Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7143 del 29/03/2011
Cassazione civile sez. I, 29/03/2011, (ud. 12/11/2010, dep. 29/03/2011), n.7143
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.C.G., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la
Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall’avv. MARRA Alfonso Luigi per procura in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per
legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 9 gennaio
2009, nel procedimento n. 2179/08 V.G.;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio in
data 12 novembre 2010 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;
alla presenza del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale, Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che nulla ha
osservato.
La Corte:
Fatto
FATTO E DIRITTO
A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:
“il Consigliere relatore, letti gli atti depositati;
Ritenuto che:
1. D.C.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 9 gennaio 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in suo favore della somma di Euro 5.680,00, a titolo di indennizzo per il superamento in primo grado del termine di ragionevole durata di un processo, instaurato davanti al Tar Campania con ricorso depositato il 3 agosto 1999 e non ancora definito;
1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;
Osserva:
2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 5.680.00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di cinque anni e otto mesi a quella ragionevole, determinata in tre anni, e liquidato l’indennizzo nella misura di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo;
3. parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo cinque motivi di ricorso, con i quali lamenta:
3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, con la formulazione del seguente quesito di diritto: “la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 65, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU?” (primo motivo);
3.2. l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri europei ai lini della quantificazione del danno non patrimoniale (motivi due e tre);
3.3. la compensazione parziale delle spese processuali, malgrado l’accoglimento del ricorso (quarto e quinto motivo);
4. il primo motivo appare inammissibile, in quanto il quesito formulato è del tutto generico e senza nessuna attinenza al decisum del decreto impugnato;
4.1. i motivi due e tre appaiono manifestamente infondati, in quanto l’indennizzo liquidato, pari a circa 1000,00 Euro per anno di durata non ragionevole, appare conforme ai parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte europea;
4.2. il quarto e quinto motivo appaiono inammissibili, in quanto non attinenti al decisum del decreto impugnato, con il quale non è stata disposta la compensazione parziale delle spese, in realtà regolate secondo il principio della soccombenza e poste a carico dell’Amministrazione resistente;
5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in Camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;
B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;
ritenuto che. in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato e che le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011