Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7143 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. I, 15/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 15/03/2021), n.7143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16244/2015 proposto da:

Comune di Milano, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dagli Avv.ti Antonello Mandarano, e Paola

Cozzi, e dall’Avv. Raffaele Izzo, presso il cui studio in Roma,

Lungotevere Marzio, n. 3, è domiciliato, in forza di procura

speciale in calce al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

Società AC Hotel Milano S.r.l., nella persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura

stesa a margine del controricorso e ricorso incidentale, dagli

Avv.ti Antonio Gammarota, e Federico Gualandi, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del Dott. Placidi, in Roma, via

Cosseria, n. 2.

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

e

Metro 5 S.p.a., Metropolitana Milanese S.p.a., Astaldi S.p.a., nelle

persone dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore.

– intimate –

avverso l’ordinanza della Corte di appello di MILANO, depositata in

data 20 maggio 2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ordinanza del 20 maggio 2015, la Corte di appello di Milano ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di Metro 5 S.p.a., di Metropolitana Milanese S.p.a. e di Astaldi S.p.a., ha compensato le spese di lite e di consulenza tecnica d’ufficio con la AC Hotel Milano S.r.l. e ha disposto la prosecuzione del giudizio nei confronti del Comune di Milano, nonchè la rimessione della causa in istruttoria per la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.

2. La Corte di appello di Milano, nel giudizio di opposizione alla stima, promosso dalla AC Hotel Milano S.r.l. avverso l’indennità di asservimento determinata con provvedimento della Commissione provinciale Espropri di Milano n. 2/2012, relativa all’immobile di sua proprietà, sito a (OMISSIS), nell’ambito della procedura di asservimento espletata per la realizzazione della nuova (OMISSIS) della metropolitana nella tratta (OMISSIS), ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva delle società Metro 5 S.p.a., Metropolitana Milanese S.p.a. e Astaldi S.p.a., sulla base delle seguenti motivazioni: del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, statuisce che nel giudizio di opposizione alla stima assumono la veste di legittimi contraddittori il proprietario dell’area espropriata (o asservita), l’autorità espropriante, il promotore dell’espropriazione e il beneficiario dell’espropriazione; dalla lettura del decreto di asservimento del 2 dicembre 2001 emergeva che l’asservimento era stato pronunciato in favore del Comune di Milano che aveva così assunto la veste di autorità espropriante e beneficiario dell’espropriazione; che non risultava, dall’esame del predetto decreto e dalla documentazione prodotta nel giudizio, che altri

soggetti avessero assunto la veste di “promotori dell’espropriazione”; che risultava dall’art. 18 della convenzione stipulata il 14 giugno 2006 con il Comune di Milano, che la società Metro 5 avesse assunto l’obbligo di “procedere, in nome e per conto del concedente e a propria cura e spese, all’espropriazione e/o occupazione temporanea delle aree e/o degli immobili interrati, all’esecuzione dei lavori oggetto della concessione sulla base del Piano degli Espropri”; che l’art. 9, comma 1, dell’atto integrativo del 26 luglio 2007, stabiliva che il concessionario era delegato allo svolgimento di tutti gli adempimenti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità a fini espropriativi necessari per l’esecuzione di tutti i provvedimenti di occupazione d’urgenza, di asservimento e di esproprio, la cui adozione comunque restava di competenza del Comune; che dalla lettura coordinata delle clausole del testo negoziale risultava che la stipulazione della convenzione non aveva determinato il trasferimento di funzioni e potestà espropriative dall’espropriante al concessionario, in quanto a quest’ultimo erano stati affidati tutti gli atti, prodromici e successivi, all’espletamento della procedura espropriativa, da compiersi “in nome e per conto del concedente” e che, pertanto, la concessionaria Metro 5, spendendo con l’espropriato sempre il nome del concedente, non aveva assunto la veste di autorità espropriante e di promotore dell’espropriazione; che non rilevava l’art. 18, della convenzione che prevedeva che il concessionario avrebbe provveduto alla liquidazione delle relative indennità in via amministrativa e/o giudiziaria, nonchè alla corresponsione delle indennità sulla base di eventuali accordi bonari, perchè ciò non significava che il concessionario avesse assunto la veste di promotore dell’espropriazione; che anche la società Metropolitana Milanese esercitava solo funzioni di alta vigilanza sulla progettazione dei lavori in forza dell’art. 17 della convenzione del 14 giugno 2006; che la società Astaldi era il soggetto appaltatore dei lavori e, quindi, estranea al novero dei soggetti indicati dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54.

