Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7148 del 12/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7148 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 3691-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE

ENTRAIE 11210661002, in persona del

Direttore pro tempore elettivamente dorniciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso LAVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
THE EASHION MODEL MANAGEN1ENT SRL, VIGANO’
CARLO;
– intimatiavverso la sentenza n. 185/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 23/10/2013,
depositata il 20/11/2013;

A521
:AZ .

Data pubblicazione: 12/04/2016

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2014 n. 03691 sez. MT – ud. 02-03-2016
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. eiv., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

osserva:
L’Agenzia propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Commissione tributaria regionale di Milano, con la quale -in controversia
concernente impugnazione di avviso irrogazione di sanzioni per il ritardato
versamento di ritenute di acconto su corrispettivi pagati a soggetti non residenti,
omissione già fatta oggetto di precedente avviso di accertamento con il quale era
già stata contestata la sanzione per infedele dichiarazione- la Commissione,
confermando la pronuncia della CTP di Milano (n. 90-03-2012), ha rigettato
l ‘ appello.
La sentenza impugnata ha ritenuto che —con riguardo alla vicenda processuale
relativa all’avviso di accertamento principale- il ricorso per cassazione contro la
pronuncia della CTR che aveva accolto il ricorso della parte contribuente era
stato tardivamente notificato, sicché non “aveva senso attendere un’ovvia
pronuncia di reiezione”. Meritava tuttavia osservare che per sfuggire all’obbligo
di versamento delle ritenute di cui trattasi, bastava alla società contribuente
documentare (con attestati delle autorità estere) che il reddito del lavoratore
pagato dalla società contribuente medesima concorre all’imponibile ivi tassato.
Poiché risultava che la società avesse dato tale prova, ne conseguiva ritenere che
la stessa non dovesse operare la ritenuta fiscale. Perciò, l’atto di irrogazione
delle sanzioni, a riguardo di una violazione inesistente, doveva essere annullato.
L’Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a due motivi.
La contribuente “The Fashion Model Management srl” non si è difesa.

Ricorso n. 3691/2014 R.G.

i

letti gli atti depositati,

Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può
essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Il primo motivo di ricorso (rubricato come “Omessa,

insufficiente o

contraddittoria motivazione ….nonchè violazione e falsa applicazione della
normativa attinente le ritenute d’imposta ai sensi dell’art.360 n.3 cpc) appare

La ricorrente si è doluta del fatto che i giudicanti abbiano ritenuto intempestivo
l’atto di ricorso per cassazione (invece del tutto tempestivo) avverso la decisione
della CTR a riguardo dell’avviso di accertamento “principale”, così recependo
del tutto acriticamente la doglianza della parte contribuente.
La censura non si conforma all’archetipo del vizio richiamato (quale risultante
dalla novella dell’art.360 comma 1 n.5 introdotta dal D.L. n.8312012 a decorrere
dall’impugnazione delle pronunce pubblicate trenta giorni dopo l’entrata in
vigore della Legge 7 agosto 2012, n. 134 di conversione del detto Decreto
Legge), che necessita dell’indicazione del fatto decisivo di cui è stato omesso
l’esame, ma si è limitata ad una critica di complessiva inadeguatezza del
requisito motivazionale del provvedimento giudiziario che avrebbe dovuto
essere —semmai- dedotta sotto altro e diverso profilo di doglianza.
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.25
comma 2 del DPR n.600/1973) la parte ricorrente —dopo avere evidenziato che
l’Ufficio aveva esaminato il modello 770 della ricorrente per il periodo di
imposta qui in esame ed in particolare la documentazione prodotta a supporto
dell’applicazione della disciplina inerente la ritenuta d’imposta di cui qui
trattasi, si che si era evidenziata la carenza della prova delle condizioni
necessarie per fruire del regime convenzionale- chiedeva la cassazione della
decisione impugnata.
Il motivo di impugnazione appare inammissibile, per difetto di inerenza alla
ratio della pronuncia impugnata.

Ricorso n. 3691/2014 R.G.

1Dala

inammissibile e se ne propone il rigetto.

In realtà, nel motivo non è formulata alcuna espressa critica e perciò nessuna
formale impugnazione delle ragioni della decisione, atteso che il motivo si limita
a passare in rassegna l’attività istruttoria compiuta dall’ufficio, senza che nulla
sia detto a proposito delle deduzioni e produzioni giudiziali a riguardo di detta
attività istruttoria, sicché il motivo è monco di qualsivoglia riferimento al fatto

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2015

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide
la proposta del relatore a riguardo delle ragioni di inammissibilità del primo
motivo; non condivide invece le ragioni addotte dal relatore a sostegno della
proposta di inammissibilità del secondo motivo che appare —inveceinammissibile per una diversa ragione, e cioè per il fatto che la ratio che
sorregge la decisione impugnata riposa nella valutazione delle concrete
circostanze di fatto (l’integrata prova della concorrenza del reddito del
lavoratore alla formazione dell’imponibile già tassato all’estero), sicché appare
del tutto distonica la censura centrata sulla violazione della norma di diritto
interpretata nell’ottica della impossibilità della parte contribuente di fornire
autocertificazione del domicilio fiscale del percipiente, censura che avrebbe
dovuto —semmai- risultare improntata all’errore di fatto commesso dal
giudicante;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte
vittoriosa non si è costituita.
P.Q.M.
Ricorso n. 3691/2014 R.G.

11) at u

processuale.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 2 marzo 2016

Il Presi nte

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