Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7141 del 15/03/2021

Cassazione civile sez. I, 15/03/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 15/03/2021), n.7141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11695/2015 proposto da:

Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) di Lucca, in persona del direttore

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via G.

Pisanelli n. 2, presso lo studio dell’avvocato Di Meo Stefano,

rappresentata e difesa dagli avvocati Cerri David, Giorgi Nicola

Luigi, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., C.B., C.D., C.G.,

C.P., C.S., C.U., elettivamente

domiciliati in Roma, in via C. Monteverdi n. 20, presso lo studio

dell’avvocato Codacci Pisanelli Alfredo, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Iacopetti Giovanni, con procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1770/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/11/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Con due distinti atti di citazione C.A., B., D., G., P., S. e U., convennero innanzi alla Corte d’appello di Firenze l’azienda AUSL (OMISSIS) di Lucca, chiedendo la determinazione dell’indennità d’esproprio relativa alla procedura promossa dall’azienda convenuta, avente ad oggetto due particelle di terreno sito in (OMISSIS) di cui erano comproprietari, per la costruzione di un ospedale. Si costituì l’azienda AUSL chiedendo il rigetto della domanda.

Espletata c.t.u., con sentenza emessa il 30.10.2014 la Corte territoriale determinò l’indennità d’esproprio nelle rispettive somme di Euro 85.932,00 e 356.400,00 per le due particelle di terreni, oltre interessi legali, ordinandone il deposito, osservando che: l’atto di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio era rappresentato dall’approvazione della variante del regolamento urbanistico del 20.12.05 avente ad oggetto l’accordo di programma per la realizzazione del nuovo presidio ospedaliero di (OMISSIS) ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000; su tale presupposto, i c.t.u. avevano classificato le aree oggetto del procedimento di natura edificabile, come riscontrato nel regolamento urbanistico approvato con atto dell’8.4.02, in virtù del quale entrambi gli appezzamenti in questione erano ricompresi in zona classificata nelle N.T.A., all’art. 134, come “spazi e attrezzature d’interesse generale”; tale ultima disposizione, al comma 2, stabiliva che erano ammesse anche altre destinazioni espressamente indicate (attività ricettive alberghiere, cimiteri, esercizi di vicinato, pubblici esercizi commerciali), nonchè gli spazi funzionalmente connessi alle suddette attività; tale classificazione dimostrava come i terreni in esame, prima del vincolo suddetto, fossero edificabili in quanto caratterizzati dalle suindicate possibilità edificatorie, non solo pubbliche, ma anche private; per il calcolo dell’indennità la seconda c.t.u. aveva fatto esclusivo riferimento al valore di mercato dei terreni, rilevando che la p.lla n. (OMISSIS), alla data del decreto d’esproprio ricadente in zona agricola, da tempo non era più coltivata in quanto inserita in un contesto da tempo urbanizzato, limitrofa a tre lotti edificati con edilizia residenziale di tipo non intensivo; per la p.lla n. (OMISSIS) il calcolo del valore venale era stato effettuato con metodo analitico, data la difficoltà di rinvenire atti di compravendita di terreni edificabili riferiti al 2010.

L’azienda AUSL (OMISSIS) di Lucca ricorre in cassazione con unico motivo, illustrato con memoria.

I signn. C. resistono con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RITENUTO

Che:

L’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32, 37, artt. 9, 130, 134 delle N.T.A. del regolamento urbanistico del Comune di Lucca, nonchè con riguardo al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2.

In particolare, la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia qualificato edificabili i terreni espropriati, adottando un’erronea interpretazione delle suddette norme e, in particolare, del citato art. 134 della N.T.A. che, invece, nel riferirsi agli interventi ulteriori, in aggiunta a quelli dettati dall’interesse pubblico, contempla solo quelli realizzabili contestualmente ad un progetto riguardante l’edificazione di edifici pubblici o d’interesse collettivo indicati al comma 1. Secondo i ricorrenti, tale interpretazione è avvalorata dal disposto del comma 4, del predetto art. 134, in tema di aree destinate a verde nei limiti del 20% del volume complessivo.

Inoltre, l’Azienda ricorrente lamenta che: la Corte di merito non abbia tenuto conto del fatto che del predetto art. 134, comma 3 N.T.A. subordina la realizzazione degli interventi d’iniziativa privata all’estensione ad un’intera unità di zonizzazione, mentre nel caso concreto l’esproprio aveva riguardato un’area di soli mq 2750 rispetto ad un’area più ampia, estesa mq 40.383; a norma del predetto comma 3, l’intervento privato presuppone una convenzione che approva il progetto, stabilisce i parametri edificatori e ne assicura l’uso pubblico.

In altri termini, la ricorrente deduce che l’unico criterio per individuare la destinazione urbanistica del terreno espropriato sia quello dell’edificabilità legale, per cui un’area va classificata edificabile quando essa risulti qualificata come tale dagli strumenti urbanistici al momento dell’ablazione, senza possibilità legale di edificazione tutte le volte in cui la zona sia stata concretamente vincolata per un utilizzo pubblicistico dallo strumento urbanistico vigente e, nel caso d’iniziativa di privati, come nella fattispecie, qualora la Pubblica Amministrazione conceda o appalti la costruzione dell’opera previa approvazione del progetto relativo.

