Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7158 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22383-2016 proposto da:

T.G., T.M.A., T.R., RAL

AEDEFICA SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato ALDO CAPUANO, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ROMA III DI ROMA, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1125/2016 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 29/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.La società RaI Aedefica, nonchè T.G., quale legale rappresentante dell’ente, T.M.A. e R., quest’ultimo in proprio, impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro che aveva elevato – da Euro 180.500,00 ad Euro 427.590.000 – il valore dei terreni edificabili siti in (OMISSIS), deducendo la carenza motivazionale dell’atto impositivo – al quale non risultava allegata nè la perizia di stima in esso richiamata, nè l’atto di compravendita utilizzato quale parametro pèr la valutazione del valore in comune commercio – e contestando altresì la congruità della rettifica.

La CTP di Roma accoglieva il ricorso.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la detta sentenza, sul presupposto che i giudici di primo grado non avevano applicato i principi giuridici affermati dalla giurisprudenza, secondo i quali non solo è consentita una integrazione della motivazione degli atti impostivi nel giudizio di primo grado, ma questi sono considerati validi se trascrivono il contenuto essenziale delle stime. Nel detto giudizio si costituiva parte contribuente ribadendo le proprie precedenti difese.

La CTR del Lazio, con sentenza n. 1125/35/2016, nell’accogliere l’appello, affermava la legittimità dell’atto di rettifica, sulla base delle seguenti considerazioni: 1) la motivazione doveva ritenersi adeguata in quanto aveva consentito al contribuente di opporsi ed esplicare l’attività difensiva; 2) doveva ritenersi rituale la produzione della perizia di stima nel corso del giudizio, la quale non aveva comportato “un fatto nuovo ma solo una integrazione della motivazione che già conteneva i riferimenti essenziali della perizia stessa”.

Avverso la menzionata sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’ente finanziario resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.La ricorrente lamenta la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), dell’art. 7 dello statuto del contribuente, nonchè del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 per avere il decidente respinto l’eccezione del difetto motivazionale dell’atto impugnato, quantunque fosse stata omessa la trascrizione nell’atto opposto del contenuto dell’atto negoziale assunto in comparazione per la determinazione del valore in comune commercio e nonostante l’omessa allegazione della perizia di stima in esso richiamata e non trascritta. Deduce altresì che la produzione della perizia nel giudizio di merito ha determinato una integrazione della motivazione dell’avviso in contrasto con l’art. 7 citato in rubrica, secondo cui l’avviso di accertamento privo, in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in. ragione della natura impugnatoria del processo tributario.

3.Con la seconda doglianza si denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4) e 5), la violazione dell’art. 132 c.p.c. nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 deducendo l’omesso esame degli elementi indicati nella perizia dell’Agenzia – laddove il terreno di proprietà dei contribuenti risulterebbe ubicato in un’area edificata, trattandosi di un terreno sul quale è già stato costruito un fabbricato per civile abitazione -, nonchè della perizia di parte, dalla quale si evince che una parte dell’area residua doveva considerarsi giuridicamente non edificabile, in quanto destinata a sede viaria, mentre altra porzione del fondo doveva considerarsi edificabile solo dopo che i proprietari dei terreni limitrofi avessero realizzato le “sedi varie” previste dal PRG.

4.La prima censura è fondata, assorbita la seconda.

Per quanto concerne, in particolare, l’imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2, stabilisce che l’avviso di rettifica e di liquidazione deve contenere, oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per “valore” si intende il “valore venale in comune commercio”; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni.

Ancora, il citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4), stabilisce anch’esso – a pena di nullità – che l’atto debba indicare presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”; aggiungendosi che se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

Sulla scorta di questo disposto normativo, la giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’iffiposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 11613/2020, in motiv; Cass. n. 25559/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur””; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente, tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14 ed altre).

4.1 In termini generali, è noto che l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore – la cui inosservanza determina, anche in difetto di espressa comminatoria, nullità dell’atto, con il conseguente dovere del giudice tributario, davanti al quale sia impugnato, di dichiararne ò l’invalidità, astenendosi dall’esame sul merito del rapporto – mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, ed altresì a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa, al fine indicato. Pertanto è necessario che L’avviso, indipendentemente dal mezzo grafico usato, enunci il criterio astratto in base al quale è stato determinato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, ed inoltre, in caso di ricorso a criteri diversi da quelli espressamente menzionati dalla legge, evidenzi (sia pure implicitamente) le ragioni che rendano inutilizzabili tali criteri legali nel singolo rapporto, salvi poi restando, in sede contenziosa, l’onere dell’ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato, nel quadro del parametro prescelto, e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezzà della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio (Sez. 1, Sentenza n. 11420 del 12/11/1998; conf. Sez. 5, Sentenza n. 4541 del 11/04/2000).

Ciò sul rilievo che l’avviso di accertamento ha carattere di provocatio ad opponendum e, pertanto, soddisfa l’obbligo della motivazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 ogni volta che l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente Pan ed il quantum debeatur.

4.2 L’adeguatezza della motivazione non è esclusa da una motivazione per relationem dell’atto impositivo, ossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, anche ove lo stesso si concreti nel richiamo alle risultanze di un’indagine di mercato; purchè, nell’ipotesi di mancata allegazione, nell’atto ne venga riprodotto il contenuto essenziale, allo scopo di consentire al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato (Sez. 5, Ordinanza n. 4396 del 23/02/2018; Sez. 5, Sentenza n. 12394 del 22/08/2002). Secondo le S.U. – Sentenza n. 11722 del 14/05/2010 – la motivazione può essere assolta “per relationem” ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinchè, il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella, secondo una interpretazione non puramente formalistica della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (c.d. Statuto del contribuente) sempre che in essa siano indicati i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione (Cass. n. 28060 del 24/11/2017; Cass. n. 32127 del 12/12/2018; n. 14723 del 10/07/2020).

In particolare, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato per il raffronto valutativo, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto utilizzato per la comparazione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21066 del 11/09/2017). Per contenuto essenziale si intende l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento ((così Cass. n. 6914 del 25/03/2011; conf. Cass. Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017).

4.3 Orbene, fermo restando che, nel caso di specie, è incontestata la loro mancata allegazione all’avviso di rettifica opposto dalla società contribuente, dalla trascrizione dei passi della motivazione dell’atto impositivo contenuti nel ricorso e dalla lettura dell’avviso allegato all’atto introduttivo, emerge il richiamo ad atti non allegati all’avviso opposto, quali una perizia UTE depositata dall’Agenzia delle Entrate unitamente alla costituzione in giudizio, e un atto negoziale di compravendita individuato con il numero n. 2007/IT/7300 relativo ad un terreno limitrofo, oggetto di accertamento da parte dell’ufficio il cui contenuto essenziale non risulta trascritto nell’avviso opposto. Non è revocabile in dubbio che nella descrizione sintetica dell’atto utilizzato in termini parametrici non sono state riprodotte le caratteristiche essenziali dei relativi beni nè dell’atto che li riguardavano.

4.4 Nè, con riferimento all’atto di compravendita comparativo preso in considerazione nell’atto opposto, sarebbe possibile sostenerne la

conoscibilità, trattandosi di atti pubblici, atteso che dello stesso non risultano riportati i numeri di repertorio e di raccolta, la data precisa della sua stipula nè il nominativo del notaio rogante (Cass. n. 7649/2020, in motiv; n. 252527/2019, in motiv per una più rigorosa applicazione del principio in disamina; v. Cass. n. 3388/2019; Cass. n. 17226/2019; n. 2564/2018, in motiv; Cass. n. 24417/2017; Cass. n. 21066/2017; Cass.n. 11623/ 2017). L’avviso in esame, in definitiva, non solo non allegava la perizia di stima UTE e l’atto di comparazione preso a riferimento, ma neppure ne riportava il contenuto essenziale a sostegno della pretesa impositiva; e nemmeno indicava l’atto di compravendita nei suoi estremi di registrazione e pubblicazione, non potendo gli estremi della registrazione degli atti comparativi presso l’agenzia delle Entrate rappresentare per il destinatario dell’atto impositivo un elemento idoneo quantomeno per accedere ad esso e controllarne la reale idoneità comparativa; con riguardo, in particolare, al dato fondamentale costituito dalla effettiva rispondenza delle caratteristiche degli immobili assunti a comparazione con quelle dell’immobile oggetto di rettifica.

Peraltro, solo in corso di giudizio di merito veniva depositata la perizia di stima richiamata nell’avviso – ma in essa non trascritta ed ad essa non allegata – dalla quale si evinceva che il terreno, utilizzato quale termine di raffronto per determinare il valore in comune commercio era in realtà un terreno – che in quanto già edificato e dotato delle opere di urbanizzazione – presentava caratteristiche dissimili da quello oggetto dell’avviso di rettifica.

5. In conclusione, l’avviso di accertamento privo, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass., sez. 6-5, 21/05/2018, n. 12400; Cass. n. 476/2019).

6.In definitiva, il ricorso merita accoglimento con riferimento al primo motivo, dovendosi il secondo motivo considerare assorbito in detto accoglimento.

La sentenza impugnata va, pertanto, ‘cassata con riferimento al motivo accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di dichiarare la nullità dell’avviso di rettifica impugnato.

Sussistono i presupposti, tenuto conto dell’andamento della vicenda processuale, per la compensazione delle spese del giudizio di merito. Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo motivo, dichiarato assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la nullità dell’avviso di rettifica impugnato;

– compensa le spese del giudizio di merito;

– condanna la resistente alla refusione, in favore della ricorrente, dellq spese della presente fase di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre rimborso delle per spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

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