Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7156 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5575-2016 proposto da:

IOLMAR SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, V.OSLAVIA 28, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO BOTTACCHIARI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II DI ROMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4362/2015 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 23/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.La società Iolmar s.r.l., in persona del legale rappresentante, impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro che aveva elevato da Euro 730.000,00 ad Euro 970.000,00 il valore dei terreni edificabili, siti nel Comune di (OMISSIS), loc. (OMISSIS), oggetto di atto di trasferimento immobiliare del 26 gennaio 2009, lamentando la carenza motivazionale e l’incongruenza della rettifica. La CTP di Roma respingeva il ricorso con sentenza appellata dalla contribuente.

La CTR del Lazio, nel respingere il gravame, affermava che l’atto di rettifica conteneva le ragioni che ne costituivano il fondamento, facendo riferimento alle caratteristiche dei beni oggetto della compravendita e agli immobili in comparazione, oggetto di atti negoziali sottoposti a registrazione e citati in modo specifico nell’avviso opposto. Aggiungeva che gli altri motivi di appello, l’uno relativo alla difformità dei valori accertati rispetto alla valutazione Ici adottate dal Comune di Anzio e l’altro concernente l’errore materiale nel calcolo del valore accertato nella seconda verifica erano stati proposti per la prima volta con l’atto di impugnazione ed erano dunque inammissibili.

Avverso la sentenza n. 4362/28/15 la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’ente finanziario resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2.La ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la suindicata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., eccependone la nullità per omessa pronuncia “circa la nullità dell’atto impugnato per mancata notificazione degli atti richiamati”.

Deduce al riguardo di aver contestato sia nel ricorso originario che nell’atto di appello la carenza motivazionale dell’avviso di rettifica al quale non erano stati allegati gli atti dal medesimo richiamati, non essendo stato in esso trascritto neppure “il contenuto essenziale dell’atto richiamato”; doglianze sulle quali la CTR delibava, affermando che il valore in comune commercio era stato accertato comparando l’immobile in questione con immobili similari oggetto di negozi soggetti a registrazione e citati in modo specifico nell’atto impositivo.

3.Con la seconda censura, si lamenta la violazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), dell’art. 7 dello statuto del contribuente, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 nonchè degli artt. 115,116 e 111 Cost., per avere il decidente respinto l’eccezione del difetto motivazionale dell’atto impugnato, nonostante fosse stata omessa la trascrizione nell’atto opposto del contenuto dei negozi assunti in comparazione per la determinazione del valore in comune commercio; assumendo che l’avviso di rettifica indicava esclusivamente il prezzo al metro cubo dei fondi individuati quali termini di confronto, senza fornire altre indicazioni, quali le superfici complessive,, le caratteristiche delle aree e la loro ubicazione.

4.Con la terza doglianza si censura la decisione impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 57 per l’omessa pronuncia circa la difformità delle valutazioni operate dall’ente finanziario rispetto a quelle adottate ai fini ICI.

5.La prima censura è destituita di fondamento.

La coerenza fra domanda di parte e pronuncia giudiziale non va intesa in senso di specularità fra l’una e l’altra, ma nei termini di compatibilità fra la domanda non esaminata e la decisione assunta, sulla base del seguente principio: “ad integrare gli estremi del vizio di dmessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass.n. 28570/2019; Cass. n. 16147 del 28/06/2017; Cass. n. 20311/2011; conf. 17956/2015).

Nel caso in esame, la CTR, nell’affermare la congruità della motivazione dell’avviso di rettifica, ha ritenuto che gli atti negoziali utilizzati quale parametro per la individuazione del valore in comune commercio, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 erano stati citati in modo specifico, implicitamente respingendo l’eccezione di carenza motivazionale determinata dall’omessa notifica degli atti citati, in quanto ritenuti trascritti nel loro contenuto essenziale.

6.La seconda censura supera il vaglio di ammissibilità, sebbene manchi la trascrizione integrale dell’avviso, opposto sul quale il ricorso si fonda ovvero la localizzazione del menzionato documento prodotto nel giudizio di merito (cfr. Cass. Sez. III, 12 aprile 2016, n. 7111/2016; n. 8163/2016; Cass. n. 5227/2016), in quanto l’atto impositivo risulta trascritto nel controricorso; una soluzione diversa finirebbe col valorizzare una soluzione di carattere formalistico che si tradurrebbe in una violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale (Cass. SU 16 novembre.2017, n. 27199 e Cass. n. 43.70/2019 in materia di deposito della copia autentica della sentenza).

