Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7155 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 15/03/2021), n.7155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 419-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

G.S., P.M., G.F., P.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA, Piazza Cavour presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’avvocato PAOLA BURIONI;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 337/2014 della COMM.TRIB.REG. di PERUGIA,

depositata il 20/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.1 contribuenti indicati in epigrafe impugnavano l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro relativo all’atto di compravendita per Notaio Campioni del 12 aprile 2010 avente ad oggetto vari immobili siti nel Comune di Baschi, sul presupposto che, trattandosi di immobili privi di rendita definitiva mancava la dichiarazione di volersi avvalere della valutazione automatica ai sensi del D.L. n. 70 del 1988, art. 12.

Con il ricorso sostenevano l’applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497 trattandosi di immobili censiti in catasto con una rendita provvisoria.

La CTR dell’Umbria con sentenza n. 337/04/2011 depositata il 20.05.2011 confermava la pronuncia di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Avverso tale sentenza l’amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

I contribuenti hanno depositato controricorso con ricorso incidentale in punto di spese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’Agenzia ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la suindicata sentenza per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52 in combinato disposto con il D.L. n. 70 del 1988, art. 12 e L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497 rilevando che la CTR aveva ritenuto legittimo l’atto di accertamento nonostante la mancata dichiarazione da parte dei contribuenti D.L. n. 70 del 1988, ex art. 12 conv. in L. n. 154 del 1988; norma che l’ente riteneva applicabile nel caso di specie.

3. Con ricorso incidentale, i contribuenti lamentano la violazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, dell’art. 92 c.p.c., nonchè dell’art. 132, comma 2 e dell’art. 118 disp att. c.p.c., per avere il decidente compensato le spese del giudizio, nonostante la totale soccombenza dell’Agenzia e l’assenza di motivazione in relazione ai giustificati motivati.

4. Il ricorso principale merita accoglimento.

Il D.P.R. n. 131 del 1986 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), art. 52 (Rettifica del valore degli immobili e delle aziende) al comma 1, prevede che “L’ufficio, se ritiene che i beni o i diritti di cui all’art. 51, commi 3 e 4 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni”, precisando i successivi commi 2 e 3 che “l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere l’indicazione del valore attribuito a ciascuno dei beni o diritti in esso descritti, degli elementi di cui all’art. 51 in base ai quali è stato determinato, l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, nonchè dell’imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso” e che “la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma”. Infine, il comma 4 introduce una deroga al potere di rettifica.e, in particolare, prevede che “Non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di, rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, nè i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli artt. 47 e 48”.

Allo stesso modo il D.L. n. 70 del 1988, art. 12, conv. in L. n. 154 del 1988 sancisce un ulteriore ipotesi di applicazione dell’art. 52, comma 4, cit. disponendo che esso si applica “(…) anche ai trasferimenti di fabbricati o della nuda proprietà, nonchè ai trasferimenti ed alle costituzioni di diritti reali di godimento sugli stessi, dichiarati ai sensi dell’art. 56 del regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, ma non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita. Il contribuente è tenuto a dichiarare nell’atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo (…) la domanda non può essere inviata per posta e dell’avvenuta presentazione deve essere rilasciata ricevuta in duplice esemplare, che il contribuente è tenuto a produrre al competente ufficio del registro, entro sessanta giorni dalla data di formazione dell’atto pubblico, o di registrazione della scrittura privata, ovvero dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti giudiziari, ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di successione”. In considerazione del fatto che non tutti i beni immobili, se pur correttamente dichiarati in catasto, risultavano iscritti negli atti catastali e a volte sono privi della rendita, il legislatore con il cit. art. 12, comma 1, ha esteso la facoltà di avvalersi della “valutazione automatica” anche agli immobili ancora privi di rendita, purchè regolarmente dichiarati in catasto. Difatti, tale particolare procedura, consente al contribuente, che ne faccia richiesta, in ordine ad un immobile non ancora censito, la determinazione della definitiva base imponibile in funzione della rendita catastale che sarà attribuita dall’Agenzia del Territorio ed il pagamento dell’eventuale maggiore imposta dovuta, senza sanzioni, in un momento successivo all’atto di compravendita. La L. 13 maggio 1988, n. 154, art. 12 ed in particolare il comma 1, detta degli obblighi a carico di quei contribuenti che vogliono avvalersi, per la determinazione dell’imponibile dell’automatismo citato, qualora il reddito di riferimento non risulti ancora iscritto negli atti catastali. Detti obblighi consistono, ai fini che qui interessano, nella dichiarazione espressa nell’atto o nella dichiarazione di successione di volersi avvalere delle disposizioni portate dall’art. 12 in esame e nell’allegazione alla domanda di voltura di una specifica istanza per l’attribuzione della rendita catastale, riportante gli estremi dell’atto o della dichiarazione di successione, nonchè gli identificativi degli immobili oggetto di trasferimento.

