Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7146 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. I, 24/03/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 24/03/2010), n.7146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.I.D. SOCIETA’ IMMOBILIARE DIREZIONALE S.R.L. (c.f. (OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 44, presso l’avvocato

SEGATO GIULIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato DI PARDO

SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAMPOBASSO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBALONGA 7, presso

l’avvocato PALMIERO CLEMENTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato

CALISE ANTONIO, giusta procura a margine del controricorso;

COSTRUZIONI FALCIONE GEOM. LUIGI S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in

persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CAMOZZI 1, presso l’avvocato GIUFFRE’

ADRIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato RIZZI RENATO, giusta

procura a margine del controricorso;

PROVINCIA DI CAMPOBASSO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DI VILLA MASSIMO 21, presso

l’avvocato MANDORLO ANNA, rappresentata e difesa dagli avvocati

BARANELLO GIOVANNI, IACOVELLI MATTEO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

contro

COMMISSIONE TECNICA PROVINCIALE ESPROPRI DI CAMPOBASSO, REGIONE

MOLISE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1/2 004 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 09/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. SALVAGO Salvatore;

udito, l’Avvocato D. RIVELLINO, per delega, che ha chiesto il rigetto

del ricorso principale e accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale, rigetto del ricorso principale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Campobasso con sentenza del 9 gennaio 2004 ha respinto l’opposizione della societa’ immobiliare direzionale (S.I.D.) contro la stima delle indennita’ per l’occupazione temporanea con decreto sindacale 21 aprile 1994 e la successiva espropriazione da parte del comune di Campobasso, a seguito di decreto 16 giugno 1999 del Presidente della Provincia di Campobasso, di un terreno di sua proprieta’ ubicato nel territorio comunale (in catasto all’art. (OMISSIS)), onde realizzare la viabilita’ di accesso al terminale autobus extraurbani,osservando:

a) che l’ente espropriante – e percio’ il soggetto passivamente legittimato nel presente giudizio, nonche’ titolare passivo delle obbligazioni indennitaria – era soltanto il comune di Campobasso;

b) che parte del fondo rientra in zona (OMISSIS) destinata a Centro Direzionale, mentre altra superficie estesa mq. 3767, e’ inclusa in zona bianca non edificabile, per cui le indennita’ dovevano essere determinate con il criterio previsto dalla L. n. 865 del 1971 per le aree agricole;

c) che per la porzione avente destinazione edificatoria doveva essere recepito il valore di L. 146.000 mq. ed applicato il criterio riduttivo della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis con la conseguente decurtazione del 40%,perche’ le indennita’ dovute alla societa’ in complessive L. 572.870.000 erano inferiori a quella depositata dall’espropriante comune di Campobasso nella misura di L. 599.677.345.

Per la cassazione della sentenza la s.r.l. SID ha proposto ricorso per due motivi; cui resistono con controricorso il comune di Campobasso. Hanno spiegato difese anche la Provincia di Campobasso e la s.r.l. Costruzioni Falcione delegata al compimento dell’espropriazione e dei lavori.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio deve esaminare con precedenza, per evidenti ragioni di logica giuridica il secondo motivo del ricorso, con il quale la S.I.D., deducendo violazione della L. 1187 del 1988, art. 2, L. n. 10 del 1977, art. 40, L. n. 359 del 1992, art. 5 bis censura la sentenza impugnata,per avere qualificato inedificabile l’area inserita in zona (OMISSIS) non edificatoria, senza considerare:

a) che la decadenza per scadenza del quinquennio di cui alla L. 1187 del 1988, art. 2 del vincolo preordinato all’espropriazione, ne aveva comportato la soggezione alla normativa prevista dalla L. n. 10 del 1977, art. 40 per i terreni per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, autorizzando secondo la giurisprudenza anche amministrativa ogni genere di costruzione;

b)che in subordine andava applicato il principio enunciato dalla sentenza 92/1982 della Corte Costituzionale,per cui l’area dopo la scadenza del vincolo andava assimilata a quelle circostanti e doveva beneficiare della destinazione edificatoria piena attribuita a queste ultime, anche per il principio meramente suppletivo dell’edificabilita’ di fatto. Il motivo non ha consistenza, essendo fondato su una duplice erronea premessa, che la societa’ assume dimostrata, e che inficia invece in radice la censura: e cioe’ che la destinazione attribuita dal P.R.G. alla zona (OMISSIS), ove e’ ubicata l’area espropriata, costituisca un vincolo preordinato ad espropriazione, percio’ soggetto al termine di decadenza introdotto dalla L. 1187 del 1968, art. 2 nel caso inutilmente spirato prima del decreto di espropriazione. E che di conseguenza la zona, priva di regolamentazione urbanistica sia soggetta alla normativa prevista dalla L. n. 10 del 1977, art. 4 per le zone c.d. bianche, con applicazione per la stima dell’indennita’ di esproprio del criterio c.d. dell’edificabilita’ di fatto, che automaticamente le ha attribuito vocazione edificatoria.