6.1 In applicazione del principio della necessaria proporzionalità tra la sanzione irrimediabile dell’improcedibilità (art. 387 c.p.c.) e la violazione processuale commessa, questa Corte ha reputato difatti che non sia possibile applicare la sanzione dell’improcedibilità allorquando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice per opera della controparte o perchè la documentazione sia stata acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio. Pertanto, ne) caso in cui, come quello in esame, l’adempimento omesso da una parte risultasse espletato dall’altra, nell’ambito della medesima fase iniziale dell’impugnazione, lo scopo di attivare la sequenza procedimentale non potrebbe dirsi impedito, nè apprezzabilmente ritardato, provenendo, del resto, il documento dalla stessa, parte interessata a far constatare la violazione processuale; si tratterebbe di un inutile formalismo, contrastante con le esigenze di efficienza e semplificazione, le quali impongono di privilegiare interpretazioni coerenti con la finalità di rendere giustizia. A far propendere il Collegio verso l’orientamento più liberale è la necessaria proporzionalità tra la sanzione irrimediabile dell’improcedibilità (art. 387 c.p.c.) e la violazione processuale commessa; la strumentalità che le forme processuali hanno in funzione della attuazione della giurisdizione mediante decisioni di merito; la giustizia della decisione (SU 10531/13; Cass. n. 26242/14; Cass. n. 12310/15) quale scopo dell’equo processo.

Anche la recente ordinanza di questa Corte (Cass. n. 29093/2018), che dalla massimazione sembrerebbe andare in contrario avviso ai principi di diritto affermati dalle S.U. citate (n. 27199/2017), in realtà afferma l’inammissibilità del ricorso fondato su documento non prodotto dal ricorrente e comunque non in atti. La decisione richiama un precedente (Cass. n. 18623/2016) che, anteriormente all’arresto delle S.U. del 2017, affermava l’irrilevanza della disponibilità del documento da parte del giudice, se non depositato dal ricorrente. Pure le S.U. n. 34469 del 27/12/2019, secondo le quali sono inammissibilì le censure fondate su atti è documenti del giudizio di merito, qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, si riferiscono alla ipotesi in cui il documento non sia altrimenti rinvenibile nel fascicolo della Corte.

6.2 Ciò premesso, la censura in disamina è fondata, assorbita la terza.

Per quanto concerne, in particolare, l’imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2, stabilisce che l’avviso di rettifica e di liquidazione deve contenere, oltre all’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti presi in considerazione, nonchè delle aliquote applicate nel calcolo della maggiore imposta, anche l’indicazione “degli elementi di cui al D.P.P. n. 131 del 1986, art. 51 in base ai quali (il valore attribuito) è stato determinato”. A sua volta, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 2 e 3 stabilisce che per gli atti che hanno ad oggetto beni immobili, diritti reali immobiliari ed aziende, per valore si intende il “valore venale in comune commercio”; che l’ufficio determina avendo riguardo ai trasferimenti, divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto, relativi all’immobile oggetto di accertamento o ad immobili simili; ovvero al reddito netto capitalizzato producibile dall’immobile, nonchè ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai Comuni.

Ancora, il citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 4), stabilisce anch’esso – a pena di nullità – che l’atto debba indicare “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”, aggiungendosi che se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.

Sulla scorta di questo disposto normativo, la giurisprudenza di legittimità si è attestata nell’affermare, anche con specifico riguardo all’imposta di registro, che “l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum”, ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere” (Cass. n. 11613/2020, in motiv; Cass. n. 25559/2014; Cass. n. 4289/15); aggiungendosi che il parametro di sufficienza e satisfattività dell’obbligo di motivazione dell’atto deve essere vagliato nell’ottica del concreto esercizio del diritto di difesa del contribuente, atteso che: “in materia tributaria, l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa, in modo da poter valutare sia l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”; sicchè tali elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato “non solo tempestivamente,. tramite l’inserimento “ab origine” nel provvedimento, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità idonei a consentire un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (Cass. n. 7056/14; così Cass. 16836/14 ed altre).

6.3 In termini generali, è noto che l’obbligo della motivazione dell’avviso di, accertamento di maggior valore – la cui inosservanza determina, anche in difetto di espressa comminatoria, nullità dell’atto, con il conseguente dovere del giudice tributario, davanti al quale sia impugnato, di dichiararne l’invalidità, astenendosi dall’esame sul merito del rapporto – mira a delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, ed altresì a consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa, al fine indicato. Pertanto è necessario che l’avviso, indipendentemente dal mezzo grafico usato, enunci il criterio astratto in base al quale è stato determinato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per il raggiungimento di detti obiettivi, ed inoltre, in caso di ricorso a criteri diversi da quelli espressamente menzionati dalla legge, evidenzi (sia pure implicitamente) le ragioni che rendano inutilizzabili tali criteri legali nel singolo rapporto, salvi poi restando, in sede contenziosa, l’onere dell’ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi del quantum accertato, nel quadro del parametro prescelto, e la facoltà del contribuente di dimostrare l’infondatezza della pretesa anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio (Sez. 1, Sentenza n. 11420 del 12/11/1998; conf. Sez. 5, Sentenza n. 4541 del 11/04/2000).

