44/13, depositata il 18 novembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 settembre

2020 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– C.C.M.L. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 18 novembre 2013, di reiezione dell’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa per l’anno 2006 e recuperate l’I.r.pe.f., l’I.v.a. e l’I.r.a.p. non versate;

– dall’esame della sentenza impugnata si evince che l’atto impositivo era stato contestato l’omessa contabilizzazione di ricavi derivanti dall’esercizio dell’attività di agente immobiliare e l’indebita deduzione di costi;

– il giudice di appello, confermando la decisione della Commissione provinciale, ha respinto il gravame del contribuente, evidenziando che non era stata offerta idonea prova della certezza e della inerenza dei costi dedotti;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate;

– il ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c., per aver la Commissione regionale ritenuto che i costi in contestazione non fossero inerenti, benchè la documentazione dal medesimo posta al riguardo in primo grado non fosse stata specificamente contestata dall’amministrazione finanziaria;

– il motivo è inammissibile, in quanto il principio di non contestazione ha per oggetto i fatti storici sottesi a domande ed eccezioni, ma non le conclusioni ermeneutiche da trarre in ordine all’interpretazione di documenti contrattuali prodotti in giudizio (così, Cass. 5 marzo 2020, n. 6172);

– l’onere di contestazione, infatti, concerne le sole allegazioni in punto di fatto della controparte e non anche i documenti da essa prodotti, nè, nè la loro valenza probatoria la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice (cfr., altresì, Cass., ord., 8 febbraio 2018, n. 3022; Cass., ord., 21 giugno 2016, n. 12748);

– con il secondo motivo deduce la violazione del T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109 per aver la sentenza impugnata escluso la sussistenza del requisito dell’inerenza di tali costi in ragione dell’assenza nelle relative fatture dei requisiti previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21;

– il motivo è infondato;

– la prova dell’inerenza di un costo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione, incombe sul contribuente in quanto tenuto a provare l’imponibile maturato (cfr. Cass. 21 novembre 2019, n. 30366; Cass. 17 luglio 2018, n. 18904);

– il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse assolto ad un siffatto onere, anche in considerazione del fatto che le fatture relative alle operazioni in oggetto presentavano indicazioni delle prestazioni “generiche e lacunose” e, in quanto tali, inidonee a consentire l’individuazione della natura e dell’entità delle stesse;

– così argomentando, ha fatto corretta applicazione dei richiamati principi in tema di prova dell’inerenza del costo;

– con l’ultimo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame circa fatti decisivi e controversi, in relazione alla mancata considerazione di circostanza idonee a dimostrare la sua terzietà – negata dalla commissione regionale – con la Calcaterra & Partners s.r.l., società emittente una delle fatture contestate;

– il motivo è inammissibile, in quanto investe solo una delle rationes decidendi, consistente nel difetto di certezza dei costi, ma non aggrediscono anche la diversa ratio, rappresentata dal difetto del requisito di inerenza degli stessi;

– orbene, si rammenta che qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, convergenti o alternative, autonome l’una dall’altra e ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, in quanto la censura relativa alle altre, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata (cfr. Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293);

– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

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