Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7141 del 29/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/03/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 29/03/2011), n.7141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7570/2010 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle

Milizie n. 106, presso lo studio dell’Avv. Paola Vaccaro,

rappresentato e difeso dall’Avv. ZOMPI Francesco, per procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,

Via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dagli Avv.ti SGROI Antonino, Lelio Maritato e

Luigi Caliulo, per procura in calce al ricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n. 797/2009 della Corte d’appello di Bari,

depositata in data 10.03.2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 26.01.2011 dal Consigliere Dott. Giovanni Mammone;

udito l’Avv. Caliulo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al Pretore del lavoro di Lecce, l’INPS chiedeva decreto ingiuntivo nei confronti di T.A. per il pagamento di L. 100.567.304, oltre somme aggiuntive ed interessi, per contributi assicurativi omessi.

Concesso il decreto e proposta opposizione dal debitore, il Pretore dava atto che il T. aveva proposto istanza di condono e, pertanto, dichiarava cessata la materia del contendere, revocando il decreto.

Proposto appello dall’INPS, la Corte d’appello di Lecce con sentenza del 16.10.01 accoglieva parzialmente l’impugnazione, rilevando che il condono aveva sanato solo l’omissione contributiva relativa a differenze salariali e di orario e non anche la fiscalizzazione indebitamente richiesta; in riforma della prima sentenza, pertanto, condannava T. al pagamento in favore dell’INPS della somma di L. 38.064.000 oltre accessori.

Proposto ricorso per cassazione dal debitore, questa Corte con sentenza 3.8.04 n. 14862 cassava la sentenza di appello rilevando che la pretesa dell’INPS, fondata sulla mancata applicazione della contrattazione collettiva, era stata fin dall’inizio contestata dall’obbligato e che, tuttavia, il giudice di merito non si era mai pronunziato su tale eccezione; cassata la sentenza impugnata rinviava, pertanto, alla Corte d’appello di Bari per un nuovo esame in relazione al motivo accolto.

Riassunta la causa, detto giudice di rinvio con sentenza depositata il 10.03.09 dichiarava improcedibile il ricorso in riassunzione.

Rilevava il giudice che tale ricorso, pur tempestivamente depositato nella propria cancelleria, non era stato notificato al convenuto assieme al decreto di fissazione dell’udienza di discussione, tanto che all’udienza stessa (22.9.05) il difensore del ricorrente aveva chiesto la fissazione di una nuova udienza e la concessione di un nuovo termine per procedere alla notifica, all’esito del quale aveva proceduto alla notifica. La Corte di rinvio, aderendo alla giurisprudenza di legittimità (S.u. 30.7.08 n. 20604), pur in presenza del provvedimento di concessione del nuovo termine, dichiarava improcedibile il ricorso in riassunzione.

Il T. proponeva ricorso per cassazione lamentando violazione dell’art. 291 c.p.c., sostenendo che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di rinvio, il ricorso in riassunzione, dopo il deposito in cancelleria, era stato tempestivamente notificato assieme al decreto di fissazione dell’udienza, anche se con modalità diverse da quelle prescritte dall’art. 392 c.p.c., comma 2, essendo stato l’atto stesso notificato al domicilio eletto dai procuratori dell’INPS per il giudizio di cassazione. Trattandosi di nullità relativa, legittimamente era stato concesso il nuovo termine allo scopo di rinnovare la notifica secondo le forme imposte dal codice di rito.

L’INPS non svolgeva attività difensiva, ma depositava procura.

Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., depositava relazione che, assieme al decreto di fissazione dell’adunanza della Camera di consiglio, era comunicata al Procuratore generale ed era notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è infondato.

Anche nel rito del lavoro trova applicazione l’art. 392 c.p.c., comma 2, secondo cui, in sede di giudizio di rinvio, la notificazione dell’atto di riassunzione della causa (che deve avere la forma del ricorso e non della comparsa, deve essere autosufficiente, deve essere depositato nella cancelleria del giudice di rinvio entro un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, deve essere notificato unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione) va effettuata alla parte personalmente nei modi di cui all’art. 137 c.p.c., e segg., essendo tale prescrizione perfettamente compatibile con la specialità del rito del lavoro, e se eseguita presso il domiciliatario o il difensore costituito nelle pregresse fasi di merito è nulla, ancorchè suscettibile di rinnovazione, ai sensi dell’art. 421 cod. proc. civ. (Cass. 25.8.04 n. 16803).

La fattispecie ora in esame, tuttavia, non può essere ricondotta a tale principio di diritto.

Innanzitutto in fatto non può essere dato per scontato l’assunto del ricorrente, atteso che il giudice di merito sostiene che “la prima ed unica notifica è stata effettuata al difensore del ricorrente il 19.10.05, vale a dire solo in ragione della concessione (e durante il decorso) del termine assegnato dalla Corte ex artt. 421 e 291 c.p.c.” (pag. 2-3 della sentenza impugnata). Di fronte a tale puntuale affermazione, per poter validamente contestare l’accertamento in fatto, il ricorrente avrebbe dovuto riportare esattamente il contenuto della notifica che assume improduttivamente effettuata nei termini di legge, indicando i soggetti destinatari e la data di consegna dell’atto. La mancanza di tale fondamentale indicazione comporta la carenza di autosufficienza del ricorso.

In ogni caso, quando anche risultasse esatta la prospettata ricostruzione di fatto, la notifica effettuata a seguito dell’assegnazione del termine ulteriore da parte del Collegio di appello sarebbe stata inidonea ad instaurare un valido contraddicono in sede di rinvio, atteso che la notifica in questione, secondo quanto puntualmente rilevato dal giudice di merito, fu effettuata non alla parte personalmente – e cioè all’INPS presso la sua sede legale in Roma in persona del legale rappresentante, ai sensi dell’art. 392 c.p.c., comma 2 – ma presso la sede provinciale dell’Istituto in Lecce.

Il ricorso è dunque infondato deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 30,00 (trenta) per esborsi ed in Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2011

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