Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7147 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. I, 15/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 15/03/2021), n.7147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9189/2015 proposto da:

Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Astaldi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Udine n. 6, presso lo studio

dell’avvocato Annoni Marco, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Segato Andrea, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 934/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Anas spa, a seguito di licitazione privata, affidò in data 24 maggio 2000 all’Impresa Astaldi spa i lavori di appalto relativi alla sistemazione della (OMISSIS) da ultimarsi entro il 10 ottobre 2004. A causa di difficoltà esecutive di vario genere, l’impresa iscriveva nel registro di contabilità varie riserve per un importo complessivo di Euro 15.525.377,49 ed attivava il procedimento arbitrale previsto dall’art. 20 del Capitolato Speciale d’appalto.

Il Collegio arbitrale con lodo in data 2/11/2005 dichiarò la propria competenza ed accolse i quesiti posti ad eccezione dei numeri 1,6.14 e 30.

Avverso tale lodo Anas Spa propose impugnazione per nullità ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5 e comma 2, innanzi la Corte di Appello di Roma la quale respinse l’impugnazione avverso il predetto lodo arbitrale condannando l’Anas spa alle spese di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione la Anas spa spa affidato a quattro motivi. Astaldi spa resiste con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la Anas spa denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 109 del 1994, art. 25, comma 1, lett. C) ed art. 1664 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè Corte di Appello di Roma ha ritenuto che la impugnazione da parte della ricorrente del lodo arbitrale fosse inammissibile in quanto afferente a contestazioni sul merito della decisione mentre, al contrario, l’impugnazione del lodo arbitrale riguardava la mancata osservanza da parte del collegio arbitrale di regole di diritto non essendo stati gli arbitri autorizzati a pronunciare secondo equità. Infatti il Collegio arbitrale, violando le norme sulla cd sorpresa geologica, aveva illegittimamente attribuito a carenza progettuale imputabile all’Anas un anomalo andamento dei lavori che, al contrario, era dovuto a situazioni geologiche assolutamente imprevedibili, così riconoscendo ad Astaldi spa maggiori oneri da anomalo andamento dei lavori, anzichè l’equo compenso di cui all’art. 1664 c.c..

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.M. n. LLPP 11 marzo 1988, ed art. 1664 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Roma non ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale a causa della violazione di regole di diritto ed ha ritenuto che l’Anas spa fosse responsabile in via esclusiva per una carenza progettuale rilevata solo a lavorazioni eseguite mentre, al contrario, la Astaldi spa si era assunta l’onere di proporre una nuova metodologia di esecuzione dell’opera e per questo doveva essere ritenuta almeno in parte responsabile dell’anomalo andamento dei lavori.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, e cioè le indagini geologiche svolte da Astaldi spa a seguito delle quali l’Impresa si era assunta l’onere di proporre una nuova metodologia di esecuzione dell’opera e per questo doveva essere ritenuta almeno in parte responsabile dell’anomalo andamento dei lavori.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1282 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Roma ha condannato la ricorrente al pagamento degli interessi sulla somma dovuta dalla data di formulazione delle riserve (ritenendoli interessi corrispettivi ex art. 1282 c.c., decorrenti dal momento in cui l’obbligazione assume il carattere di liquidità), mentre al contrario il dies a quo di decorrenza degli interessi doveva essere individuato piuttosto nella data di costituzione in mora del debitore costituita, in assenza di precedenti atti di intimidazione, dalla data di notifica dell’atto introduttivo del procedimento.

Il ricorso quanto ai primi tre motivi è infondato e deve essere respinto.