3. Il Comune di Milano ricorre per la cassazione dell’ordinanza con atto affidato a due motivi.

4. La società AC Hotel Milano S.r.l. resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.

5. Il Comune di Milano ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29, comma 4.

Ad avviso del Comune la Corte di appello aveva applicato una norma abrogata, ovvero il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 e, in ogni caso, non si era avveduta che oltre al comma 3 il previgente testo dell’art. 54 citato conteneva anche il comma 4 che espressamente stabiliva l’obbligo di notifica anche al concessionario dell’opera pubblica a cui era affidato il pagamento dell’indennità.

In particolare, il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, era stato abrogato nei commi da 2 a 4 del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 37, lett. b) e che la norma da applicare era del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, rubricato “Delle controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità”, che al comma 4 prevede che “Il ricorso è notificato all’autorità espropriante, al promotore dell’espropriazione e, se del caso al beneficiario dell’espropriazione, se attore è il proprietario del bene, ovvero all’autorità espropriante e al proprietario del bene, se attore è il promotore dell’espropriazione. Il ricorso è notificato anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi è affidato il pagamento dell’indennità”.

2. Con il secondo motivo il Comune ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29, comma 4 e del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 3, comma 1, lett. d).

Il Comune di Milano assume che la Corte di appello ha errato nel ritenere che la Società Metro 5 non fosse qualificabile come promotore dell’espropriazione, poichè del D.P.R. n. 327 del 2011, art. 3, lett. d), definisce il promotore dell’esproprio “il soggetto, pubblico o privato, che chiede l’espropriazione” e che, nel caso di specie, l’art. 1 della Convenzione prevedeva che fosse il Concessionario a redigere il Piano degli Espropri; che, su istanza della Società Metro 5, in qualità di progettista ed esecutrice dell’opera, il Comune aveva operato l’asservimento necessario ai fini della realizzazione della seconda variante alla prima tratta della (OMISSIS) della Metropolitana di (OMISSIS); che la società Metro 5 aveva redatto il “Progetto esecutivo prolungamento 4 casse – variante (OMISSIS) – stralcio catastale con indicazione nuova area” che prevedeva l’individuazione della proprietà di AC Hotel quale “nuova area di occupazione permanente del sottosuolo”, come riscontrato dalle premesse del “Secondo atto integrativo”, stipulato tra le parti in data 29 dicembre 2010, lettera g), in conseguenza dell’approvazione della seconda variante.

3. Le stesse doglianze formulate dal Comune di Milano sono state esplicitate nel ricorso incidentale depositato dalla Società AC Hotel Milano s.r.l..

Ed, infatti, la società AC Hotel Milano S.p.a. con il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 4 e, con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d) e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, comma 4.

4. I motivi del ricorso principale e i motivi del ricorso incidentale, che avendo identico contenuto vanno trattati unitariamente, sono fondati.

4.1 Va, innanzi tutto, ritenuta l’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso l’ordinanza (rectius: sentenza) non definitiva, nella parte che ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della società Metro 5 S.p.a..

Questa Corte, al riguardo, ha affermato che la sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di legittimazione passiva ha il valore di una pronuncia di rigetto della domanda proposta contro tale soggetto, e, quindi, esaurendo nei confronti di questo la materia del contendere, deve provvedere al regolamento delle spese del relativo rapporto processuale (Cass., 26 marzo 2013, n. 7625; Cass., 4 luglio 1983, n. 4462; Cass., 21 maggio 1979, n. 2940; Cass., 10 ottobre 1972 n. 2978).

4.2 Tanto premesso, va preliminarmente evidenziato che la società AC Hotel S.r.l. ha proposto opposizione alla stima ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, avverso l’indennità definitiva di asservimento determinata con provvedimento della Commissione Provinciale Espropri di Milano n. 2/2012, relativa all’immobile di sua proprietà, sito in (OMISSIS), nell’ambito di una procedura di asservimento espletata per la realizzazione della nuova (OMISSIS) della metropolitana nella tratta (OMISSIS).