Con il decreto L. 20 giugno 1996, n. 323 è stata introdotta una notevole semplificazione della procedura, consentendo al contribuente di avvalersi della “rendita proposta” elaborata tramite la procedura informatica denominata Docfa. Con l’entrata in vigore della procedura Docfa è divenuta obbligatoria l’immediata attribuzione di una rendita catastale proposta dal tecnico professionista incaricato in sede di accatastamento iniziale o di variazione successiva. Pertanto, a seguito di questa modifica procedurale, il sistema catastale, proprio al fine di una maggiore certezza dei rapporti giuridici e delle eventuali ripercussioni in ambito impositivo, è strutturato in modo tale che tutti gli immobili iscritti in catasto siano immediatamente provvisti di rendita catastale(provvisoria). L’alternativa possibile con riferimento al singolo immobile iscritto sarà unicamente che ci sia stata attribuzione di rendita definitiva o attribuzione di rendita proposta da un tecnico professionista in attesa di conferma o rettifica a cura dell’Ufficio. In conseguenza di questa evoluzione del sistema catastale, nel contesto dell’art. 12 è stato introdotto il comma 2-bis in forza del quale, relativamente agli immobili con rendita proposta, la cd. valutazione automatica veniva subordinata unicamente alla dichiarazione in atto di volersene avvalere.

L’esigenza di fare emergere i corrispettivi reali, anche agli effetti dell’accertamento delle imposte sui redditi, ha determinato il legislatore a compiere una ulteriore modifica nella disciplina sostanziale dell’imposta di registro introducendo il cd. prezzo-valore quale sistema opzionale di determinazione della base imponibile.

Infine, la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, ha, poi, previsto un ulteriore ipotesi di applicazione dell’art. 52, comma 4, cit., laddove dispone che “In deroga alla disciplina di cui al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 43 e fatta salva l’applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), ultimo periodo, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 4 e 5, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito”. Per effetto di tale ultima disposizione, in vigore dal 1 gennaio 2006, in presenza delle condizioni da essa previste, è possibile, quando si acquista un immobile che non beneficia delle agevolazioni fiscali previste per la prima casa, calcolare la base imponibile, e su questa l’entità dell’imposta di registro, sul valore catastale, generalmente inferiore al prezzo di vendita. A fronte di ciò la norma richiama i limiti imposti all’Agenzia delle Entrate dall’art. 52, comma.

E’ evidente che la disciplina del cd. prezzo-valore è incentrata sul presupposto che l’immobile sia fornito di una rendita rispetto alla quale operare la determinazione del valore.

La questione da dirimere è dunque se il sistema del prezzo valore trovi applicazione anche con riferimento agli immobili con attribuzione di rendita proposta con la procedura Docfa.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento questa Corte (Cass. n. 3409/2019) ha affermato che nell’ipotesi in cui il contribuente, alla stregua del D.M. n. 701 del 1994, prima della stipula dell’atto, presenti volontariamente la dichiarazione di unità di nuova costruzione o la variazione dell’unità già esistente, avvalendosi della procedura DOCFA, il sistema del prezzo valore trova applicazione anche con riferimento agli immobili con attribuzione di rendita proposta con la procedura Docfa. Secondo detta tesi, l’attuale sistema catastale prevede una rendita “proposta” dal tecnico professionale che appare visualizzabile con la dicitura rendita “non definitiva” per mancato decorso del termine annuale. In detta ipotesi l’immobile è munito di una rendita che solo eventualmente sarà rettificata dagli Uffici competenti, con la conseguenza che il regime del prezzo-valore troverebbe applicazione anche agli immobili con attribuzione di rendita non definitiva, senza l’obbligo di effettuare la dichiarazione di cui all’art. 12 cit.. Ciò in quanto “della L. n. 266 del 2005, art. 1, il comma 497 è norma successiva rispetto a quella del D.L. n. 70 del 1988 e soprattutto è espressione di un sistema di regole più ampio, che supera il limite formale segnato dalla norma del D.L. n. 70, art. 12, comma 2-bis”. La circostanza che nell’atto di cessione si faccia richiesta di applicazione del meccanismo del “prezzo-valore” deve intendersi essa stessa quale richiesta di attribuzione della rendita catastale (che diverrà) definitiva. Nell’ottica di tale ricostruzione per l’accesso al beneficio appare superflua; ad avviso della Corte, laddove l’immobile acquistato sia fornito della sola rendita catastale “proposta” nelle forme del D.M. n. 701 del 1994 e pertanto non risulti ancora “validata”, la domanda di attribuzione della rendita catastale secondo quanto continua a disporre del D.L. n. 70 del 1988, art. 12, il comma 2-bis; il quale stabilisce – come già evidenziato – che per gli immobili forniti di rendita catastale solo proposta ai fini della valutazione automatica di cui all’art. 52 del TUR, comma 4 il contribuente debba formulare apposita istanza di attribuzione di rendita catastale nell’atto. In detta ipotesi, il Collegio ha ritenuto irrilevante, dunque, l’osservanza delle regole formali stabilite dall’art. 12, comma 2-bis citato, se alla cessione dell’immobile abitativo, fornito di rendita solo proposta e non validata, si accompagni la richiesta di applicazione del “prezzo-valore”.

