Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7142 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 29/03/2011), n.7142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del

legale, rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avv.ti RICCIO Alessandro,

Nicola Valente e Sergio Preden, per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.B., elettivamente domiciliato in Roma, via C.

Mirabello n. 17, presso lo studio dell’Avv. Zardo Fulvio,

rappresentato e difeso dagli Avv. Miscione Michele e Gianni Casadio,

per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 937/2008 della Corte d’appello di Bologna,

depositata in data 26.03.2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 26.01.2011 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

DESTRO Carlo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

1.- S.B. si rivolse al Giudice del lavoro di Ravenna per ottenere la rivalutazione dell’anzianita’ contributiva prevista dalla L. 28 aprile 1992, n. 257, art. 13, comma 8, per l’esposizione al rischio amianto per periodo ultradecennale.

2.- Accolta la domanda, l’INPS proponeva appello lamentando che il primo giudice avesse adottato la sua pronunzia in forza del solo accertamento dell’esposizione generica e non anche di quella specifica e qualificata.

Espletata consulenza tecnica di ufficio, la Corte di appello di Bologna con sentenza depositata il 26.3.09 rigettava l’impugnazione.

Precisato che il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47 (conv. dalla L. 24 novembre 2003, n. 326) aveva ridotto dall’1.10.03 il coefficiente di rivalutazione da 1,5 a 1,25 e ne aveva limitato gli effetti ai fini della determinazione dell’importo delle prestazioni, senza tuttavia incidere sul principio che l’esposizione doveva essere qualificata con il superamento della soglia dei valori indicati dal D.Lgs. n. 277 del 1991, la Corte di appello riteneva erronea la determinazione del primo giudice in quanto basata esclusivamente sull’accertamento dell’esposizione generica per il periodo ultradecennale. Rilevava, tuttavia, che il consulente tecnico nominato in secondo grado, accertata sulla base della storia professionale dell’assicurato una significativa presenza di amianto negli ambienti di lavoro in cui lo stesso aveva svolto la sua prestazione, aveva accertato che l’esposizione era stata di intensita’ tale da rendere “non solo possibile ma discretamente probabile nei termini tali da superare il livello medio delle 100 fibre anno o 0,1 fibre/cc medie-anno”, il che consentiva di ritenere superata la soglia di esposizione indicata.

3.- Proponeva ricorso per cassazione l’INPS con unico motivo, lamentando vizio di motivazione avendo il giudice considerato sempre esistente dal 1971 al 1992 esposizione all’amianto superiore a 100 fibre – litro, pure a fronte di accertamenti peritali che non avevano attestato l’avvenuto superamento di detta soglia di esposizione minima, ne’ comunque la sussistenza di un “elevato” grado di probabilita’ in ordine all’avvenuto superamento della stessa.

Rispondeva con controricorso S..

4.- Il consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che, assieme al decreto di fissazione dell’adunanza, era comunicata al Procuratore generale ed era notificata ai difensori costituiti.

5.- Il ricorso non e’ fondato.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene che l’attribuzione del beneficio di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13, comma 8, presuppone l’assegnazione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno, a causa della presenza nel luogo di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite indicati nel D.Lgs. n. 277 del 1991 e che, a tale fine, non e’ necessario che il lavoratore fornisca prova idonea a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell’esposizione, potendo ritenersi sufficiente, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilita’ di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno, attraverso un giudizio di pericolosita’ dell’ambiente di lavoro, con un margine di approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado di probabilita’ di superamento della soglia massima di tollerabilita’ (Cass. 1.8.05 n. 16119 e 20.9.07 n. 19456).

6.- Il ricorso dell’INPS pone l’accento sulla circostanza che il consulente tecnico abbia posto in evidenza che il superamento della soglia di esposizione sia solo “discretamente” e non anche “elevatamente” probabile, il che non solo si porrebbe in contrasto con la indicata giurisprudenza ma renderebbe del tutto aleatorio il concetto di superamento della soglia, che la legge ancora a ben precisi riferimenti tecnici. Deve, tuttavia, rilevarsi che il giudice di merito non fonda il giudizio sul dato meramente quantitativo indicato dall’accertamento peritale, ma supporta la sua decisione con il puntuale ed analitico richiamo della descrizione di tutte le mansioni ricoperte dal S. nel periodo considerato e, in particolare, con l’evidenziazione che questi aveva operato quantomeno dal 1980 “all’interno di una struttura produttiva con compiti di vigilanza e controllo in un contesto strutturale che vedeva la presenza di materiali amiantiferi in modo evidente e diffuso” (pag. 6 e segg. della sentenza).

L’accertamento giudiziale, dunque, e’ tale da evidenziare (a prescindere dal riscontro probabilistico del consulente) la presenza di quel livello di “elevata” probabilita’ che la giurisprudenza di legittimita’ richiede.

1.- Il ricorso e’, dunque, infondato e deve essere rigettato.

Le spese di del giudizio di legittimita’, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e debbono essere distratte a favore dei difensori dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, con distrazione a favore degli antistatari avvocati Michele Miscione e Gianni Casadio.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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