La prima premessa e’ smentita dallo stesso ricorso che ha confermato la correttezza della ricognizione legale del terreno compiuto dalla Corte di appello che in base alla classificazione del suddetto P.R.G. vi ha attribuito destinazione non edificatoria, riferendo che a seguito di variante approvata con Delib. 10 luglio 1992, n. 70, del Comune di Campobasso, la zona aveva ricevuto “destinazione a spazi di uso pubblico ed aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico, nonche’ opere od impianti di uso pubblico”.

Ora, la giurisprudenza di questa Corte, resa anche a sezioni unite, (cfr. Cass. 173/2001; nonche’ 17893/2004; 6372/2004; 10569/2003), ha ripetutamente enunciato il principio che in caso di originaria disposizione di piano, ovvero di variante, il suo carattere conformativo e non ablatorio non discende dalla sua collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ovvero dalla presenza di piani particolarregiati ovvero attuativi, ma dipende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, che presentano i vincoli in essa contenuti;ed e’ dunque configurabile ove gli stessi mirino ad una (nuova) zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, si da incidere su di una generalita’ di beni, nei confronti di una pluralita’ indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione della intera zona in cui questi ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche; o del rapporto (per lo piu’ spaziale) con un’opera pubblica: in tal caso traducendosi in uno strumento ulteriore di conformazione della proprieta’ dei beni medesimi.

Per converso, se la previsione originaria (ovvero la variante) non abbia una tal natura generale, ma imponga un vincolo particolare incidente su beni determinati in funzione non gia’ di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un’opera pubblicarla cui realizzazione non puo’ coesistere con la proprieta’ privata, il vincolo che essa contiene deve essere, qualificato come preordinato alla relativa espropriazione; e percio’ soggetto alla disposizione della L. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 che impone di non tenerne conto nella stima del terreno, nonche’ al termine di decadenza di cui al menzionato L. n. 1187 del 1968, art. 2 (Cass. 21437/2007;

19924/2007; 13917/2007; 13199/2006; 3146/2006; 10343/2005 ecc.).

Ma nel caso ne’ la previsione della zona (OMISSIS), ne’ quella della sottozona (OMISSIS) erano rivolte a localizzare singole opere pubbliche pur in conformita’ alle relative destinazioni, ovvero ad indicare quali immobili fossero interessati alla relativa costruzione, essendo invece dirette unicamente ad individuare e circoscrivere la zonizzazione del territorio comunale in ordine alle parti destinande a spazi, edifici ed attrezzature di carattere pubblico, nonche’ ad impianti di uso pubblico; prescindevano del tutto dai progetti espropriativi sul se, come e quando realizzare dette destinazioni; e riposando su basi logiche autonome, nell’ambito della zona contemplata esprimevano esercizio da parte del Comune del potere di gestione del territorio e di programmazione della loro utilizzazione, mediante delimitazione in via generale delle facolta’ dei proprietari dei terreni inclusi in ciascuna di esse:percio’ imponendo di tener conto della disciplina conformativa, astratta e generale sulla nuova utilizzazione non edificatoria della stessa. La quale dunque non era sottoposta al limite temporale di cui alla L. 1187 del 1968, art. 2 peculiare dei soli vincoli preordinati all’espropriazione, ma era vigente all’epoca del decreto ablativo e rendeva l’area della societa’ unitamente alle altre comprese nella medesima zona (OMISSIS), legalmente inedificabile perche’ vincolata, come dedotto dalla stessa ricorrente, a destinazioni ed utilizzazioni soltanto pubblicistiche o a servizi pubblici da realizzare attraverso la costruzione di nuove opere previste da strumenti legislativi appositi.