4.3 Il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54 (come modificato del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 34, comma 37, lett. a) e b)), rubricato “Opposizioni alla stima”, al comma 1, prevede che “Decorsi trenta giorni dalla comunicazione prevista dall’art. 27, comma 2, il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione o il terzo che ne abbia interesse può impugnare innanzi all’autorità giudiziaria gli atti dei procedimenti di nomina dei periti e di determinazione dell’indennità, la stima fatta dai tecnici, la liquidazione delle spese di stima e comunque può chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 29” e al comma 5 che “Trascorso il termine per la proposizione dell’opposizione alla stima, l’indennità è fissata definitivamente nella somma risultante dalla perizia”.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, rubricato “Delle controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità”, stabilisce che:

“Le controversie aventi ad oggetto l’opposizione alla stima di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. E’ competente la corte di appello nel cui distretto si trova il bene espropriato.

3. L’opposizione va proposta, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio o dalla notifica della stima peritale, se quest’ultima sia successiva al decreto di esproprio. Il termine è di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

4. Il ricorso è notificato all’autorità espropriante, al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, se attore è il proprietario del bene, ovvero all’autorità espropriante e al proprietario del bene, se attore è il promotore dell’espropriazione. Il ricorso è notificato anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia stato affidato il pagamento dell’indennità”.

4.4 E’ utile precisare che il proprietario espropriato, il promotore dell’espropriazione (ovvero il “soggetto pubblico o privato che chiede l’espropriazione”) o il terzo che ne abbia interesse possono impugnare avanti alla corte d’appello nel cui distretto si trovi il bene espropriato la stima fatta dai tecnici o dalla Commissione Provinciale. L’opposizione va notificata all’autorità espropriante (intesa come “l’autorità amministrativa titolare del potere di espropriare e che cura il procedimento” che può essere anche un “soggetto privato al quale sia stato attribuito tale potere in base ad una norma”), al promotore dell’espropriazione e, se del caso, al beneficiario dell’espropriazione, se attore è il proprietario del bene, ovvero all’autorità espropriante e al proprietario del bene, se attore è il promotore dell’espropriazione. E’ poi stabilito espressamente che, in ogni caso, la domanda giudiziale debba essere notificata anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia stato affidato, nell’ambito della delega dei poteri pubblici di cui all’art. 6, comma 8, anche il pagamento dell’indennità.

Ne consegue che la legittimazione processuale dell’affidatario o del concessionario dell’opera pubblica si pone in termini positivi, (sia quando l’azione sia promossa dal proprietario, che quando sia promossa dal promotore dell’espropriazione), se questo soggetto abbia ricevuto, con la delega di poteri amministrativi, anche l’obbligo di pagare le indennità.

4.5 Questa Corte, al riguardo, ha affermato che “Il trasferimento degli obblighi indennitari, in via esclusiva, all’affidatario dell’opera, concessionario o appaltatore, è configurabile solo ove sia stato conferito l’esercizio dei poteri espropriativi ed il conferimento non sia rimasto fatto interno tra espropriante ed affidatario, occorrendo che, nell’attività che abbia portato il delegato in contatto con il soggetto passivo dell’esproprio, il primo si sia correttamente manifestato come titolare degli obblighi indennitari, oltre che investito dell’esercizio del potere espropriativo, essendo irrilevante, al fine di configurare una responsabilità solidale dell’espropriante, la sistemazione dei rapporti economici interni con l’affidatario (Cass., 20 gennaio 2020, n. 1090; Cass., 20 marzo 2017, n. 7104; Cass. 21.3.2007 n. 6807; Cass., 30 novembre 2006, n. 25544).

Questa Corte ha, inoltre, specificato che la responsabilità solidale dell’espropriante, committente dei lavori, è configurabile qualora l’incarico sia stato conferito per il compimento della procedura espropriativa in nome e per conto del delegante (Cass., 16 gennaio 2004, n. 539) o che il potere del delegato di espletare le procedure amministrative preordinate all’esproprio, non sia stato affatto esercitato (Cass., 20 gennaio 2004, n. 821).

