Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7150 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. I, 15/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 15/03/2021), n.7150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13947/2019 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in Roma presso la

Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Pm Presso Tribunale Caltanissetta,

Procuratore Generale Presso Suprema Corte Di Cassazione;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

11/03/2019;.

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/02/2021 da Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Caltanissetta con decreto in data 13/3/2019, ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale in ordine alle istanze avanzate da I.S. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dallo Stato del Bangladesh aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere fuggito dal proprio paese perchè aveva accidentalmente colpito il figlio del Sindaco durante una rissa scoppiata a causa di una partita di cricket e, poichè il ragazzo aveva perso un occhio, il Sindaco lo aveva minacciato di morte. Avverso la decisione del Tribunale di Caltanissetta il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, artt. 4 e 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il provvedimento della Commissione Territoriale era stato redatto e sottoscritto da un solo componente. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 722 del 1954, art. 1, lett. A), per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, da concedersi anche in caso di timore solo potenziale di subire persecuzioni.

Con il terzo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 8, per aver ritenuto non credibile il ricorrente e violato il dovere di cooperazione istruttoria escludendo così i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria e umanitaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il primo motivo è inammissibile in quanto nuovo e mai formulato davanti al Giudice di merito non risultando dal decreto del Tribunale di Caltanissetta che il ricorrente abbia lamentato in quella sede la nullità del provvedimento di rigetto della Commissione Territoriale.

In ogni caso la composizione ed il funzionamento delle Commissioni territoriali sono in dettaglio disciplinati del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 4, commi 3 e 4, rubricato: “Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale”. L’art. 35 del medesimo D.Lgs. stabilisce al comma 1 che: “Avverso la decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria è ammesso ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. Il ricorso è ammesso anche nel caso in cui l’interessato abbia richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sia stato ammesso esclusivamente alla protezione sussidiaria”.

Questa Corte con Sez. 1 n. 32862/2018 ha affermato che “…Ipotetiche violazioni delle regole poste dal citato art. 4 in ordine alla composizione ed al funzionamento delle Commissioni territoriali non possiedono, di per sè, alcuna attitudine a produrre ricadute sul riconoscimento del diritto alla protezione richiesta. Infatti nella fase giurisdizionale del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, la quale non è diretta all’impugnazione del provvedimento adottato dalla Commissione territoriale, ma alla verifica della sussistenza del diritto alla protezione richiesta, non dispiegano alcun rilievo, per i fini dell’accoglimento della domanda, eventuali violazioni delle regole dettate dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 4, commi 3 e 4, di guisa che l’omessa pronuncia da parte del giudice di merito sulla deduzione di dette violazioni non può essere fatta valere in sede di legittimità quale vizio di attività rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

I restanti motivi di ricorso sono del pari inammissibili in quanto si sostanziano per la gran parte in una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte, dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento circa la mera eventualità del pericolo paventato dal ricorrente e riconducibile a questioni di carattere privato prive di rilevanza ai fini della concessione della protezione internazionale.

Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, cioè il Bangladesh.

Il giudice territoriale non è venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che sulla base dei fatti lamentati e le vicende riferite dal ricorrente non sussista la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. a) e b), sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e che in ogni caso doveva escludersi un’esposizione alla lesione dei diritti fondamentali della persona o l’esistenza di una situazione di pericolo legata alla situazione individuale dell’istante in considerazione anche della scarsa attendibilità della vicenda narrata.

In particolare riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la sentenza impugnata esamina la situazione della zona di provenienza ed esclude i presupposti per la protezione sussidiaria in quanto non risulta dalle indicate fonti reperibili che la zona di provenienza sia interessata da violenza indiscriminata o da un conflitto armato di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona. Il motivo in ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria si rivela inammissibile in quanto censura senza peraltro alcun riferimento alla situazione individuale l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente. Il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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