Il Collegio deve aggiungere,per completezza di indagine, che non e’ condivisibile neppure l’equivalenza prospettata dalla ricorrente tra valutazione del terreno ubicato in zona bianca in base al criterio dell’edificabilita’ di fatto ed effettiva natura edificabile dello stesso, avendo questa Corte piu’ volte avvertito che il ricorso a quest’ultimo criterio significa soltanto che deve essere recepito il secondo dei meccanismi individuati dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis; in virtu’ del quale il carattere edificatorio di un suolo viene ricavato da un complesso di qualita’ e caratteristiche obbiettive, desumibili da una serie di elementi certi ed inequivoci, nel caso neppure prospettati dalla societa’ ricorrente, attestanti comunque la sua concreta attitudine alla edificabilita’ (in mancanza dei quali esso deve essere qualificato non edificabile). E che tra di essi hanno assunto particolare rilievo soprattutto dopo la L. n. 94 del 1982 le prescrizioni urbanistiche relative alla suscettivita’ edificatoria del comparto, della zona o del lotto, sempre piu’ correlata al loro effettivo inserimento nell’ambito del progetto generale urbanistico del comune di utilizzazione e trasformazione del territorio, percio’ non svincolato dalle scelte urbanistiche complessive; con la conseguenza che l’area deve non soltanto essere dotata di opere di urbanizzazione funzionalmente collegate a quelle comunali, ma avere obiettiva ed intrinseca funzione di “completamento” rispetto ad area contigua destinata all’edificazione:

percio’ armonicamente inserendosi in un ambito territoriale piu’ esteso, rispetto al quale l’opera progettata si presenti come naturale completamento di una zona adibita all’edificazione (Cass. 17557/2009; 2208/2009; 29788/2008; 10936/2008).

Con il primo motivo, la soc. Immobiliare, deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e 37 del nuovo T.U. sulle espropriazioni si duole che la Corte di appello nella stima dell’indennita’ della superficie edificabile abbia applicato l’ulteriore decurtazione del 40% consentita soltanto allorche’ l’espropriando non accetti un’indennita’ determinata in misura congrua e corrispondente al valore dell’immobile; laddove nel caso era stata offerta una indennita’ parametrata ad un valore dell’area pari a L. 74.000 mq.,che invece la stessa sentenza impugnata ha raddoppiato, elevando la stima all’importo di L. 146.000 mq.. Il motivo e’ fondato, pur se per ragioni diverse da quelle prospettate.

La sentenza impugnata ha calcolato l’indennita’ di esproprio ritenuto edificatorio avvalendosi del criterio riduttivo introdotto per le aree edificatorie, dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis allora vigente: venuto meno per effetto della sentenza 348 del 2007 della Corte Costituzionale. La quale accogliendo il dubbio sollevato da questa Corte di Cassazione con tre distinte ordinanze di rimessione, ne ha dichiarato l’illegittimita’ per contrasto con l’art. 117 Cost..

Pertanto dal giorno successivo alla pubblicazione di questa decisione (art. 136 Cost. e L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3), come la Consulta ha espressamente avvertito, non e’ piu’ possibile applicare il meccanismo riduttivo introdotto dall’art. 5 bis: posto che il rapporto non puo’ considerarsi esaurito in modo definitivo per l’impugnazione da parte dei proprietari che ha impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’indennita’, ponendone in discussione l’ammontare ancora dovuto, e da essi ritenuto incongruo.

