Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7160 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25345/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Lanificio Nello Gori Spa;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 517/01/14, depositata in data 12 marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 settembre

2020 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate impugna per cassazione, con due motivi, la sentenza della CTR in epigrafe che, in riforma della decisione di primo grado, aveva annullato la sanzione, D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 irrogata alla società Lanificio Nello Gori Spa per l’indebita compensazione orizzontale dell’Iva per l’anno 2005 oltre i limiti di legge, ritenendo la contribuente in buona fede.

La contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 per aver la CTR esaminato e deciso su motivo – il contrasto normativo tra L. n. 388 del 2000, art. 34 e L. n. 212 del 2000 – già formulato con il ricorso in primo grado ma non riproposto in appello dal contribuente.

1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la parte riprodotto l’atto di gravame proposto dalla contribuente, asseritamente carente della censura oggetto di disamina da parte della CTR.

La Corte di cassazione, difatti, secondo principio ripetutamente affermato, “qualora venga dedotto un error in procedendo, è giudice anche del “fatto processuale” e può esercitare il potere-dovere di esame diretto degli atti purchè la parte ricorrente li abbia compiutamente indicati, non essendo legittimata a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la censura di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi di impugnazione avrebbe potuto essere esaminata solo se nel ricorso per cassazione fossero stati riportati, nelle parti essenziali, la motivazione della sentenza di primo grado e l’atto di appello)” (Cass. n. 20924 del 05/08/2019; Cass. n. 2771 del 02/02/2017, che precisa esser onere della parte specificare “gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale”; Cass. n. 7499 del 15/03/2019).

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 34 e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 per aver la CTR ritenuto la compensazione oltre i limiti di legge non sanzionabile quale omesso versamento.

2.1. La doglianza è inammissibile, non cogliendo la ratio della decisione.

Il motivo, difatti, è univocamente ed esclusivamente articolato sulla disamina della tesi per la quale la compensazione oltre la soglia va equiparata all’omesso versamento e, dunque, è legittima la sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13 senza ricorso ad alcuna applicazione analogica.

Tale profilo, peraltro, è presupposto dalla stessa CTR, la quale, sull’evidente assunto della riconducibilità della fattispecie all’art. 13 cit., ha, invece, ritenuto incolpevole il contribuente perchè in buona fede in ragione dell’esistenza del principio generale della compensazione dei debiti con i crediti tributari.

La censura, dunque, si doveva porre su un diverso ambito, ossia se, con riguardo alla fattispecie considerata, fosse o meno invocabile l’errore di fatto e la buona fede, quale condizione soggettiva ovvero quale errore obbiettivo.

Nulla di tutto ciò, invece, è stato dedotto o censurato dall’Ufficio pur a fronte della constatazione, contenuta nello stesso ricorso, dell’effettiva portata della decisione (v. pag. 8 ricorso: “la concisa motivazione della sentenza prende ad esame, in realtà, una problematica che non integra la fattispecie devoluta all’esame del giudice regionale che ha, infatti, relegato la questione oggetto della propria pronuncia alla sola valutazione in ordine all’astratta possibilità di compensazione dei debiti con i crediti tributari ed alla buona fede del contribuente. Non ponendosi in dubbio l’astratta condivisibilità di tali principi non si reputa tuttavia che gli stessi abbiano decisivo rilievo…”).

3. Il ricorso va pertanto rigettato per inammissibilità dei motivi. Nulla per le spese.

Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, nei confronti dell’Agenzia delle entrate in quanto Amministrazione dello Stato che opera con il meccanismo della prenotazione a debito.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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