Va aggiunto che qualora un’impresa privata abbia assunto il compito di espletare le procedure espropriative per l’acquisizione delle aree necessario alla realizzazione dell’opera pubblica, occorre accertare il ruolo ed i poteri effettivamente attribuiti al soggetto che sia entrato in rapporto nomine alieno con l’espropriato, restando escluso che l’obbligo cumulativo del committente possa derivare dall’applicazione della disciplina civilistica dell’accollo, tanto meno in considerazione delle precarie condizioni economiche dell’obbligato (Cass., 17 marzo 2004, n. 5388).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, inoltre, nell’ipotesi di concorso di più enti nell’attuazione delle opere pubbliche, il soggetto tenuto al pagamento dell’indennità e legittimato passivo dell’opposizione alla stima va generalmente individuato nel beneficiario dell’espropriazione come risultante dal decreto ablatorio, salvo che dal decreto stesso non emerga che il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree e di promuovere e curare direttamente le necessarie procedure espropriative, agendo in nome proprio, sia stato affidato ad altro ente con accollo dei relativi oneri (Cass., 9 gennaio 2020, n. 214).

Peraltro, perchè si abbia un simile effetto, occorrono una previsione di legge o un atto amministrativo a rilevanza esterna (delegazione amministrativa, affidamento improprio, concessione traslativa) i quali abbiano trasferito al privato non solo l’esecuzione di attività preparatorie o successive agli atti ablatori, o la facoltà di chiedere all’autorità amministrativa la emissione di singoli atti del procedimento espropriativo, ma anche quella di compiere tali atti direttamente in nome e per conto proprio (Cass. 7 ottobre 2010, n. 20827; Cass., 23 ottobre 2019, n. 27082).

E’ stato inoltre precisato che nell’ipotesi di concessione cd. traslativa, la legittimazione appartiene esclusivamente al concessionario, il quale agisce come organo indiretto dell’Amministrazione concedente e la cui azione produce, nei confronti dei terzi, gli stessi effetti che determinerebbe l’azione diretta della P.A., alla quale il concessionario viene sostituito per effetto della concessione (Cass., 14 giugno 2016, n. 12260; Cass., 14 dicembre 2007, n. 26261).

4.6 Ciò posto, la sentenza impugnata non ha applicato, sul punto, i principi esposti.

Ed invero, dopo avere correttamente affermato che il soggetto passivamente legittimato nel giudizio di opposizione alla stima deve essere individuato con esclusivo riferimento al decreto di asservimento, si è limitata ad evidenziare che, dalla lettura del decreto di asservimento del 2 dicembre 2010, risultava che l’asservimento perpetuo del sottosuolo dell’immobile di proprietà della società AC Hotel fosse stato pronunciato in favore del Comune di Milano che aveva assunto, per ciò solo, la veste di autorità espropriante e di beneficiario dell’espropriazione e che non risultava che altri soggetti avessero assunto la veste di “promotori di espropriazione”.

Con specifico riferimento alla posizione di Metro 5 S.p.a., poi, ha aggiunto che dalla lettura coordinata della convenzione stipulata il 14 giugno 2006 e dell’art. 9, comma 1, dell’atto integrativo del 26 luglio 2007, si desumeva che “la stipulazione della convenzione non aveva determinato il trasferimento di funzioni e potestà espropriative dall’espropriante al concessionario, in quanto a quest’ultimo sono affidati tutti gli atti, prodromici e successivi, all’espletamento della procedura espropriativa, da compiersi “in nome e per conto del concedente”” e che la concessionaria Metro 5 non aveva assunto nei rapporti con il soggetto espropriato nè la veste di autorità espropriante, nè la veste di promotore dell’espropriazione perchè “nel compimento di tutti gli atti inerenti la procedura espropriativa il concessionario è entrato in rapporto con l’espropriato spendendo sempre il nome del concedente”.

La Corte territoriale, concludeva, poi, precisando che tale conclusione era confermata anche dall’esame dell’atto integrativo che ribadiva che la delega era conferita per gli adempimenti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, la cui adozione restava di competenza del concedente e che nessun rilievo aveva la circostanza che l’art. 18 della convenzione prevedeva che il concessionario dovesse provvedere alla liquidazione delle relative indennità in via amministrativa e/o giudiziaria e alla corresponsione delle indennità sulla base di eventuali accordi bonari perchè ciò non significava che il concessionario avesse assunto la veste di promotore dell’espropriazione, eseguendo in nome proprio i relativi adempimenti amministrativi.

4.7 I giudici territoriali, invero, hanno operato una lettura degli atti negoziali (convenzione del 14 giugno 2006 e atto integrativo del 26 luglio 2007), nonchè del decreto di asservimento 2 dicembre 2010, che sembra finalizzata specificamente a qualificare la società Metro 5 come “promotore dell’espropriazione”, ovvero come il “soggetto pubblico o privato che chiede l’espropriazione”.

Si legge, infatti, nel provvedimento impugnato che:

– l’asservimento perpetuo del sottosuolo dell’immobile di proprietà della società AC Hotel era stato pronunciato in favore del Comune di Milano;

– non risultava che altri soggetti avessero assunto la veste di “promotori di espropriazione”;

– la concessionaria Metro 5 non aveva assunto nei rapporti con il soggetto espropriato nè la veste di autorità espropriante, nè la veste di promotore dell’espropriazione;

anche l’atto integrativo ribadiva che la delega era conferita per gli adempimenti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, la cui adozione restava di competenza del concedente;

era irrilevante la previsione che il concessionario doveva provvedere alla liquidazione delle relative indennità perchè ciò non significava che il concessionario avesse assunto la veste di promotore dell’espropriazione.

La questione della legittimazione passiva, così come affrontata dalla Corte territoriale, non ha preso in esame la figura del concessionario dell’opera tenuto al pagamento dell’indennità, come previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, norma applicabile al procedimento in esame (introdotto con atto di citazione notificato in data 18 gennaio 2013) che statuisce l’obbligo di notifica dell’atto di citazione anche al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia stato affidato il pagamento dell’indennità.

Mette conto rilevare, tuttavia, che, sul punto specifico, di analogo tenore era del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, nella vecchia formulazione, che disponeva, al comma 4 abrogato, che l’atto di citazione andava notificato anche “al concessionario dell’opera pubblica, se a questi sia affidato il pagamento dell’indennità”.

4.8 Ma ulteriori considerazioni vanno svolte con specifico riferimento alla seconda censura sollevata sia nel ricorso principale, che nel ricorso incidentale.

Dal decreto di asservimento, il cui contenuto è in parte trascritto nel ricorso principale a pag. 5, risulta che il “proprietario del fondo asservito, nel termine di trenta giorni dalla immissione in possesso dei beni oggetto del presente decreto, deve comunicare al concessionario se condivide l’indennità nella misura indicata nell’allegata relazione” (art. 4).

Inoltre, il Comune di Milano, con convenzione del 14 giugno 2006, ha affidato a Metro 5 s.p.a., la costruzione e gestione della (OMISSIS) della Metropolitana di (OMISSIS), nonchè in via esclusiva le procedure espropriative e i relativi indennizzi (art. 2.2).

La convenzione, poi, prevede che il Concessionario deve provvedere alla liquidazione delle relative indennità in via amministrativa e/o giudiziale, nonchè alla corresponsione delle indennità sulla base di eventuali accordi bonari, da intendersi comprese e compensate dalle somme percepite dal Concessionario a titolo di contributi (art. 18.1). L’atto integrativo del 26 luglio 2007 ha, poi, previsto che il “Concessionario è delegato allo svolgimento di tutti gli adempimenti successivi alla dichiarazione di pubblica utilità a fini espropriativi necessari per l’esecuzione dei provvedimenti di occupazione d’urgenza, di asservimento e di esproprio, la cui adozione comunque resta di competenza del Concedente” (2.2., lettera b, richiamato anche dalla Corte territoriale)

Il Comune di Milano, ha quindi, rilasciato la concessione per la realizzazione della (OMISSIS) della metropolitana di (OMISSIS), tratta (OMISSIS), con delega al concessionario a svolgere tutti gli adempimenti necessari per l’esecuzione dei provvedimenti di occupazione d’urgenza, di asservimento e di esproprio.

Si tratta di una delega del potere espropriativo che è consentita dal D.P.R. n. 327 del 2001, il quale dispone che “Se l’opera pubblica o di pubblica utilità va realizzata da un concessionario o contraente generale, l’amministrazione titolare del potere espropriativo può delegare, in tutto o in parte, l’esercizio dei propri poteri espropriativi, determinando chiaramente l’ambito della delega nella concessione o nell’atto di affidamento” (D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8).

Il conseguente corollario è che i “i soggetti privati cui sono attribuiti per legge o per delega poteri espropriativi” (comma 8) – nella specie Metro 5 S.p.a. – sono legittimati a partecipare al giudizio sulla stima delle indennità, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 29, essendo divenuti titolari dei poteri dell’autorità espropriante.

L’accollo degli obblighi indennitari, nel caso in esame, può, quindi, essere utilmente invocato perchè non è rimasto fatto interno tra espropriante ed affidatario, e quest’ultimo, nell’attività che lo ha portato in contatto con il soggetto passivo dell’esproprio, si è correttamente manifestato come investito dell’esercizio del potere espropriativo, oltre che come soggetto obbligato al pagamento delle indennità.

Corrobora tale affermazione anche la circostanza, affermata dalla Corte territoriale, che la Metro 5 S.p.a., con la Convenzione del 14 giugno 2006, ha assunto l’obbligo di procedere all’espropriazione e/o all’occupazione temporanea delle aree e/o degli immobili interrati, in nome e per conto del concedente, e a propria cura e spese.

Per i motivi sopra detti appaiono determinanti, ai fini della valutazione della legittimazione passiva in capo alla Metro 5 S.p.a. il conferimento dell’incarico di procedere per l’acquisizione dei suoli e di tutti gli atti connessi e l’assunzione dell’obbligazione pubblicistica del pagamento delle indennità.

Parimenti rilevante è la previsione in capo alla Metro 5 S.p.a. dell’obbligo di procedere all’espropriazione e/o all’occupazione temporanea delle aree e/o degli immobili interrati, in nome e per conto del concedente, e “a propria cura e spese”, elemento di rilevanza estera, siccome rivolto al beneficiario dell’attribuzione economica, e in quanto tale elemento indiziante di una titolarità esclusiva del commissionario dell’obbligo nei confronti dell’avente diritto.

Risulta dagli atti, quindi, che la Metro 5 S.p.a. era promotore dell’espropriazione, poichè aveva chiesto di dar luogo al procedimento espropriativo e che risultava anche concessionario delegato al compimento degli atti necessari ed anche alla corresponsione dell’indennità dovuta ai proprietari espropriati.

4.9 Ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), il promotore dell’espropriazione è il “soggetto, pubblico o privato, che chiede l’espropriazione” ed è soggetto contraddittore legittimo nella procedura giudiziale di determinazione dell’indennità di espropriazione promossa dal proprietario espropriato.

Il promotore è, quindi, il soggetto pubblico o privato che chiede l’espropriazione per pubblica utilità e che cura gli adempimenti operativi correlati, assumendo l’iniziativa del procedimento e ponendo in essere gli atti di impulso nei confronti dell’autorità espropriante. Così è a dirsi nell’ipotesi del concessionario gravato dell’onere delle procedure espropriative o del soggetto che stipula con l’Ente espropriante una convenzione che preveda la delega di tali compiti ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 6, comma 8, che peraltro, oltre a fare riferimento al promotore come soggetto legittimato all’instaurazione del giudizio di opposizione alla stima, individua il promotore come il soggetto tenuto al pagamento dell’indennità provvisoria di espropriazione (D.P.R. n. 327 del 2001, art. 26, comma 1). Nella specie, quindi, legittimata a contraddire dal lato passivo è anche la Metro 5 S.p.a. che erroneamente è stata “estromessa” dal giudizio.

5. In conclusione, vanno accolti il ricorso principale e il ricorso incidentale; l’ordinanza impugnata va cassata e la causa va rinviata per un nuovo esame alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

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