Secondo la decisione delle Corte, la circostanza che nell’atto di cessione si faccia richiesta di applicazione del meccanismo del “prezzo-valore” deve intendersi essa stessa quale richiesta di attribuzione della rendita catastale (che, diverrà) definitiva, osservando che il D.L. n. 223 del 2006 ha aggiunto all’art. 52 del TUR, il comma 5-bis il quale ha previsto che “le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497”.

Secondo l’opposto prevalente indirizzo di questa Corte (Cass. n. 4055 del 2019 e n. 4072/2020), cui questo collegio intende dare continuità, invece, “In tema di imposta. di registro, ipotecaria e catastale, al fine di potersi avvalere del regime del cd. prezzo-valore per la determinazione della base imponibile anche con riferimento agli immobili privi di rendita o con rendita non definitivamente attribuita, ma solo proposta con la procedura DOCFA, di cui al d. m. 19 aprile 1994, n. 701, è necessario che le parti chiedano espressamente nell’atto l’applicazione del D.L. n. 70 del 1988, art. 12 conv. in L. n. 154 del 1988, non potendo tale istanza ritenersi implicita nella diversa richiesta di applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 497, che si riferisce alle sole cessioni di immobili ad uso abitativo iscritti in catasto con attribuzione definitiva di rendita”.

Ciò sul rilievo che l’art. 12 regola quelle ipotesi in cui all’atto del trasferimento l’immobile sia privo di rendita catastale, consentendo al contribuente di effettuare la dichiarazione di cui alla norma in esame e di allegare alla domanda di voltura specifica istanza per l’attribuzione della rendita catastale.

Nell’ipotesi in cui, invece, il contribuente alla stregua del D.M. n. 701 del 1994, prima della stipula dell’atto, presenta volontariamente la dichiarazione di unità di nuova costruzione o la variazione dell’unità già esistente, avvalendosi della procedura DOCFA, occorre distinguere tra rendita proposta non definitiva e rendita proposta divenuta definitiva.

Se, difatti, non è decorso ancora l’anno dalla presentazione della dichiarazione Docfa e quindi la rendita non è ancora definitiva, risultando solo “proposta”, avendo l’uffiCio il termine di un anno (ritenuto comunque ordinatorio) per la rettifica della stessa, il contribuente ha l’onere di effettuare al momento della stipula della transazione anche la dichiarazione di cui all’art. 12 per avvalersi del sistema di valutazione automatica sulla base della rendita catastale; se invece la rendita è divenuta definitiva, essendo decorso l’anno dalla presentazione della dichiarazione Docfa (termine ordinatorio), il reddito catastale è da considerarsi definitivo e non si richiede una ulteriore attività al contribuente (come la dichiarazione ex art. 12 cit.), al fine di limitare l’azione dell’amministrazione finanziaria.

Nella fattispecie, risulta che, all’epoca della compravendita, l’immobile era provvisto solo di rendita “proposta” mediante procedura DOCFA (aprile del 2010), mentre, al momento della notifica dell’avviso opposto (anno 2012), la rendita risultava rettificata dall’Agenzia il 14 ottobre 20115 (pagina 3 del ricorso per cassazione). Tuttavia, secondo la previsione di cui alla L. n. 344 del 2000, art. 74, comma 1 il provvedimento con il quale l’Agenzia del territorio modifica la rendita proposta dal contribuente necessita la notificazione della rendita al contribuente, al fine di attribuire alla rendita stessa rilevanza ai fini fiscali.

Ne consegue che la rendita divenuta definitiva nell’ottobre del 2010 non poteva retroagire alla data della denuncia (docfa), con l’effetto che – nonostante la successiva rettifica dell’Agenzia – al momento della conclusione del contratto di trasferimento immobiliare, la rendita proposta era ancora provvisoria.

La CTR – nel rilevare che gli immobili erano provvisti di rendita catastale provvisoria per “come risulta dalla disamina dell’atto di compravendita” e, dunque, in ragione di ciò era precluso all’Ufficio procedere, in assenza di dichiarazione del contribuente D.L. n. 70 del 1988, ex art. 12 conv. in L. n. 154 del 1988, all’emissione dell’atto di rettifica – non ha fatto corretta applicazione dei suindicati principi. In ragione di quanto sopra il ricorso deve essere accolto.

L’accoglimento del ricorso principale determina il venir meno dell’interesse a proporre il ricorso incidentale, in quanto dalla cassazione della sentenza d’appello viene rimesso in discussione anche il regime delle spese dell’intero processo (Cass. n. 10264/2007).

Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con il rigetto dell’originario ricorso dei contribuenti.

La recente formazione del richiamato orientamento giurisprudenziale in merito alla questione in disamina costituisce idonea ragione per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile quello proposto in via incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso dei contribuenti. Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA