Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7149 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. I, 24/03/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 24/03/2010), n.7149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2460-2008 proposto da:

SEGIMM 99 S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, C.NE

CLODIA 29, presso l’avvocato RINALDI FERRI LUIGI, che la rappresenta

e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO AERRE 98 S.R.L. N. (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), già

IMCA 1993 S.R.L., in persona del Curatore Avv. D.L.M.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII 508, presso

l’avvocato GENTILE GIANCARLO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PRESTIFIN S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1927/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GENTILE che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

il P.G. Dott. PRATIS nulla osserva.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

con atto di citazione, notificato il 3.12.2002 la Segimm 99 s.r.l.

proponeva appello dinanzi alla Corte d’Appello di Roma avverso la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale, in accoglimento della domanda del Fallimento Aerre 98 s.r.l. detto giudice aveva dichiarato l’inefficacia, ex art. 67, comma 2, L. Fall., della compravendita immobiliare a rogito notaio Andrea De Nicola di Roma, intervenuta tra la Aerre 98 s.r.l. e la Prestifin s.r.l., nonchè del successivo atto di compravendita a rogito del medesimo notaio, intervenuta in data 20.1.1999 tra la Prestifin s.r.l. e la Segimm 99 s.r.l..

Detta sentenza veniva impugnata con appello incidentale anche dalla Prestifin s.r.l..

La Corte d’Appello adita dichiarava inammissibile l’appello incidentale della Prestifin s.r.l. e rigettava l’appello principale della Segimm 99 s.r.l..

Avverso detta sentenza la Segimm 99 s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi. Il Fallimento Aerre 98 s.r.l. ha resistito con controricorso. Entrambe hanno depositato memorie.

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 66 e 67 nonchè dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 66 e 67 nonchè dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto provata la consapevolezza della scientia damni sulla base di affermazioni apodittiche e non argomentate.

Il giudice di primo grado e la Corte d’Appello hanno ritenuto revocabile anche la successiva compravendita, intervenuta in data 20.1.1999 tra la Prestifin s.r.l. e la Segimm s.r.l. ritenendo la sussistenza della mala fede del terzo sub acquirente per la conoscenza delle cause che determinavano l’inefficacia della precedente compravendita in base ai seguenti elementi:

l’esistenza del collegamento tra le due società, emergente dalle visure del registro delle imprese, da cui risultava che la s.p.a.

Finnat Investments, attraverso la Finnat Fiduciaria s.p.a. era socio al 50% della Prestifin s.r.l. e la stessa Finnat Investments s.p.a.

aveva il controllo dell’intero capitale sociale della Segimm s.r.l., essendo proprietaria dell’intero capitale sociale della Fedra s.r.l., unico socio della Segimm;

il fatto che entrambe le due società avevano fissato la propria sede nell’immobile compravenduto;

la riduzione del prezzo della compravendita da L. 1.800.000.000, pattuite coll’atto del 29.12.1997, a L. 1.500.000.000, pattuite con l’atto del 20.1.1999, contraria a qualsiasi valutazione non solo di convenienza, ma anche semplicemente di opportunità economica, indicativa della necessità della venditrice di “svendere “l’immobile e, quindi, idonea a creare un immediato allarme per un imprenditore commerciale ordinariamente avveduto.

La ricorrente con i due motivi di ricorso contesta la decisività del primo elemento, assumendo che, essendo la Finnat Investments s.p.a.

una società fiduciaria, non potrebbe desumersi e ritenersi provata la conoscenza o conoscibilità da parte di una società partecipata delle vicende che riguardano un’altra società partecipata e, segnatamente, le eventuali cause di revocabilità degli acquisti rispettivamente compiuti.

Contesta la decisività della identità di sede, essendo di comune esperienza che una società possa trasferire la propria sede nell’immobile acquistato e mantenervela anche dopo averlo a sua volta rivenduto, specie se la “convivenza” è resa possibile dalle caratteristiche e dalle dimensioni dell’immobile.

Contesta la decisività della riduzione del prezzo, essendo questa legata a fisiologiche oscillazioni del mercato e la affermata necessità di “svendere” l’immobile, affermazione che sarebbe di tutto priva di motivazione.

Infine sarebbe un assunto apodittico l’affermazione della Corte d’Appello, secondo cui – pur non costituendo un onere diretto del sub acquirente di verificare il precedente atto di acquisto e le circostanze dello stesso – tuttavia la omissione di tale accertamento, in presenza degli elementi anzidetti, si inquadrerebbe nella consapevolezza, da parte del sub-acquirente, delle ragioni di revocabilità dell’atto di provenienza.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

il ricorso è manifestamente infondato.

Trattandosi di una ipotesi di revocatoria ordinaria il curatore del fallimento è tenuto a provare che il sub-acquirente al momento dell’acquisto era consapevole della circostanza che l’atto di acquisto intervenuto tra il suo dante causa ed il debitore fallito era revocabile ai sensi dell’art. 67, L. Fall..

Tale prova può essere fornita anche attraverso presunzioni, purchè siano gravi, precise e concordanti, costituendo anche queste mezzi di prova in senso tecnico.

La ricorrente contesta la decisività degli elementi in questione, esaminandoli singolarmente.

I requisiti della gravità, precisione e concordanza non devono essere accertati prendendo in considerazione ogni singolo elemento separatamente dagli altri, come fatto dalla ricorrente, ma considerando complessivamente tutti i fatti noti, al fine di stabilire se da tali fatti, globalmente considerati, si può argomentare, alla stregua di canoni di normalità causale e di ragionevole probabilità, l’esistenza del fatto ignoto.

Questo è quanto ha fatto il giudice di merito, fornendo al riguardo una congrua, esauriente, logica e giuridicamente corretta motivazione.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Conseguentemente, in virtù del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che appare giusto liquidare, a favore del fallimento resistente, in Euro 2.700,00 (duemilasettecento), di cui Euro 2.500,00 per onorari oltre spese generali ed accessori di legge.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento a favore del fallimento resistente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.700,00 (duemilasettecento), di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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