Il ricorso è infondato. Dagli atti di causa emerge che: con la variante del regolamento urbanistico del 20.12.05 fu approvato l’accordo di programma per la realizzazione del nuovo presidio ospedaliero di (OMISSIS) ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000; nel regolamento urbanistico approvato con atto del 16.3.04, entrambi gli appezzamenti in questione erano ricompresi in zona classificata nelle N.T.A., all’art. 134, come “spazi e attrezzature d’interesse generale”; tale ultima disposizione, al comma 2, stabiliva che erano ammesse anche altre destinazioni espressamente indicate (attività ricettive alberghiere, cimiteri, esercizi di vicinato, pubblici esercizi commerciali), nonchè gli spazi funzionalmente connessi alle suddette attività.

La questione giuridica oggetto di causa consiste dunque nell’accertare se i terreni espropriati avessero o meno natura edificabile, ai fini della determinazione dell’indennità d’espropriazione.

Il collegio ritiene che la Corte territoriale abbia rettamente qualificato come edificabili i beni espropriati attraverso una condivisibile interpretazione del contenuto dei suddetti atti amministrativi. Al riguardo, occorre premettere che l’area oggetto di ablazione può essere classificata come mista, nel senso che presenta una destinazione promiscua pubblico-privata o realizzabile anche ad iniziativa privata; in tal caso, si ritiene possibile riconoscere attitudine edificatoria all’area interessata sempre che lo strumento urbanistico preveda espressamente l’attuazione mediane convenzioni o accordi che consentano attività ad iniziativa del privato (Cass., n. 172/01; n. 19193/16). In particolare, è stato affermato che, perchè ricorra tale destinazione promiscua, non è sufficiente che l’intervento pubblico sia realizzabile anche ad iniziativa privata, dovendo ciò essere il risultato di una scelta di politica programmatoria ricorrente solo quando gli obiettivi di carattere generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili anche attraverso iniziative economiche private espressamente contemplate (Cass., n. 2605/10). Al riguardo, nella fattispecie, assume particolare significatività, al fine di escludere il carattere espropriativo del vincolo oggetto del suddetto accordo di programma relativo alla realizzazione dell’ospedale, il fatto che lo strumento urbanistico e le norme tecniche di attuazione consentano l’intervento privato, sebbene tale vincolo abbia carattere particolare e incida su beni determinati (in tal senso, cfr. anche C.d.S., n. 3797/2011).

Orbene, nel caso concreto, l’art. 134, comma 2, delle norme tecniche di attuazione prevedevano, nell’ambito delle opere d’interesse pubblico afferenti alla realizzazione del nuovo presidio ospedaliero, la possibilità di implementare attività ricettive alberghiere, cimiteri, esercizi di vicinato, pubblici esercizi commerciali, utilizzando anche gli spazi funzionalmente connessi alle suddette attività. Tale possibilità è stata correttamente considerata dalla Corte territoriale un chiaro indice dell’esclusione dell’invocata inedificabilità dell’area interessata. Invero, le possibilità legali di edificazione vanno escluse tutte le volte in cui lo strumento urbanistico vincoli concretamente la zona ad un utilizzo meramente pubblicistico, comprensivo non soltanto delle opere pubbliche in senso stretto, ma anche degli interventi di interesse generale che, seppure non destinati direttamente a scopi dell’Amministrazione, siano idonei a soddisfare bisogni della collettività, essendo cioè decisivo il collegamento funzionale con l’utilizzo e lo scopo pubblicistico che comporta un vincolo di destinazione preclusivo dell’iniziativa edificatoria privata (Cass. n. 4040/2010).

Va altresì osservato che una parte di terreno espropriata (la p.lla n. (OMISSIS)) era inserita nel regolamento urbanistico all’epoca vigente come zona agricola. Al riguardo, il c.t.u. ha stimato il valore di tale p.lla considerando: che l’area da tempo non era più coltivata in quanto inserita in un contesto ormai urbanizzato, limitrofa a tre lotti edificati con edilizia residenziale di tipo non intensivo; la stima era stata effettuata secondo il metodo analitico, in mancanza di atti privati di compravendita di immobili aventi le stesse caratteristiche, ed è stata correttamente ritenuta congrua dalla Corte d’appello, peraltro in misura sensibilmente inferiore a quella edificabile.

Pertanto, nel caso concreto, il motivo di ricorso non presenta pregio in quanto diretto proprio a criticare la ritenuta edificabilità dell’area interessata dalla realizzazione dell’opera pubblica e di quelle ad essa connesse, indicate nel predetto art. 134, comma 2, N.T.A., che non sono però caratterizzate dal collegamento funzionale con un scopo pubblicistico, potendo esse anche soddisfare interessi privati o, comunque, non strettamente connessi ad interessi di carattere generale. Ne consegue altresì l’irrilevanza, ovvero l’estraneità alla fattispecie di fatto, dell’orientamento giurisprudenziale richiamato nel ricorso (Cass., n. 12818/18; n. 13172/16: “Ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio per pubblica utilità, va ritenuta non edificabile l’area che, al momento della vicenda ablativa, sia concretamente vincolata dallo strumento urbanistico vigente ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, ecc.), rimanendo, invece, irrilevante che tale destinazione possa essere realizzata anche da privati, a seguito di convenzione con l’ente pubblico”), appunto perchè nella fattispecie, viene in rilievo la destinazione promiscua pubblico-privata dell’area oggetto dell’espropriazione.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 10200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15 quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2021

 

 

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