Ciò sul rilievo che l’avviso di accertamento ha carattere di provocatio ad opponendum e, pertanto, soddisfa l’obbligo della motivazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 ogni volta che l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur.

L’adeguatezza della motivazione non è esclusa da una motivazione per relationem dell’atto impositivo, ossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, anche ove lo stesso si concreti nel richiamo alle risultanze di un’indagine di mercato; purchè, nell’ipotesi di mancata allegazione, nell’atto ne venga riprodotto il contenuto essenziale, allo scopo di consentire al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato (Sez. 5, Ordinanza n. 4396 del 23/02/2018; Sez. 5, Sentenza n. 12394 del 22/08/2002).

In particolare, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno a. d oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato per il raffronto valutativo, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto utilizzato per la comparazione (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21066 del 11/09/2017). Per contenuto essenziale si intende l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Sez. 6 5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017).

Orbene, fermo restando che, nel caso di specie, è incontestata la loro mancata allegazione all’avviso di rettifica opposto dalla società contribuente, dalla trascrizione dei passi della motivazione dell’atto impositivo contenuti nel controricorso emerge il riferimento a due atti di trasferimento immobiliare registrati presso l’Agenzia delle Entrate negli anni 2008 e 2009, identificati numericamente e concernenti aree edificabili individuate tramite. i dati catastali.

Non è revocabile in dubbio che nella descrizione sintetica degli atti utilizzati in termini parametrici non “sono state riprodotte le caratteristiche essenziali dei relativi beni nè degli atti che li riguardavano, non potendo a tal fine reputarsi sufficiente la mera indicazione dei dati catastali e dei numeri identificativi di registrazione degli atti presso l’Agenzia delle Entrate; dovendosi intendere per contenuto essenziale l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento la cui indicazione deve consentire al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare” gli elementi della motivazione del provvedimento (così Cass. n. 6914 del 25/03/2011; conf. Cass. Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017).

6.4 Nè, con riferimento agli atti di compravendita comparativi presi in considerazione nell’atto opposto, sarebbe possibile sostenerne la conoscibilità, trattandosi di atti pubblici, atteso che degli stessi non risultano riportati i numeri di repertorio e di raccolta, la data precisa della loro stipula (risultando indicati solo il mese e l’anno) nè il nominativo del notaio rogante (Cass. n. 7649/2020, in motiv; n. 252527/2019, in motiv per una più rigorosa applicazione del principio in disamina; v. Cass. n. 3388/2019; Cass. n. 17226/2019; n. 2564/2018, in motiv; Cass. n. 24417/2017; Cass. n. 21066/2017; Cass. n. 11623/ 2017). L’avviso in esame, in definitiva, non solo non allegava gli atti di comparazione presi a riferimento e non ne riportava il contenuto essenziale a sostegno della pretesa impositiva; ma nemmeno li indicava nei loro estremi di registrazione e pubblicazione, non potendo gli estremi della registrazione degli atti comparativi presso l’agenzia delle Entrate rappresentare per il destinatario dell’atto impositivo un elemento idoneo quantomeno per accedere ad essi e controllarne la reale idoneità comparativa; con riguardo, in particolare, al dato fondamentale costituito dalla effettiva rispondenza delle caratteristiche degli immobili assunti a comparazione con quelle dell’immobile oggetto di rettifica.

L’indicazione del “criterio astratto” utilizzato dall’amministrazione finanziaria (criterio comparativo, così come previsto per legge) unitamente all’indicazione dei dati di registrazione presso l’agenzia degli atti stipulati nel triennio e concernenti beni similari, utilizzati per la comparazione, non poteva dunque dare conto (sebbene in forma sintetica ed essenziale) dei necessari parametri di comparazione concretamente adottati.

7. In definitiva, il ricorso merita accoglimento con riferimento al secondo motivo, respinto il primo.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento al motivo accolto.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di dichiarare la nullità dell’avviso di rettifica impugnato.

La recente evoluzione giurisprudenziale sul tema al momento del ricorso originario giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio di merito. Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il secondo motivo, respinto il primo ed assorbita la terza censura; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara la nullità dell’avviso di rettifica impugnato;

– compensa le spese della fase di merito;

– condanna la resistente al rimborso, in favore della società contribuente, delle spese della presente fase di giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre rimborso delle spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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