La ricorrente ripropone in questa sede le medesime censure al lodo arbitrale già proposte davanti alla Corte di Appello di Roma. Sul punto è necessario osservare che, come rilevato dal giudice a quo, il giudizio di impugnazione arbitrale si compone di due fasi, la prima rescindente, finalizzata all’accertamento, di eventuali nullità del lodo e che si conclude con l’annullamento del medesimo, e la seconda rescissoria, che fa seguito all’annullamento e nel corso della quale il giudice ordinario procede alla ricostruzione del fatto sulla base delle prove dedotte; nella prima fase non è consentito alla Corte d’Appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo limitarsi all’accertamento delle eventuali nullità in cui siano incorsi gli arbitri, pronunciabili soltanto per determinati errori in procedendo, nonchè per inosservanza delle regole di diritto nei limiti previsti dal medesimo art. 829 c.p.c. (Cass. n. 20880 dell’08/10/2010).

Correttamente la sentenza impugnata della Corte di Appello di Roma ha ritenuto inammissibili le censure per violazioni di norme sostanziali, concernenti i profili di nullità dedotti dalla ricorrente in quanto erra la ricorrente che pretenderebbe di dedurre come motivi di nullità del lodo, valutazioni di merito operate dagli arbitri. In quanto l’impugnazione del lodo arbitrale non è consentita per questioni attinenti alla valutazione delle risultanze probatorie da parte degli arbitri o che comunque riguardano direttamente il merito della controversia.

Correttamente il giudice di merito ha ritenuto inammissibili i motivi proposti inerenti la asserita violazione da parte degli arbitri di norme di diritto sostanziali e ciò in quanto ha ritenuto che la impugnazione del lodo arbitrale per le violazioni di cui si duole il ricorrente. costituiscano errores in iudicando che, ai sensi dell’art. 809 c.p.c., comma 3, nella sua nuova formulazione valida per i procedimenti arbitrali la cui domanda sia stata proposta dopo il 2 marzo 2006 come nel caso in esame, non è ammessa se non espressamente disposta dalle parti o dalla legge.

A tal riguardo Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 9387 del 16/04/2018: “Il giudizio di impugnazione delle pronunce arbitrali si compone di due fasi. Nella prima, rescindente, non è consentito alla Corte d’appello procedere ad accertamenti di fatto, dovendo il giudice dell’impugnazione limitarsi ad accertare eventuali cause di nullità del lodo, che possono essere dichiarate soltanto in conseguenza ai determinati errori “in procedendo”, nonchè per inosservanza delle regole di diritto, nei limiti previsti dall’art. 829 c.p.c.”.

Il quarto motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.

Infatti gli interessi non sono dovuti dalla data di formulazione delle riserve, trattandosi di interessi corrispettivi ex art. 1282 c.c., decorrenti dal momento in cui l’obbligazione assume il carattere di liquidità, ma dalla data di costituzione in mora del debitore costituita, in assenza di precedenti atti di intimidazione, dalla data di notifica dell’atto introduttivo del procedimento, come già indicato in Sez. 1, Ordinanza n. 727 del 15/01/2020: “In tema di appalto di opere pubbliche, la riserva della quale l’appaltatore è onerato al fine di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, richiesti in dipendenza dello svolgimento del collaudo, non assurge ad atto di costituzione in mora, con la conseguenza che gli interessi sulle somme effettivamente dovute da parte della P.A. vanno liquidati con decorrenza dalla data della domanda introduttiva del giudizio, quale unico momento all’uopo rilevante, in quanto è allo stesso appaltatore consentito di attivarsi per la relativa proposizione.

Sul punto conforme anche Sezione 1 n. 3768 del 21/2/2006: “In tema di appalto di opere pubbliche, la formulazione delle riserve, posta a carico dell’appaltatore al fine di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, non implica costituzione in mora secondo il regime civilistico dell’istituto, in quanto si esaurisce nella quantificazione di una pretesa di integrazione del corrispettivo, e non implica un immediato soddisfacimento, ma resta soggetta ad un successivo procedimento di verifica, con la conseguenza che gl’interessi sulle somme risultanti effettivamente dovute da parte dell’Amministrazione vanno liquidati dalla data dell’intimazione di pagamento o della domanda di arbitrato”.

In considerazione di quanto sopra devono essere respinti i primi tre motivi di ricorso, deve essere accolto il quarto motivo, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Suprema Corte di Cassazione, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

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