Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7154 del 13/03/2020

Cassazione civile sez. I, 13/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 13/03/2020), n.7154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 30154-2018 proposto da:

H.W.C., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato

PAOLO SASSI giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO n. 1839/2018,

depositato il 28.8.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17.12.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

H.W.C. propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Campobasso aveva respinto il ricorso presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e, in subordine, di protezione umanitaria;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso il ricorrente, che narra di essere fuggito dalla (OMISSIS) perchè il padre lo voleva affiliare ad una setta segreta, denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 1, lett. e) e g), artt. 3,14 e art. 16, comma 1, lett. b), nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, lamentando che, nel rigettare la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, il Tribunale aveva omesso di rapportare la sua vicenda personale alla documentazione prodotta, avendone escluso la credibilità senza valutare la situazione generale del suo Paese di origine, caratterizzata da insicurezza, diffusione della criminalità organizzata, elevato rischio di attentati terroristici, totale mancanza di presidi di legalità e violazione dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza, nonchè dalle precarie condizioni di vita della popolazione;

1.2. con il secondo motivo il ricorrente censura, prospettando anche in questo caso il vizio di violazione di legge e omesso esame d’un fatto decisivo, il rigetto della domanda di “protezione umanitaria”, argomentando che in (OMISSIS) esiste una grave instabilità politica ed economica e che tale situazione non garantiva al ricorrente la tutela dei diritti fondamentali della persona;

1.3. con il terzo motivo si denuncia violazione di legge censurando il decreto impugnato per aver revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in virtù della ritenuta infondatezza della domanda, conseguente all’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria ed all’omesso esame delle fonti d’informazione internazionali; il ricorso va accolto nel primo motivo assorbiti gli altri.

1.4. va premesso che la valutazione di credibilità o affidabilità del richiedente la protezione non è frutto di soggettivistiche opinioni del Giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilità intrinseca (cfr. Cass. n. 26921/2017);

1.5. inoltre, il Giudice deve tenere conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente”, con riguardo alla sua condizione sociale e all’età (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 3, lett. c), e acquisire le informazioni sul contesto socio-politico del paese di rientro, in correlazione con i motivi di persecuzione o i pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi (Cass. n. 16202/2012);

1.6. la credibilità delle dichiarazioni del richiedente la protezione non può essere, inoltre, esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti su aspetti secondari o isolati, quando sia mancato un preliminare scrutinio dei menzionati criteri legali previsti per la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni, specie quando il giudice di merito non abbia concluso per l’insussistenza dell’accadimento (cfr. Cass. n. 8282/2013);

1.7. a tali indicazioni il decreto impugnato si è sottratto, poichè, quanto alla mancata concessione della protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b e c il Tribunale non ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – ossia le minacce subite dal padre che lo voleva inserire in una setta segreta contro la sua volontà -, non è credibile, essendosi limitati i Giudici del merito ad affermare che il motivo di doglianza avverso la decisione di diniego della Commissione Territoriale era “assolutamente generico ed indeterminato”, valutando erroneamente il ricorso come un’impugnazione del predetto provvedimento sebbene il giudizio introdotto mediante ricorso al Tribunale avverso quest’ultimo abbia ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, e debba pervenire alla decisione nel merito circa la spettanza, o meno, del diritto stesso non potendo limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo;

1.8. il Tribunale ha inoltre posto in rilievo elementi secondari o irrilevanti (“… nè si comprende come mai (ndr. il ricorrente) non si sia rivolto alle forze dell’ordine locali per evitare il sopruso ovvero non si sia trasferito in altra città del suo Paese ove poter evitare le pressioni dell’invadente genitore”), senza valutare la sostanziale “coerenza” e “plausibilità” del racconto e senza escludere la sostanziale verità del fatto consistente nelle pressioni ricevute per farlo aderire ad una setta;

1.9. con riguardo, invece, alla protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) le censure del ricorrente non hanno fondamento avendo il Tribunale indicato in modo non generico le fonti del proprio convincimento (report Amnesty International 2017-2018) circa la situazione sociopolitica della (OMISSIS) (ed in particolare la regione di (OMISSIS), zona di provenienza del richiedente) con riguardo all’insussistenza di una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata;

2. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il primo motivo di ricorso va accolto nei limiti dianzi illustrati, assorbito il secondo ed il terzo, con conseguente cassazione dell’impugnato decreto e rinvio per nuovo esame al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti il secondo ed il terzo motivo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Campobasso, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione Sezione Prima Civile, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2020

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