Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7158 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 29/03/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 29/03/2011), n.7158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2947/2009 proposto da:

S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA TUSCOLANA 339, presso lo studio dell’avvocato MELI

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore Pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 135/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 29/10/07, depositata il 29/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/03/2011 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI;

udito l’Avvocato Meli Giovanni, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI che ha concluso per l’accoglimento del 2^ motivo di ricorso

e per il rigetto del 1^ motivo.

Fatto

ORDINANZA

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La CTR del Lazio ha rigettato l’appello di S.R. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di Viterbo. Ha motivato la decisione deducendo che le gravi incongruenze della contabilità legittimavano il ricorso all’accertamento induttivo e che questo andava confermato perchè, se vi era un errore nel calcolo del numero dei pasti desunto dal consumo di caffè, questo era compensato dal mancato computo nell’accertamento dalla mancata fatturazione di alimenti necessari nella ristorazione.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi che concludono con un complesso quesito, l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Con il primo motivo e con la prima parte del quesito si contesta il ricorso all’accertamento induttivo. La censura è palesemente infondata in quanto è stata accertata la totale mancanza di fatture per l’acquisto di alimenti indispensabili per la ristorazione, circostanza che esclude la regolarità della contabilità.

Con il secondo motivo deducendo vizio di motivazione si contesta di non avere tenuto conto illogicamente nella ricostruzione induttiva dei ricavi dell’errore aritmetico accertato e di non avere motivato sul minore prezzo medio dei pasti risultante delle copie di ricevute esibite. La censure sono fondate in quanto la motivazione tace sul prezzo medio dei pasti e dall’errore aritmetico ammesso non trae le conseguenze in tema di ricavi, opponendo fatti dei quali non è stato tenuto conto nell’atto di accertamento ai fini del calcolo dei ricavi stessi. La valutazione è in contrasto con il principio della immutabilità della contestazione contenuta nell’atto di accertamento. Ha ritenuto questa Corte con sentenza n. 25909/08 che:

“Nel processo tributario di appello, l’Amministrazione finanziaria non può, mutare i termini della contestazione, deducendo motivi e circostanze diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento”.

Principio che vale a maggior ragione per i giudici atteso il principio di terzietà al quale devono attenersi.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta fondatezza del ricorso e che, pertanto, la sentenza impugnata vada cassata con rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Allo stesso giudice si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR del Lazio.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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