E percio’ a nulla rilevando che l’impugnazione sia limitata alla applicazione dell’ulteriore decurtazione del 40%, rimettendo la stessa in discussione proprio il criterio legale utilizzato dalla Corte territoriale tenuto conto che il relativo capo della sentenza riposa sulla premessa dell’applicabilita’ della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis; di modo che, venuta meno detta premessa, non e’ suscettibile di conservare la natura e gli effetti di un’autonoma statuizione, indipendentemente dalla circostanza che quel prezzo integri elemento influente anche nel parametro indennitario peculiare dalla norma applicabile in luogo di quella dichiarata incostituzionale. (Cass. 16061/2000; 148/1996 ; sez. un. 9872/1994, – 7457/1993). Questa Corte ha poi ritenuto che una volta espunto – a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale di cui alla menzionata sentenza 348/2007 della Corte costituzionale – il criterio riduttivo di indennizzo di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis torna nuovamente applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene, fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 che e’ l’unico criterio ancora vigente rinvenibile nell’ordinamento, e per di piu’ non stabilito per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma provvedesse diversamente. E che quindi nel caso concreto si presenta idoneo ad essere applicato, riespandendo la sua efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale (Cass. 9321/2008, 9245/2 008, 8384/2008, 7258/2008; 26275/2007): anche per la sua corrispondenza con la riparazione integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del bene garantita dall’art. 1 del Protocollo allegato alla Convenzione europea,nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU. E d’altra parte alla fattispecie non e’ invocatile neppure lo ius superveniens costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90 in base ai quali “Quando l’espropriazione e’ finalizzata ad attuare interventi di riforma economico – sociale, l’indennita’ e’ ridotta del venticinque per cento”: sia per la sua inapplicabilita’ ratione temporis alla fattispecie, dato che la norma intertemporale di cui al menzionato comma 90 prevede una limitata retroattivita’ della nuova disciplina di determinazione dell’indennita’ di espropriazione solo con riferimento “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. sez. un. 5269/2008, nonche’ 11480/2008). Assorbito, pertanto l’ultimo motivo del ricorso relativo alla regolamentazione delle spese processuali con il comune di Campobasso, il Collegio deve cassare la sentenza impugnata laddove ha calcolato l’indennita’ di espropriazione di detta area con il criterio riduttivo dell’art. 5 bis, piuttosto che con quello dettato dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39; e poiche’ per la relativa stima non occorrono ulteriori accertamenti avendo la sentenza impugnata gia’ determinato l’estensione dell’area espropriata, nonche’ il suo valore venale all’epoca del decreto ablativo, nella misura di L. 1.782.076.000 (mq. 12.206 x L. 146.000 mq.), la Corte deve:

a) determinare l’indennita’ di espropriazione per l’area con destinazione edificatoria nella misura suddetta (non essendo piu’ vincolante la richiesta della SID riferita esclusivamente al criterio riduttivo posto dall’art. 5 bis, non piu’ vigente);

b) aggiungere quella per la superficie non edificabile determinata dalla sentenza impugnata in L. 37.670.000, percio’ pervenendo ad un importo complessivo di L. 1.819.746.000, pari ad Euro 939.820,38.

c) Dichiarare che l’indennita’ di occupazione temporanea relativa al terreno incluso nella zona (OMISSIS) deve essere determinata in misura corrispondente agli interessi legali annui su quella di espropriazione (come determinata sub a) per ciascun anno di occupazione.

Provvedere per la liquidazione delle spese tra dette parti come da dispositivo.

Va invece respinto il terzo motivo del ricorso relativo alla regolamentazione delle spese processuali nei confronti della Provincia di Campobasso nonche’ dell’impresa Falcione, avendone correttamente la Corte di appello accertato il loro difetto di titolarita’ passiva del rapporto obbligatorio in contestazione; e non avendo nessuno di detti enti alcuna responsabilita’ in merito all’offerta incongrua dell’indennita’ gravante esclusivamente sull’amministrazione di Campobasso. Per cui risulta corretta l’applicazione da parte della sentenza impugnata del principio generale della soccombenza da parte della societa’ espropriata nei loro confronti; e percio’ obbligata,per il medesimo principio al pagamento anche delle spese del giudizio di legittimita’, pur esse liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il secondo motivo del ricorso e per quanto di ragione il terzo, accoglie il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito, determina:

a) l’indennita’ di espropriazione dovuta dal Consorzio alla SID nella complessiva misura di Euro 939.820,38, con gli interessi legali dalla data del decreto di espropriazione fino a quella del deposito presso la Cassa depositi e prestiti;

b) l’indennita’ di occupazione temporanea relativa al terreno ubicato in zona (OMISSIS) in misura corrispondente agli interessi legali annui su quella di espropriazione per ciascun anno di occupazione, con gli interessi legali decorrenti dalla scadenza ciascuna annualita’ fino alla data del deposito presso la Cassa depositi e prestiti. Ordina il deposito di entrambe le indennita’ presso la Cassa Depositi e prestiti e condanna il comune di Campobasso al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore della SID in Euro 1.750,00 per il giudizio di merito, ed in Euro 8.200,00 per quello di legittimita’,di cui Euro 8.000,00 per onorario di difesa. Condanna, infine la SID al pagamento delle spese del giudizio di cassazione nei confronti della Provincia di Campobasso, che liquida in Euro 1.100,00, e nei confronti dell’impresa Falcione in Euro 900,00; il tutto oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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